Autore Topic: MONOPOLIO CONI  (Letto 912 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

Offline mimmo

  • Azzurro
  • *****
  • Post: 2059
MONOPOLIO CONI
« il: Gennaio 29, 2011, 19:15:40 pm »
ANTONIO CATRICALA' E LA CRICCA DEL CONI DI GIANNI PETRUCCI.

Roma 12 Settembre 2010 (Corsera.it)

Almunia garante della concorrenza e del mercato europeo. Le motivazioni di apertura di un procedimento contro l’Italia per infrazione delle direttive europee sull’applicazione dell’IVA nel settore delle attività sportive. Discriminazione fiscale che falsa la concorrenza e ostacola la libera circolazione di beni e servizi. L’inerzia del garante nazionale Catricalà.
 Il Garante della concorrenza e del mercato italiano Antonio Catricalà chiamato a rispondere nel settore della concorrenza e della libera circolazione di beni e servizi connessi con lo sport se ne è lavato le mani. “ I fatti segnalati esulano dall’ambito delle proprie competenze, non integrando alcuna delle ipotesi di illecito concorrenziale prevista dalla disciplina antitrust nazionale e comunitaria” ( comunicazione Garante 8 luglio 2010 prot. 0041879). La risposta è fuorviante. La questione non può essere risolta sic et simpliciter priva di una approfondita motivazione. Ed è per questa assenza che sussistono i motivi per ricorrere alla Commissione delle Comunità Europee.
Le norme europee sull’Iva sono definite dalla direttiva 2006/ 112/ CE del Consiglio. L’obiettivo è garantire che l’applicazione delle norme nazionali sull’Iva non falsi la concorrenza e non ostacoli la libera circolazione di beni e servizi. La direttiva prevede la possibilità per gli Stati membri di esentare determinati servizi connessi con lo sport dalle imposte dirette oppure applicando tassi ridotti. Con la locuzione “ servizi connessi con lo sport”, la Commissione europea ( Libro bianco dello sport 11 luglio2007,punto 3.2 )  indica attività di contenuto sportivo che offrano beni e servizi ai propri partecipanti.
Il legislatore italiano si è posto in contrasto con lo spirito e la lettera della direttiva stabilendo una discriminazione,chiaramente illegittima, tra soggetti riconosciuti dal CONI  ed altri che non lo siano o che non si riconoscano in esso. La discriminazione è giustificata dal monopolio del CONI  (Comitato Olimpico Nazionale ) l’ente strumentale dello Stato sovvenzionato direttamente con risorse  dell’erario. Va da sé che è falsata la concorrenza ed è ostacolata la libera circolazione di beni e servizi. Per accedere alle agevolazioni fiscali i soggetti che svolgano attività connesse con lo sport devono ottenere il riconoscimento dello status di “associazione o società sportiva” previa iscrizione nell’apposito Registro nazionale tenuto dal CONI. La norma è cogente. L’agenzia delle Entrate si è adeguata (cfr. Legge finanziaria 2008). Ciò comporta passare sotto le forche caudine dell’affiliazione al CONI tramite le Federazione sportive nazionali, gli Enti di promozione sportiva, le Discipline Associate.
E’ evidente che fuori dall’ambito sportivo del monopolio pubblico i soggetti ad  esso estranei non siano tutelati per il profilo della concorrenza e della libera circolazione di beni e servizi. Non sono esentati e nemmeno è possibile concedere una  riduzione dei tassi. Si palesa una posizione dominante del CONI nel settore dei servizi connessi con lo sport (Legge nazionale 287/90 recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato). Al riguardo sul tema del monopolio pubblico il Tribunale Amministrativo del Lazio  in una vertenza della Federazione Ginnastica d’Italia ,riconosciuta dal CONI, contro il Ministero della Pubblica Istruzione e nei confronti della Federazione Italiana Aerobica e Fitness non riconosciuta dall’ente pubblico ( sentenza n. 2894/ 98, presidente Roberto Scognamiglio, relatore Vito Carella ) ha osservato che “ non è attribuibile alla Federginnastica un contenuto di esclusività per tutte le attività ginnico sportive comprese le non agonistiche o formative. Ciò comporta che nulla vieta che altre organizzazioni, private o pubbliche, possano organizzare o promuovere autonomamente l’attività sportiva ( non ufficiale) ed intrattenere rapporti operativi non incidenti con le competenze ufficiali della Federginnastica”. I giudici amministrativi hanno poi osservato che “ si debbono anche considerare i principi fondamentali di ordine costituzionale e comunitario della libera concorrenza”.
Più recentemente il Garante nazionale della Concorrenza e del Mercato all’epoca Giuseppe Tesauro intervenendo in una questione di pubblicità ingannevole, provvedimento n.10784/ 2002, sollevata dalla Federazione Italiana Aerobica e Fitness, enunciava nelle sue valutazioni conclusive . “1. Il termine fitness è comunemente utilizzato al fine di indicare tutte le pratiche motorie volte alla cura della forma psicofisica della persona. 2. “ Il fitness non si può identificare con una disciplina sportiva precisamente individuabile. 3.” La pratica del fitness ed il suo insegnamento non sono assoggettati ad una precisa regolamentazione facente capo alle federazioni sportive riconosciute dal CONI”.
La questione dunque si pone a livello generale in relazione alla illegittimità della registrazione obbligatoria al pubblico registro delle società e delle associazioni tenuto dal CONI  dei soggetti che svolgano attività connesse con lo sport in qualsiasi forma associativa non riconosciuti dall’ente strumentale dello Stato o che in esso non si riconoscano. Sussistono i motivi per avviare una procedura nei confronti dell’Italia. La questione deve comunque trovare una risposta dalla Commissione europea anche perché lo dispone l’art. 2 della legge nazionale 287/90, prevedendo che ove la fattispecie sottoposta all’esame del Garante non rientri nell’ambito di applicazione della legge nazionale ne deve informare la Commissione europea. Ed è il caso della questione che si è posta.

