http://www.giustizia-amministrativa.it/rassegna_web/140509/2lxd8x.pdfSentenza richiamata nell'articolo.
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SEZIONI RIUNITE SENTENZA 17 2014 - 07/05/2014
Sentenza n. 17/2014/RIS
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE
in speciale composizione
composta dai signori magistrati:
Pasquale IANNANTUONO Presidente
Nicola LEONE Consigliere
Rossella SCERBO Consigliere
Daniela ACANFORA Consigliere
Clemente FORTE Consigliere
Maria Teresa D’URSO Consigliere relatore
Luca FAZIO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio n. 370/SR/RIS; sul ricorso proposto dalla società per azioni Coni Servizi S.p.a., in persona dell’amministratore delegato Alberto Miglietta, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Ranieri e dall’Avv. Mario Sanino, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, Viale Parioli n. 180,
CONTRO
l’Istituto Nazionale di Statistica – ISTAT -, in persona del legale rappresentante p.t. rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12,
per l’annullamento
dell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196, oggetto del Comunicato ISTAT pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 settembre 2013 n. 228, nella parte in cui include la società per azioni Coni Servizi s.p.a.
Visto il ricorso iscritto al n. 370/SR/RIS.
Esaminati gli atti e i documenti di causa.
Uditi nella pubblica udienza del 2 aprile 2014 il relatore Consigliere Maria Teresa D’Urso, l’Avv. Massimo Ranieri, l’Avvocatura dello Stato in persona dell’Avvocato Roberta Tortora ed il Pubblico Ministero in persona del Vice Procuratore generale Roberto Benedetti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 3 dicembre 2013, e ritualmente notificato, la società CONI Servizi S.p.a. proponeva ricorso innanzi alle Sezioni riunite di questa Corte in speciale composizione e chiedeva, con vittoria di spese ed onorari, l’annullamento del Comunicato ISTAT, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, del 30 settembre 2013 n. 228, contenente l’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196 e di ogni altro atto a questo connesso, presupposto e conseguenziale.
Premessa un’ampia esposizione delle caratteristiche e degli scopi della società CONI Servizi S.p.a., parte ricorrente deduceva in primo luogo sull’ammissibilità del ricorso de quo, in nulla rilevando - a suo dire – l’avvenuto l’inserimento della summenzionata società in precedenti elenchi ISTAT, stante il valore annuale alla ricognizione dell’elenco ISTAT impugnato nella fattispecie, e successivamente argomentava circa la natura del rapporto della ricorrente con il CONI, normativamente fissato dall’art. 8 della l. 8 agosto 2002 n. 178, elencando i servizi e le prestazioni ad esso finalizzate.
In particolare, la società ricorrente precisava che, con la riforma di cui alla citata legge n. 178/2002, a differenza di altre ipotesi di società pubbliche privatizzate (es. Enel spa; Poste Italiane spa), l’ente pubblico CONI aveva mantenuto il compito di fissare gli obiettivi di politica sportiva e di finanziare le attività sportive, mentre alla società CONI Servizi S.p.a. era stato demandato il compito di perseguire tali obiettivi con l’efficienza e l’autonomia dell’imprenditore commerciale. Finalità queste – argomentava parte ricorrente – pienamente conseguite sia notevolmente riducendo l’indebitamento nei confronti del sistema bancario che avviando un processo di autofinanziamento per lo sport italiano mediante crescita dei ricavi di mercato.
Nel merito, parte ricorrente deduceva come primo motivo di impugnazione la violazione dell’art. 1, comma 5, L. 30 dicembre 2004 n. 311 (legge finanziaria 2005) e dell’art.1, comma 3, l. 31 dicembre 2009 n. 196 (legge finanziaria 2010), sotto il profilo di un’illegittima compressione del diritto di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione. Denunciava altresì la violazione degli artt. 6, commi 6,7,9, e 11, 9, commi 5,7,28 e 29, e 12, commi 1,2,3,7 e 9 del D.L. 78/2010, convertito dalla l. 122/2010, nonché la violazione dell’art. 8 del D.L. 95/2012, convertito dalla L. 135/2012. Ed invero, argomentava parte ricorrente, la legge 311/2004 non aveva inserito la CONI Servizi S.p.a. nell’allegato 1 della medesima legge, avendone con ciò riconosciuto la specificità, in quanto società a totale partecipazione pubblica finalizzata ad operare con modalità imprenditoriali e secondo logiche industriali e commerciali anche sul libero mercato. Non a caso, rilevava ancora la ricorrente con riguardo alla propria governance, era stato attribuito al Ministero dell’Economia e delle Finanze di esercitare, quale detentore del 100% delle azioni, i poteri propri di qualsiasi azionista di società di capitali, con la conseguente illegittimità di atti che, come quello impugnato, avevano l’effetto di ricondurre nell’ambito della Pubblica Amministrazione una persona giuridica che invece era stata costituita proprio per operare al di fuori di siffatto circuito pubblicistico.
