Autore Topic: Tiro a segno: c'è chi scava la fossa, ma un fondo di verità c'è  (Letto 1742 volte)

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Offline Daniele Puccioni

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Altreconomia: 'Nel mirino fin da piccoli'



Milano - Dall’estate 2008, due persone sono morte per incendi sviluppati all’interno delle strutture del Tiro a segno nazionale. In queste strutture, molte delle quali priva della certificazione di agibilità, possono entrare a sparare -con armi ad aria compressa- anche i bambini di 10 anni, e chi ne ha compiuti 14 può utilizzare armi da fuoco. Per molti poligono è sinonimo di sport, ed il tiro è una disciplina olimpica. Ma il Tiro a segno è anche il luogo dove cresce la cultura delle armi e della violenza, che spaventa alcuni ma alimenta l’industria italiana delle cosiddette small arms (pistole e fucili), concentrata nel distretto bresciano che fa capo a Beretta. L’inchiesta è sul numero di ottobre di Altreconomia.

"Pistoia, estate 2008, un uomo muore per un incendio dentro al poligono. Pochi mesi dopo, accade lo stesso a Pordenone. Nell’agosto di quest’anno" si legge sul comunicato della redazione "senza far vittime, ha preso a fuoco anche il Tiro a segno nazionale di Velletri (in provincia di Roma). Abbiamo fatto un giro nei poligoni italiani, circa 300, un mondo nascosto. Distrazione, cattiva gestione, mancanza di investimenti per adeguare le strutture rendono i vecchi poligoni del Tiro a segno nazionale (Tsn) luoghi a rischio. In molte strutture, le attività proseguono nonostante non abbiano l’agibilità del Genio militare. È qui che vanno ad allenarsi anche bambini di 10 anni (sparano ad aria compressa) e adolescenti di 14 (che già possono sparare pallottole). È qui che cresce la cultura delle armi: “Difendiamoci (se nessuno sarà pronto a difenderci, saremo costretti a difenderci da soli)”, si legge su un sito specializzato. L’unica alternativa che si affaccia è quella di campi di tiro privati, il cui successo cresce nella mancanza assoluta di controlli (fiscali, amministrativi, di polizia)".

Lonate Pozzolo, 12mila abitanti in provincia di Varese, è al centro di un’inchiesta della procura di Milano che ha portato in carcere 41 ‘ndranghetisti. Un reportage di Mario Portanova ricostruisce la silenziosa legge dei nuovi “padrini padani”, che controllano la cittadina grazie al pizzo e all’usura e investono il denaro sporco in attività commerciali lecite. Con un occhio ai grandi appalti, e al business degli investimenti previsti all’aeroporto di Malpensa in vista di Expo 2015.

In Campania, invece, la criminalità organizzata controlla la rete dell’usura, l’unica in grado di concedere prestiti ai commercianti data la stretta sul credito delle banche. Nella Regione, il tasso di usura è del 73% in più rispetto al medio nazionale. Inoltre, secondo Confcommercio, almeno il 25% dei commercianti di Napoli sono finiti nelle mani del racket. In esclusiva, la storia di Davide Imberbe, senza protezione dopo aver denunciato i boss di Portici.   

Chi sono i private bankers? Professionisti degli istituti di credito che con riservatezza favoriscono il rientro dei capitali illeciti dei clienti. Sono 6mila e gestiscono un patrimonio di circa 350 miliardi di euro. Grazie alle commissioni, saranno tra i maggiori beneficiari del terzo “scudo fiscale” varato dal ministro Giulio Tremonti, come già è accaduto nel 2001 e nel 2003.

Il futuro dell’informazione è nelle mani di giovani giornalisti precari. Lo ha riconosciuto anche l’Ordine dei giornalisti, pubblicando un libro che alza il velo su una realtà fatta di contratti inesistenti e compensi imbarazzanti (in media, 5 euro lordi a pezzo). In tutto il Paese, free lance e precari sono riuniti in reti e coordinamenti, e sono stati tra gli animatori della manifestazione di sabato 3 ottobre. Intanto, si apre il dibattito sull’accesso a pagamento alle pagine web dei quotidiani. E c’è chi propone che a pagare non siano gli utenti ma gli internet provider.

