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IL CASO Secondo indiscrezioni il Comitato olimpico avrebbe già «incoronato»
la Capitale. Fantini:«No a scelte da cupola». Tomat: «Vinca davvero il migliore»
Olimpiadi,
il Nordest
"diffida" il Coni
(Segue dalla prima pagina)
Si è sbagliata su un dettaglio, il solitamente bene informato Dagospia, lanciando il sasso di minacce (presunte) da parte del presidente del Coni Giovanni Petrucci nei confronti dei rappresentanti degli sport italiani che sceglieranno mercoledì la candidatura italiana alle Olimpiadi del 2020. «Provate a votare per Venezia e tagliamo i fondi alle vostre federazioni» ha virgolettato il sito, parlando di «telefoni roventi al Coni», visto che «da alcuni giorni Petrucci ha chiamato uno a uno i 78 consiglieri che dovranno decidere sul nome della città da proporre al Cio per la grande kermesse sportiva. Il messaggio ha avuto il carattere di un ultimatum».
Petrucci non aveva bisogno di alzare il telefono - ecco l’imprecisione - visto che la maggior parte delle Federazioni hanno un unico numero, lo 06-36851 che corrisponde al centralino del Coni stesso. Provate - per credere - a cercare i presidenti di atletica, canoa, canottaggio, hockey, baseball, sport equestri, scherma, pentathlon, arco e via gareggiando. Quasi tutti i riferimenti sono in uno dei due palazzi del Coni, in viale Tiziano 70 e 74. Petrucci non deve fare il giro dell’Italia per contattare i presidenti, basta che vada a trovarli, tutti appassionatamente uniti.
La bordata di Dagospia, a pochi giorni dalla scelta (Venezia o Roma?) ha avuto l’effetto di un cerino in un serbatoio di benzina. Perchè ha puntato il dito non solo contro i padroni dello sport (e a Venezia girano molte voci di autentiche minacce provenienti dal Coni), ma anche contro i palazzi della politica, dove le decisioni che contano vengono prese. E le Olimpiadi sono un Grande Evento che fa impallidire il G-8 o i campionati mondiali di qualsiasi disciplina. Secondo Dagospia, Petrucci avrebbe preso contatti con il potente sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta, giungendo alla conclusione «che la Lega non farà le barricate per portare i Giochi in Laguna». E ha citato perfino il ministro Renato Brunetta, per affermare che «quando si candidò a sindaco di Venezia, Palazzo Chigi e il Pdl suggerirono di non insistere e non a caso le Olimpiadi furono stralciate dal programma del sindaco mancato». Sullo sfondo, lobby romane e big di imprese pubbliche e private per un business da 40 miliardi.
La malizia di Dagospia è caduta nel temporale scatenato da un’altra indiscrezione, secondo cui la scelta di Roma è già presa dalla Commissione Tecnica del Coni, che ne riferirà mercoledì alla Giunta, la quale porterà la questione in Consiglio Nazionale per il voto finale. L’ipotesi di una vittoria a tavolino, in sede di giunta, ha scatenato reazioni in tutto il Veneto. A cominciare dal sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e da Federico Fantini, coordinatore del Comitato promotore che coinvolge i Comuni di Venezia, Padova e Treviso, la Regione e Confindustria del Veneto. Fantini lavora al progetto da lungo tempo: «Stanno facendo terrorismo mediatico, ma ricordiamoci che chi entra in Conclave da papa esce cardinale... E, come diceva Al Pacino in un famoso film, la vita è questione di centimetri. Noi siamo ancora qui ed evidentemente diamo fastidio».
Venezia contro Roma, Davide contro Golia, l’imprenditoria più dinamica d’Italia contro la capitale della politica che gestisce anche il mondo dello sport. Gli spunti in questo braccio di ferro sono tanti. Fantini replica sul punto tecnico: «Il nostro progetto è inattaccabile, dire che non abbiamo recettività alberghiera equivale a sostenere che al Polo Nord non c’è ghiaccio». E su quello politico: «La partita è stranamente aperta, gli interessi in gioco sono enormi e tutti sappiamo che il Coni è la "cupola" sotto la quale vengono declinate tutte le discipline sportive. Ma il Coni è il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, non il "Cori", ovvero il Comitato Romano».
Fantini sa quali sono le forze in campo. «Siamo gli outsider, ma chi non lo sarebbe con una città come Roma candidata per definizione dopo il 1960 a ospitare le Olimpiadi? Mi domando perchè queste indiscrezioni dell’ultima ora che ci danno già per spacciati. Se tutto fosse deciso, sarebbe sufficiente attendere mercoledì per registrare un 77 contro 1 per Roma, una città con miliardi di "buco" che chiede al Paese altre risorse per i Giochi». Invece? «Noi ci siamo, speriamo non ci siano anche i "padrini", visto che i telegiornali già danno per chiusa la partita. Ma anche Obama se ne è tornato a casa con le pive nel sacco».
In perfetto stile decubertiniano, Andrea Tomat, presidente di Confindustria Veneto, si augura che «il Coni sia il primo a rispettare quello spirito sportivo che guida i giochi olimpici, e cioè che a vincere sia, veramente e obiettivamente, il migliore». Ossia, Venezia. Anche perchè «non capisco perchè la definizione di "locomotiva" d’Italia sia valida solo quando c’è da chiedere risorse al Veneto e non quando c’è da darle». Bella domanda, soprattutto se a Roma ci sono tre ministri veneti.
Giuseppe Pietrobelli