Come secondo motivo di impugnazione parte ricorrente deduceva il vizio di eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, e precisamente a titolo di illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento. Ed invero, secondo parte ricorrente negava la possibilità di rientrare nelle tre tipologie di cui al SEC 95, Settore delle Pubbliche Amministrazioni (settore S13), in quanto nel trasferimento operato dal CONI era ravvisabile un vero e proprio corrispettivo a titolo di controprestazione in esecuzione del contratto di servizio.
Con il terzo motivo di impugnazione parte ricorrente deduceva il vizio di eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità manifesta del provvedimento impugnato, che – a suo dire – avrebbe comportato sicuramente un’ulteriore riduzione degli introiti destinati alla stessa CONI Servizi S.p.a., in quanto lo stesso CONI subirà le riduzioni che discendono dall’applicazione della citata normativa (cfr. leggi n. 122/2010 e n. 135/2012). Su tale specifico punto la ricorrente rappresentava che il TAR Lazio si era pronunciato con la sentenza n. 4826 del 2007, ritenendo che l’applicazione della cd. legge Bersani (l. 248/2006) comportava per la società CONI Servizi s.p.a. la riduzione delle sole voci di spesa del bilancio non connesse all’esecuzione del contratto di servizio con CONI e richiedeva, quindi, alle Sezioni riunite della Corte dei conti di esprimersi su questa stessa questione.
Con memoria depositata in data 17 febbraio 2014 si costituiva l’Avvocatura dello Stato.
In premessa, l’Avvocatura erariale riportava che l’odierna ricorrente, a decorrere dall’anno 2006 aveva impugnato dinanzi al TAR Lazio (RG 10676/2006; 10036/2007; 11255/2008; 9867/2010; 10521/2011) tutti i comunicati ISTAT che hanno incluso la CONI Servizi S.p.a. nell’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato e che il primo giudizio si era concluso con sentenza di rigetto n. 4826 del 14 febbraio 2007, pronunciata dal TAR Lazio e poi confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato del 28 novembre 2012 n. 6014.
Con riferimento al primo motivo di impugnazione (pretesa illegittima compressione del diritto di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione, violazione degli artt. 6, commi 6,7,9, e 11, 9, commi 5,7,28 e 29, e 12, commi 1,2,3,7 e 9 del D.L. 78/2010, convertito dalla l. 122/2010, e violazione dell’art. 8 del D.L. 95/2012, convertito dalla L. 135/2012), in quanto l’ISTAT, pur se per legge competente per individuare annualmente le Amministrazioni pubbliche da inserire nel conto economico consolidato, avrebbe invece soltanto aggiornato l’elenco dell’anno precedente, senza alcuna doverosa rivalutazione, secondo i vigenti paradigmi della statistica comunitaria, degli inserimenti precedenti in ragione delle eventuali modificazioni degli assetti economico-patrimoniali e di “governance” dei soggetti inseriti), l’Avvocatura dello Stato eccepiva l’inammissibilità del ricorso perché volto ad impugnare un atto avente rango legislativo, tale dovendosi ritenere l’elenco ISTAT in forza del richiamo operato dall’articolo 5, comma 7, d. l. 16/2012, convertito con modificazioni dalla l. 44/2012.
Con riferimento al secondo motivo di impugnazione (eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, e precisamente per illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento) l’Avvocatura dello Stato eccepiva l’irrilevanza della forma giuridica di società per azioni dell’odierna ricorrente, dal momento che l’inserimento nel Settore S13 del SEC 95 discendeva soltanto dalla capacità economica di reperire sul mercato ricavi per una quota superiore al 50% dei costi di produzione.