Infine, seguendo il filo rosso della legalità e della solidarietà, scopriamo tutti i volti di Palermo, dal passato arabo al presente meticcio. Dall’emporio “Pizzo free” al centro di documentazione dedicato a Peppino Impastato; dal negozio di Libera alla filiale di Banca Etica. Passano per le botteghe del commercio equo (“Macondo” ed “Equonomia”) e il Museo internazionale delle marionette. Le “mappe” di Altreconomia stanno per diventare un libro, L’Italia eco-solidale, in uscita a novembre.

Tutto questo si può leggere sul numero di ottobre di Altreconomia, mensile dell’economia solidale e dei consumi critici.

http://www.altreconomia.it

Offline mimmo

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Re: Tiro a segno: c'è chi scava la fossa, ma un fondo di verità c'è
« Risposta #1 il: Ottobre 06, 2009, 14:26:35 pm »

www.associazionealessandrobini.org

La cosa non riguarda solo i nostri impianti ed i familiari delle vittime sono costretti, ad evitare che il dolore ricevuto possa capitare ad altri, ad organizzarsi in associazioni per far sentire la propria voce ed a denunciare la scarsa sicurezza degli impianti o a suggerire addirittura le fonti di finanziamento per la messa in sicurezza.
Il tiro a segno si distingue sempre, i familiari delle vittime sono stati mandati via perchè "rovinavano la festa", sono controparte da combattere nei processi e sono stati diffidati perchè sono in cerca di giustizia.

Che vergogna!

Caro daniele il tiro a segno (sezioni) la fossa se la sta scavando da solo.

Le sezioni si sono affidate ad un "dottore" (UITS) che mentre studia loro se ne muoiono.

Ciao 

Offline Enrich von Basten

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Re: Tiro a segno: c'è chi scava la fossa, ma un fondo di verità c'è
« Risposta #2 il: Ottobre 06, 2009, 14:44:23 pm »
Non penso che nessuno sia tanto ingenuo da pensare che un giornale di sinistra parlasse bene del tiro a segno.
Se vogliamo giocare la carta di  : muoia Sansone con tutti i filistei, caro Mimmo,non ci siamo.
Io non mi faccio tagliare le palle per far dispetto alla moglie.
Enrich von Basten

Offline mimmo

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Re: Tiro a segno: c'è chi scava la fossa, ma un fondo di verità c'è
« Risposta #3 il: Ottobre 06, 2009, 15:40:29 pm »
Secondo me non è una questione di "stampa di sinistra" anche perchè mi preoccuperebbe l'omertà di quella di destra.
Sicuramente questi tipi di articoli non fanno piacere a nessuno ma è proprio il concetto de i :" I panni sporchi si lavano in famiglia " che non va più bene (i morti non sono panni sporchi).
Evidentemente non c'è più gente disposta a scendere a compromessi e credimi sulla sicurezza anch'io non transigo e penso che l'interesse di tutti sia quello di non finire più sui giornali perchè qualcuno ci lascia le penne.
Ciao
 

P.S.:

OMERTA’ NON STA A SOLIDARIETA’
 

Quel giorno la professoressa di italiano tentava di spiegarci che il destino non è una mera fatalità, bensì siamo noi a tracciarne il senso.

Aveva ragione da vendere, ma io non volli acquistarne neppure un grammo, tant’è che le lanciai una matita, colpendola alle spalle.

“Chi è stato?”. Il silenzio fu l’ unica risposta. Venne il Preside, minacciò la sospensione per tutti, se non fosse saltato fuori il colpevole, ma il mutismo non consentì alcun dialogo, mentre io mi sentivo fiero della mia bravata, e protetto dal silenzio dei compagni.

Ora so che fu un errore, scambiare quell’accadimento meschino per una forma di solidarietà.

Lentamente ma inesorabilmente piombai nel baratro più oscuro, e uscirne non è stato facile. Ho ricordato questo episodio adolescenziale, perché nella Comunità “Casa del Giovane” dove seguo e accompagno giovanissimi e minori, mi è capitato di assistere a qualcosa di terribilmente simile: come una storia sovente ripetuta, senza che alcuno riesca a coglierne l’insegnamento.

E’ sottile, quasi invisibile, il confine che separa il sentimento della solidarietà dall’omertà, ma quest’ultima non ha parentela con ciò che nasce spontaneo verso l’altro, ciò che spinge e affianca chi è affaticato, perché la solidarietà è un sentimento che nasce con forza, con amore, con verità, per poi ritirarsi senza clamori. Invece l’omertà è un mezzo per rendere sicura la prepotenza e la prevaricazione, dove i pochi si nascondono dietro i tanti, e soprattutto, a differenza della solidarietà, è una subcultura che consente di far pagare ad altri il prezzo della propria inutilità.