Renato Corsini

se vuoi contattare il redattore scrivi a redazione@corsera.it oppure segnala lo spreco di risorse pubbliche delle federazioni sportive al numero 3348944664

Offline mimmo

  • Azzurro
  • *****
  • Post: 2059
Re:MONOPOLIO CONI
« Risposta #1 il: Giugno 16, 2011, 11:56:25 am »
Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-05388
presentata da
PAOLO FRANCO
martedì 14 giugno 2011, seduta n.566
FRANCO Paolo - Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso che:
negli ultimi anni la Guardia di finanza ha effettuato nel territorio una serie di controlli sulle associazioni sportive dilettantistiche;
a seguito di questi controlli, l'Agenzia delle entrate ha elevato contestazioni pecuniarie di notevole entità, per supposte violazioni alla gestione delle imposte dirette, Irap ed Iva;
le motivazioni supportate dai due enti fanno riferimento alla mancata iscrizione al registro delle società ed associazioni sportive del CONI;
gli statuti delle associazioni sono redatti in conformità con la legge n. 289 del 2002 e quindi contengono gli elementi previsti dall'articolo 14, comma 8, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986. Elementi previsti dal legislatore per poter beneficiare delle agevolazioni fiscali riservate agli enti nonprofit, in particolare dalla legge n. 398 del 1991. Solo in via accessoria le associazioni svolgono anche un'attività commerciale che consiste nella raccolta di pubblicità e sponsorizzazioni tra le aziende al fine di finanziare l'attività istituzionale, cioè quella sportiva;
le iscrizioni al registro tenuto dal CONI ai fini del riconoscimento dei sodalizi che svolgono attività sportiva dilettantistica sono iniziate nel novembre 2005. Infatti la legge n. 289 del 2002, all'art. 90, commi 20, 21 e 22, prevedeva l'istituzione di un registro pubblico delle associazioni e società sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi tenuto dal CONI a "certificare l'effettiva attività sportiva". Successivamente fu sollevata da alcune Regioni una questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 90, commi 17, 18, 20, 21, 22, 24, 25 e 26, della legge n. 289 del 2002, per violazione degli artt. 3, 5, 114, 117, 118, e 119 della Costituzione; il Governo, quindi, con il decreto-legge n. 72 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 del 2004, ha provveduto ad abrogare i commi 20, 21, 22 che prevedevano l'istituzione di tale registro pubblico eliminando però anche ogni competenza del CONI in materia di riconoscimento delle attività sportive. Il Consiglio dei ministri, al fine di evitare forme di elusione fiscale, ha provveduto ad adottare il decreto-legge n. 136 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 186 del 2004, al fine di confermare che il CONI era, ed è, l'unico soggetto certificatore della "sportività" dell'attività svolta dalle associazioni. Con questo decreto è stato affermato quindi che le disposizioni dell'art. 90, così come modificate dal decreto-legge n. 72 del 2004, potevano trovare applicazione soltanto nei confronti dei sodalizi in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI stesso, ai sensi dell'art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 136 del 2004; quest'ultimo avrebbe dovuto trasmettere annualmente il registro all'Agenzia delle entrate;
già l'art. 5, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 242 del 1999, noto come decreto Melandri, aveva previsto che il CONI deliberasse in ordine ai provvedimenti di riconoscimento delle società ed associazioni sportive. Basandosi quindi su quanto previsto dal decreto-legge n. 136 del 2004, il CONI, con proprio atto interno (delibera C.N. n. 1273 del 15 luglio 2004), ha istituito il registro ed ha disposto, ai fini del riconoscimento sportivo, l'obbligo di iscriversi al registro e l'obbligo di conformarsi alle norme ed alle direttive del CONI nonché agli statuti ed ai regolamenti delle federazioni, ovviamente oltre ai requisiti previsti dalla legislazione statale. Questa prima fase provvisoria del registro è durata circa cinque anni e si è conclusa al 31 dicembre 2010;
l'attuale registro CONI non è, dunque, il registro pubblico di cui all'art. 90, preso atto che il CONI ha scelto la via dell'istituzione amministrativa del proprio registro in cui iscrivere i soggetti che, a fronte di debito procedimento, siano stati riconosciuti a fini sportivi;
la sostanziale differenza con quanto previsto dai commi abrogati dell'art 90 consiste nel fatto che prima si poteva parlare di efficacia costitutiva dell'iscrizione nel registro, in relazione alla possibilità di fruire direttamente dei benefici tributari;
si evidenzia che, nella delibera C.N. n. 1288 del 2004 del CONI che istituiva il registro, si prevedeva il riconoscimento provvisorio ai fini sportivi per tutte le federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate riconosciute ed agli enti di promozione sportive dilettantistiche;
il riconoscimento definitivo è collegato all'iscrizione al registro delle associazioni e società sportive dilettantistiche. Solo in data 24 giugno 2010, ha fissato il termine del 31 dicembre 2010 per l'iscrizione obbligatoria, chiarendo che, per l'iscrizione al registro del CONI non era necessario alcun versamento di denaro e, quindi, non si è verificata nessuna omissione fiscale,
l'interrogante chiede di sapere, considerate le difficoltà venutesi a creare alle associazioni sportive, in base all'interpretazione delle disposizioni in materia, se il Governo ritenga opportuno inviare agli organi di controllo territoriale un'interpretazione autentica delle norme, nella quale si chiarisca l'equiparazione dell'iscrizione al CONI per le associazioni affiliate, come la FIGC per il calcio, per il periodo sino al 31 dicembre 2010.
(4-05388)