Infatti, secondo quanto prospettato dall’Avvocatura erariale, il prezzo economicamente significativo era da definire in base al cosiddetto “criterio del 50%” (market/no market), e consisteva nell’accertare se i ricavi per prestazioni di servizi, realizzati in situazioni e condizioni di mercato (caratterizzato dalla concorrenza dal lato della domanda e/o dal lato dell’offerta) coprivano una quota superiore al 50% dei costi di produzione. Sul punto l’Avvocatura, richiamando le argomentazioni della sentenza del TAR Lazio n. 4826 del 2007, precisava che le somme trasferite alla società ricorrente a fronte del contratto di servizio stipulato con il CONI non potevano essere considerato un corrispettivo, in quanto erogate non a fronte di prestazioni specificamente individuate, ma per la generalità delle attività demandate alla società strumentale CONI Servizi S.p.a. Né tali somme potevano essere qualificate come ricavo per vendita di servizi, perché corrisposte a fronte di servizi non prodotti in condizioni di mercato, per le seguenti argomentazioni : CONI Servizi S.p.a. agiva in regime di monopolio ed, anzi, era stata costituita ad hoc, per svolgere i servizi propri dell'Ente Coni; le attribuzioni provenivano da affidamento diretto e non da una gara aperta anche a concorrenti privati; la quasi totalità dei servizi erano prodotti per l'Ente CONI, né vi erano altri soggetti privati concorrenti alla produzione degli stessi servizi alle stesse condizioni ed, infine, il corrispettivo erogato dall'Ente Coni copriva interamente i costi, al netto dei ricavi "propri", da ritenere quindi marginali. Inoltre, in applicazione del citato criterio “market/no market”, il rapporto tra i ricavi propri, cioè derivanti da vendite di servizi in condizioni di mercato, e i costi di produzione della società ricorrente erano stati pari per gli anni 2010 e 2011 rispettivamente al 20,2% e 22,5% del totale e, quindi, di gran lunga inferiori al richiesto valore del 50%.
L’Avvocatura rilevava, inoltre, che la società ricorrente possedeva le caratteristiche di “unità istituzionale” richieste dal SEC 95 per la classificazione delle entità economiche ed è classificabile come “produttore pubblico”, in quanto soggetto a controllo da parte di Amministrazioni pubbliche (Ministero dell’Economia e delle finanze e CONI).
Riguardo al terzo motivo di impugnazione (eccesso di potere come illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento sotto altro profilo e cioè con riferimento alla circostanza che dell’inserimento dello stesso CONI nell’elenco ISTAT) l’Avvocatura rilevava che l’inclusione nell’elenco ISTAT anche del CONI costituiva effetto dell’applicazione di norme di legge. Conseguentemente concludeva per il rigetto del ricorso, in quanto infondato in fatto ed in diritto, con vittoria di spese, competenze ed onorari.
Con memoria depositata il 24 febbraio 2014, si costituiva la Procura generale della Corte dei conti, che, premesse osservazioni di carattere generale circa la attinenza del ricorso documentale versato in atti con il giudizio instaurato innanzi a queste Sezioni riunite, avanzava dubbi circa la carenza dell’interesse ad agire, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., con riferimento alla circostanza, lamentata da parte ricorrente, che l’assoggettamento ad una disciplina legislativa fosse di per sé produttiva di una lesione una lesione giuridicamente apprezzabile e tutelabile.
Eccepiva, inoltre, l’infondatezza nel merito del ricorso, innanzitutto perché la società CONI Servizi S.p.a. rivestiva natura di unità istituzionale di natura pubblica, con il profilo di produttore di beni o servizi non destinabili alla vendita, atteso il prevalente ed assorbente rapporto funzionale con l’Ente CONI.
La Procura generale rilevava, inoltre, la carenza del carattere di “ente market”, in quanto la società ricorrente ricavava una percentuale elevata delle proprie risorse, precisamente circa l’80% del totale, dal rapporto monopolistico intrattenuto con l’Ente CONI, sulla base di uno strumento normativamente stabilito (il contratto di servizio) a remunerazione delle attività svolte a favore dell’ente pubblico in maniera globale e non con riferimento a singole e specifiche prestazioni di servizi.
La Procura generale proseguiva, poi, con una analitica disamina delle caratteristiche della società ricorrente, quali ricavabili dall’articolo 8 del d.l. 138 del 2002 (legge istitutiva della società CONI Servizi s.p.a.), evidenziandone la natura giuridica di società per azioni in senso soltanto formale, prevalendo al contrario il dato costituito dala sua finalizzazione al perseguimento di interessi pubblici.
Infine, nel rilevare la non congruenza rispetto al presente giudizio delle critiche mosse nel ricorso introduttivo alle sentenze del giudice amministrativo concludeva per il rigetto del ricorso e la condanna alla rifusione delle spese di giudizio in favore delle controparti.
Con nota del 26 febbraio 2014 gli avvocati di parte ricorrente chiedevano il differimento della data di udienza, fissata per il 5 marzo 2014, ad altra data per concomitanti impegni giudiziari. Con decreto presidenziale n. 40 del 10 marzo 2014 la data dell’udienza veniva differita al 3 aprile 2014.