Altri giovani hanno condiviso la trasgressione con quel minore, ma rimangono in silenzio, defilati, nella convinzione che l’importante è “farla franca”.

Ecco che allora diventa prioritario, urgente, intervenire, perché non rimangano seduti comodamente nell’ultima fila. Proprio in questa cecità ottusa occorre imprimere il visto di entrata al cuore, e comprendere che è certamente una sola la via da seguire, cioè quella del sentire il richiamo della solidarietà vera, quel sentimento che ci induce a farci avanti, a non nasconderci supinamente.

Non so se oggi, come ieri, questi fraintendimenti dolorosi che assalgono i più giovani sono il risultato di una ingiustizia sociale, che moltiplica i casi di emarginazione, di protesta e di disagio.

Però sono certo che non saranno le parole, i libri, a salvare chicchessia dal proprio destino.

Educare significa non tirarsi indietro, ma avanzare con il bagaglio delle proprie esperienze, come somma degli errori, per porsi a diga di ogni facile conclusione: perché solo in questa direzione può esistere una politica sociale degna di questo nome, che possa partorire giustizia.

Per addivenire a questa nuova cultura, occorre, ineludibile, una condizione: il diritto alla vita e alla tutela di ogni minore passa attraverso un’azione collettiva, dove nessuno può chiamarsi fuori.
« Ultima modifica: Ottobre 06, 2009, 15:54:00 pm da mimmo »

Offline stefanofranceschetto

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Re: Tiro a segno: c'è chi scava la fossa, ma un fondo di verità c'è
« Risposta #4 il: Ottobre 06, 2009, 20:22:19 pm »
L'autore di questo articolo che non ho avuto il piacere di leggere si chiama Pietro Raitano. Questo giornalista mi ha contattato, dietro indicazione del mio amico Andrea Tarlati, per un'intervista sul tiro a segno. Dalle prime domande ho capito subito dove voleva andare a parare. Ovviamente non ho abboccato.Adesso non so quello che ha scritto, francamente non so neanche se mi'interessa più di tanto. Sono convinto che questo giornale di sinistra sarà letto solo da quelli di sinistra, che ultimamente non sono tantissimi ma soprattutto sono convinto che il sig. Raitano non dica niente di nuovo a questa gente che ci giudica dei guerrafondai per non dir di peggio. Una cosa però sono d'accordo con l'amico von Basten, non possiamo aspettarci un consenso dai comunisti, per loro, noi  non siamo  comunisti amanti della pace e della democrazia( vista da loro, naturalmente) e questo, se non vi dispiace, a me fa molto piacere.
« Ultima modifica: Ottobre 06, 2009, 20:50:34 pm da stefanofranceschetto »

Offline Ant

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Re: Tiro a segno: c'è chi scava la fossa, ma un fondo di verità c'è
« Risposta #5 il: Ottobre 06, 2009, 21:20:33 pm »
Che i bambini di 10 anni possano accedere agli stand di AC in presenza dei genitori e di un Istruttore di Tiro, non ci vedo nulla di male, iniziano anche prima a giocare a calcio, però col divieto assoluto di colpire di testa il pallone perchè è troppo pericoloso alla loro età..... :o

Che ci sia qualcuno che cerca di confondere gli appassionati del tiro con i delinquenti comuni e violenti in generale, purtroppo è fisiologico, e fà parte di una strategia politica ben precisa, non diamogli più considerazione di quella che meritano, ormai altraeconomia come altri periodici orientati hanno sempre meno lettori, e un motivo ci sarà di sicuro....  ;D

Quoto però anche quanto detto da Mimmo, perchè di omertà, soprattutto sull'argomento sicurezza, troppo spesso si può anche morire, se non che di rischiare la propria o altrui incolumità..... e qualche responsabilità qualcuno se la deve pure prendere.....

Non si può solo pretendere le quote tesseramento e di attività istituzionale, e non curarsi se queste derivano da attività svolte in Poligoni troppo spesso non a norma o con agibilità scadute!

In questo senso, se non si correrà rapidamente ai ripari, nessuno potrà dire che un pò della fossa i TSN, e la UITS che dovrebbe controllarli, se la sono scavati da soli..... >:(

Ant
« Ultima modifica: Ottobre 06, 2009, 21:23:13 pm da Ant »