All’udienza del 3 aprile 2014 l’Avv. Ranieri richiamava le argomentazioni dedotte nella memoria introduttiva del giudizio, evidenziando che la contestazione dell’inserimento della società CONI Servizi S.p.a. nell’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato originava dalla contestazione della metodologia valutativa che legittima l’ISTAT a tale inserimento. Rilevava, inoltre, che, sebbene secondo il criterio market/no market il fatturato 2013 della società è ascrivibile per il 77% circa al CONI e per il 23% al mercato, essa operava come soggetto imprenditoriale anche nei confronti del CONI. Concludeva, quindi, per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese ed onorari.
Depositava, altresì, in udienza estratto del verbale del 21 marzo 2014 del Consiglio di Amministrazione contenente la ratifica della procura alle liti per il presente ricorso proposto innanzi alla Corte dei conti Sezioni riunite in sede giurisdizionale inizialmente su procura del solo amministratore delegato.
L’Avvocato dello Stato nel proprio intervento reiterava le argomentazioni contenute nella memoria dianzi richiamata, in particolare insistendo sulla eccezione di legificazione dell’elenco ISTAT impugnato e richiamando le argomentazioni del Consiglio di Stato della sentenza del 28 novembre 2012, n. 6014. Concludeva, infine, per la reiezione del ricorso nel merito con condanna alle spese di giudizio
La Procura generale, nel premettere che la presenza del P.M. nel presente giudizio era richiesta nell’interesse della legge e della corretta attuazione dell’ordinamento, evidenziava che, in precedenza, le stesse domande ed argomentazioni erano già state proposte al giudice amministrativo, in siffatta sede essendone respinte. Pertanto, a dire della Procura Generale, il ricorso de quo era da ritenersi precluso per l’esistenza di un giudicato amministrativo, essendo rimasti immutati i presupposti di fatto che negli anni precedenti avevano determinato l’inclusione dell’odierno ricorrente nell’elenco ISTAT.
La Procura generale concludeva, quindi, per il rigetto del ricorso con condanna al pagamento delle spese di lite
MOTIVI DELLA DECISIONE
Viene in discussione il ricorso proposto dalla società per azioni CONI Servizi S.p.a. avverso l’elenco delle amministrazioni pubbliche oggetto del comunicato ISTAT pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, del 30 settembre 2013 n. 228, che contiene l’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196, nella parte in cui vi include la società per azioni CONI Servizi S.p.a..
Il Collegio deve, innanzitutto, farsi carico di esaminare le eccezioni processuali sollevate dalle controparti in ordine alla ammissibilità del ricorso, che, ai sensi dell’art. 1, comma 169, della legge n. 228 del 2012 , si svolge nelle forme processuali dei giudizi ad istanza di parte, disciplinati dall’art. 58 del R.D. n. 1038 del 1933, come integrato dalle disposizioni generali recate dal Titolo I del Regolamento di procedura, così come esegeticamente individuato dalla sentenza – ordinanza n. 3/2013/RIS dell’11 luglio 2013 di queste Sezioni riunite.
Con riguardo alle questioni processuali va data priorità alla eccezione di inammissibilità illustrata dall’Avvocatura dello Stato nella memoria difensiva e nella difesa orale, nell’assunto che l’ elenco ISTAT impugnato, in quanto mera reiterazione del precedente elenco oggetto del comunicato ISTAT 28-9-2012, sarebbe assurto a rango legislativo (“cd. legificazione”); in tal senso militerebbe, a parere dell’Avvocatura, la modifica dell’art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009 n. 196, operata dall’art. 5, comma 7, del decreto legge 2 marzo 2012 n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012 n. 44.
In sostanza, la menzione dell’elenco ISTAT 2012 negli estremi di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale avrebbe avuto l’effetto di far perdere ad esso la connotazione provvedimentale, per assurgere a rango di norma primaria. Da ciò conseguirebbe che, trattandosi, nella specie, di soggetto già incluso negli elenchi “cristallizzati” in legge, il ricorso proposto avverso l’elenco ISTAT del 2013 sarebbe inammissibile.
Tale eccezione è infondata, come chiarito da parte di queste Sezioni riunite nella sentenza n. 7/2013/RIS, che hanno, con motivate e puntuali argomentazioni, che qui si intendono integralmente richiamate e dalle quali il Collegio non ritiene sussistere fondate argomentazioni per discostarsene, respinto tale opzione interpretativa, ritenendo conclusivamente che oggetto di impugnazione è costituito non da un atto di rango legislativo, ma un atto ricognitivo di natura amministrativa. Ciò in quanto la menzione degli elenchi ISTAT con gli estremi di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale “..non abbia altro significato che quello reso palese dalle espressioni utilizzate dal legislatore e, cioè, quello di individuare l’ambito applicativo delle disposizioni in materia di finanza pubblica, …. indicando la platea dei destinatari delle norme di ciascun anno”. Si tratta, quindi, di una operazione di mera identificazione degli elenchi, senza che questi ultimi assumano una valenza diversa da quella che essi avevano al momento della loro pubblicazione e che traeva titolo dall’originaria pubblicazione dell’art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e prima ancora dall’art. 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004 n. 311.
L’interpretazione sostenuta dall’Avvocatura dello Stato contrasta, altresì, con la disposizione recata dal comma 3 dell’art. 1 della legge n. 196 del 2009, secondo cui «la ricognizione delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 è operata annualmente dall’ISTAT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre» e con la normativa comunitaria, che affida agli Istituti nazionali di statistica il compito di predisporre annualmente l’elenco delle unità istituzionali che rientrano nel settore delle amministrazioni pubbliche, la cui contabilità concorre alla formazione del conto economico consolidato.
In particolare, appare in contrasto con la regolamentazione europea l’assunto secondo cui la ricognizione delle amministrazioni pubbliche – che, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, deve essere effettuata annualmente dall’ISTAT con proprio provvedimento - sia ridotta per gli anni successivi al 2012, in conseguenza della pretesa “legificazione” degli elenchi redatti nelle annualità precedenti, a una mera ripetizione di quegli elenchi “legificati” o “cristallizzati”. Al contrario, l’inclusione nell’elenco annuale delle amministrazioni pubbliche presuppone un accertamento della sussistenza (o della permanenza) delle condizioni stabilite dagli «specifici regolamenti dell’Unione europea», affinché un’unità istituzionale possa essere qualificata come amministrazione pubblica.
Conclusivamente, il ricorso è ammissibile in quanto l’oggetto di impugnativa è costituito da un atto ricognitivo di natura amministrativa e non da un atto di rango legislativo.
Così egualmente deve essere esaminata la sussistenza dell’interesse ad agire, ai sensi dell’articolo 100 c.p.c., quale eccezione proposta dalla Procura generale, con riferimento agli effetti pregiudizievoli lamentati da parte ricorrente, che discenderebbero dalla impropria applicazione ad essa della normativa di cui al d.l. 78 del 2010 ed al d.l. 95 del 2012.
L’eccezione, a parere del Collegio, è infondata e non merita accoglimento, laddove si consideri che, per giurisprudenza consolidate della Suprema Corte (Cass. n. 15355/2010; Cass. n. 27151/2009; Cass. n. 28205/2008; Cass. n. 24434/2007; Cass. n. 10661/2004; Cass. n. 9172/2003), l’interesse ad agire consiste in quella situazione giuridica subiettiva di vantaggio sostanziale, il cui riconoscimento viene posto ad oggetto della pretesa fatta valere in giudizio e si concreta nell’esigenza di colui che propone la domanda di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile e non altrimenti conseguibile .
In questo senso deve ritenersi che nel presente giudizio la parte sia legittimata a proporre la domanda, in quanto la pronuncia richiesta è astrattamente idonea al conseguimento del risultato utile richiesto.
Prima di esaminare il merito della questione, si precisa che parte ricorrente articola il ricorso de quo sulla base di una espressa e ripetuta richiesta di “rimeditazione” delle argomentazioni della sentenza n. 4826/2007 del TAR Lazio.
A prescindere dalla non irrilevante circostanza che tale sentenza, come evidenziato dall’Avvocatura dello Stato nella memoria di costituzione, risulta confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato del 28 novembre 2012, n. 6014 e è, pertanto, coperta da giudicato amministrativo, risulta doveroso precisare che esula dai compiti, poteri e attribuzioni di questo Collegio qualsivoglia valutazione e/o interpretazione riguardante i percorsi logici ed argomentativi che hanno portato altro Giudice, precedentemente adito dalla stessa ricorrente, ad emettere provvedimenti giurisdizionali.
Tanto precisato, a fronte delle deduzioni operate dalla Procura generale (che nulla, tuttavia, eccepisce sul punto sotto l’aspetto processuale), questo Giudice ritiene che i frequenti richiami all’auspicata modifica costituiscano meri errori materiali, qualificabili come refusi di stampa. Conseguentemente gli stessi possono essere interpretati e valutati in questa sede quali autonomi motivi di doglianza avverso l’impugnato Comunicato ISTAT, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, del 30 settembre 2013 n. 228, contenente l’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196 di cui si richiede l’annullamento.
Per le medesime motivazioni non può trovare delibazione nel presente giudizio la valutazione di merito operata dal TAR Lazio nella già citata sentenza n. 4826/2007, circa le modalità operative della cd. legge Bersani (l. n. 248/2006) sul contratto di servizio stipulato con il CONI, perché considerato nel presente ricorso non quale autonomo motivo di impugnazione, ma quale giudizio espresso da giudice di altro plesso giudiziario nell’ambito del proprio potere di delibazione.
Fatta questa doverosa premessa e venendo all’esame del merito del ricorso, si precisa che parte ricorrente lamenta di essere stata impropriamente inclusa nell’elenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche del 2013, sulla base delle seguenti argomentazioni:
- Violazione dell’art. 1, 5° comma, legge n. 311 del 2004 e dell’art. 1, 3° comma, della legge n. 196 del 2009, per non aver l’ISTAT adeguatamente valutato la natura civilistica della società ricorrente, trattandosi di società di diritto privato a totale partecipazione pubblica operante con modalità imprenditoriali e secondo logiche industriali e commerciali anche nei confronti di CONI servizi, oltre che di soggetti terzi. A tal proposito precisa che la società ricorrente opera sul mercato per creare reddito nell’interesse dello sport italiano, pur riconoscendo che il peso del cliente CONI sul fatturato è ad oggi “prevalente (anche se in costante diminuzione)”. Evidenzia, infine, la società ricorrente è comunque tenuta alla ricerca dell’equilibrio tra costi e ricavi, nel rispetto del principio principale dell’attività di impresa e cioè del perseguimento dello scopo lucrativo ex art. 2247 c.c.. La società ricorrente evidenzia anche il difetto del requisito soggettivo, richiesto dal SEC 95 agli effetti classificatori, per essere compreso tra i soggetti sottoposti al controllo di una amministrazione pubblica e cioè l’essere soggetto a “controllo pubblico”, dal momento che l’unico azionista (il Ministero dell’Economia e delle Finanze) esercita i poteri di qualsiasi azionista di società di capitali, mentre l’unica specificità dettata dalla legge istitutiva (art. 8, comma 4, l. n. 178/2002) riguarda la designazione da parte del CONI dei componenti degli organi sociali.
- Eccesso di potere sotto l’aspetto dell’illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento per non aver l’ISTAT adeguatamente valutato il difetto del requisito oggettivo, richiesto dal SEC 95 agli effetti classificatori, per l’inserimento tra i soggetti sottoposti al controllo di una amministrazione pubblica e cioè la produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita. La società ricorrente ritiene, infatti, di non rientrare né nella lettera b) del settore S13 del SEC 95, in quanto società che persegue uno scopo di lucro attraverso la produzione e la vendita di servizi di natura commerciale a corrispettivi di mercato non solo al CONI, ma anche a soggetti terzi, né nella lettera a) in quanto i suoi ricavi per prestazioni di servizi a terzi (CONI ed altri soggetti privati) sono superiori ai costi di produzione. In sostanza, parte ricorrente ritiene il contratto di servizio stipulato con il CONI individui nel dettaglio le prestazioni dovute e ciò esclude che il corrispettivo possa essere considerato contributo pubblico. Così considerato trattasi di un corrispettivo correlato a prestazioni effettuate in regime di mercato e come tale ascrivibile alla voce “ricavi”, superando ampiamente il test “market/no market”.
- Eccesso di potere sotto altro profilo sotto l’aspetto dell’illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento per avere l’ISTAT incluso nel Comunicato ISTAT impugnato anche il CONI . Questo darebbe secondo parte ricorrente origine ad un “effetto a cascata”, in quanto CONI Servizi s.p.a., oltre a risentire degli effetti limitativi di spesa derivanti in via diretta dall’inserimento nell’elenco ISTAT, risentirebbe anche dei tagli che subirà, a sua volta, il CONI.
Tali doglianze, così come articolate nel ricorso proposto, non risultano fondate e meritevoli di accoglimento per le motivazioni di seguito esplicate.
Per un esatto inquadramento della problematica, occorre premettere che, ai sensi del Regolamento CE n. 2223/96 del 25 giugno 1996 del Consiglio, relativo al "Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità Ue" (SEC 95), l'Istituto Nazionale di Statistica è chiamato a predisporre annualmente il conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche nell'ambito della Procedura sui Deficit Eccessivi regolata dal Trattato di Maastricht.
Il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (SEC95), di cui al citato Regolamento CE 25.6.1996 n. 2223/96 del Consiglio, rappresenta un sistema contabile comparabile a livello internazionale, utilizzato quale riferimento per le statistiche sociali ed economiche dell'Unione europea e dei suoi Stati membri" (cfr. Allegato A del Reg. CE 25.6.1996 n. 2223/96).
L'elaborazione del conto economico consolidato si basa sulla corretta individuazione delle unità istituzionali che fanno parte del Settore "Amministrazioni Pubbliche" (AP), denominato S13, secondo i criteri fissati dal citato Regolamento UE n. 2223/96
(SEC95) e dal relativo "Manuale del SEC95 sul disavanzo e sul debito pubblico", che costituisce uno strumento di interpretazione del predetto Regolamento.
L’elenco delle unità che fanno parte del settore S.13 costituisce la base per la compilazione da parte dell’ISTAT del conto economico delle Amministrazioni Pubbliche previsto dalle norme europee e rappresenta il riferimento per il calcolo degli aggregati dell’indebitamento netto e del debito delle amministrazioni pubbliche. I medesimi dati sono utilizzati dall’Unione Europea ai fini del monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica anche per verificare la congruenza degli stessi rispetto agli obiettivi definiti da ciascun Paese con il proprio programma di stabilità e crescita.
Tuttavia, a livello nazionale l’elenco ha assunto funzioni ben più ampie, essendo stato previsto dall’art. 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004 n. 311 (legge finanziaria 2005) che «Al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle relative note di aggiornamento, per il triennio 2005-2007 la spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l’anno 2005 nell’elenco 1 allegato alla presente legge e per gli anni successivi dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica».
Ancora più significative appaiono le disposizioni recate dalla legge di contabilità e finanza pubblica 31 dicembre 2009 n. 196, il cui art. 1 ha previsto, al comma 1, che «Le amministrazioni pubbliche concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica sulla base dei principi fondamentali dell’armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica, e ne condividono le conseguenti responsabilità»; e, al comma 2 (nel testo originario), che «Ai fini della presente legge, per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e gli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari».
Il comma 2 dell’art. 1 è stato, successivamente, modificato dall’art. 5, comma 7, del decreto legge 2 marzo 2012 n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012 n. 44.
È rimasta, però, invariata la finalità costantemente seguita dal legislatore nazionale di utilizzare l’elenco ISTAT delle Amministrazioni Pubbliche quale ambito di riferimento delle misure economico-finanziarie stabilite dalla legge finanziaria di ciascun anno e da altri atti legislativi volti a raggiungere gli obiettivi della armonizzazione e del coordinamento della finanza pubblica, nonché del contenimento della spesa pubblica (Corte dei conti, Sezione riunite, sentenza ordinanza n. 3/2013/RIS dell’11 luglio 2013).
A mero titolo esemplificativo, oltre alle disposizioni di carattere generale contenute nella legge n. 196 del 2009, è sufficiente rammentare le norme recate dall’art. 6 del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 (in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) e il decreto legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 135 (sulla cosiddetta spending review). Da tutto quanto sopra premesso, discende la infondatezza di ciascuna delle argomentazioni proposte da parte ricorrente, a cominciare dalla natura di soggetto di diritto privato, che osterebbe all’inquadramento tra le pubbliche amministrazioni.
La società ricorrente, pur essendo un soggetto di diritto privato, può correttamente essere inserita, dal punto di vista economico a termini di Regolamento SEC 95, nella categoria dei produttori pubblici di beni e servizi non destinabili alla vendita (no market), in quanto, in tale ambito, vanno collocati i soggetti che sono controllati e prevalentemente finanziati da amministrazioni pubbliche e che vendono “servizi” a prezzi ritenuti economicamente non significativi, in quanto il cash flow proveniente da soggetti diversi dai pubblici finanziatori non raggiunge la soglia critica del 50%. In particolare, parte ricorrente nega di poter essere considerata un “organismo pubblico”, perché, a suo dire, opererebbe in applicazione di principi e logiche di mercato ed in quanto il corrispettivo del contratto di servizio stipulato con il CONI non può essere considerato un contributo pubblico, bensì una controprestazione in senso proprio, correlata specificamente alle prestazioni di servizi effettuate a favore del committente CONI e, quindi, ascrivibile alla voce ricavi del conto economico, con ciò determinando un rapporto ricavi/costi ben superiore a quello indicato dall’ISTAT.
Tale ricostruzione non può trovare accoglimento.
Ad avviso del Collegio il corrispettivo ricevuto dal CONI in base al contratto di servizio per l’anno 2013, versato in atti (all. 3 al ricorso introduttivo), non è ascrivibile alla voce ricavi del conto economico, perché non è corrisposto a fronte di servizi prodotti in condizioni di mercato.
Ed infatti, CONI Servizi s.p.a. interagisce con il CONI in condizioni di monopolio e senza altri soggetti privati concorrano alla produzione degli stessi servizi alle stesse condizioni, in base ad un affidamento diretto del contratto e producendo servizi e prestazioni in misura assolutamente dominante per il CONI, come pacificamente ammesso anche dalla stessa ricorrente. A ciò si aggiunga che, in base all’articolo 6 del contratto medesimo ( Corrispettivo per i servizi e prestazioni resi dalla CONI Servizi s.p.a.), il corrispettivo è stabilito non facendo riferimento al prezzo delle singole prestazioni, ma con modalità forfettarie rapportate a linee di attività assolutamente generali (es. “1. attività e servizi dedicati al CONI relativi al funzionamento degli uffici destinati all’attività istituzionale, alla realizzazione dei programmi di attività deliberati dalla Giunta Nazionale, allo sviluppo di progetti specifici..; 2. Attività e servizi dedicati alle strutture territoriali del CONI, relativi al funzionamento degli uffici centrali e periferici …; 3. Supporto nell’elaborazione, sviluppo e attuazione di strutture dedicate della CONI servizi spa del progetto CONI di ridefinizione degli assetti organizzativi e operativi del territorio….; 4. Sviluppo per l’Ente CONI di progetti specifici quali, ad esempio, quelli finalizzati alla ricerca scientifica applicata allo sport”).
Trattasi, quindi, di una erogazione, che a prescindere dal nomen iuris, assume la natura di trasferimento pubblico, erogato in assenza di qualsivoglia rischio d’impresa e del tutto distinto dalla natura di ricavo proprio connesso alla erogazione di servizi in condizioni di mercato. Al riguardo, giova precisare che il prezzo è definito economicamente significativo in base al cosiddetto "criterio del 50%", che consiste nell'accertare se i ricavi propri per prestazioni di servizi, realizzati in situazioni e condizioni di mercato, coprano una quota superiore al 50% dei costi di produzione. Secondo tale criterio, per ricavo (ricavo proprio) si intende il corrispettivo per la cessione di beni o la prestazione di servizi realizzato in condizioni di mercato, caratterizzato dalla concorrenza dal lato della domanda e/o dal lato dell'offerta. In applicazione di tale criterio interpretativo, il risultato del test “market/no market” per la società ricorrente, come riferito in memoria dall’Avvocatura dello Stato e confermato anche da parte ricorrente (laddove fa riferimento al “corrispettivo” del contratto di servizio stipulato con il CONI), risulta di gran lunga inferiore al 50%, con conseguente legittimità dell’inclusione della società ricorrente nel settore delle amministrazioni pubbliche (S13).
Per maggiore chiarezza giova, altresì, evidenziare che, secondo il Manuale SEC, l’unità istituzionale pubblica, finanziata prevalentemente da una amministrazione pubblica sulla base dei propri costi o di una negoziazione (budget globale), va classificata nel settore delle amministrazioni pubbliche, in quanto questi finanziamenti non corrispondono a vendite; nello stesso senso, anche i pagamenti effettuati dalle amministrazioni pubbliche ad una unità istituzionale pubblica in relazione a servizi effettivamente prestati non vanno considerati vendite, quando gli stessi prezzi non possono essere applicati a servizi analoghi forniti da produttori privati ovvero quando gli stessi rispondono a funzioni puramente amministrative al fine di assegnare i finanziamenti, controllare e confrontare i costi, migliorare la produttività interna delle unità pubbliche.
Lo stesso regolamento SEC95, per converso, qualifica come ricavi soltanto quei contributi erogati per singola unità di bene o servizio prodotto o importato. Essi possono consistere in un determinato importo di denaro per una unità di quantità di un bene o servizio oppure possono essere calcolati “ad valorem”, nella forma di una determinata percentuale del prezzo per unità. I contributi possono anche essere calcolati quale differenza tra un dato prezzo di riferimento e il prezzo di mercato effettivamente pagato da un acquirente (paragrafo 4.33). Alla luce della stessa normativa comunitaria, appare, quindi, evidente che le erogazioni di cui trattasi non possono essere valutati al fine di far considerare l’odierna ricorrente quale ente market.
Egualmente infondata appare, nel caso dell’odierna ricorrente, l’asserita carenza di controllo pubblico, stante il rapporto istituzionale che esiste tra il CONI, ente pubblico nazionale, e la società per azioni CONI Servizi s.p.a., funzionale al perseguimento di interessi pubblici dello stesso CONI, di cui rappresenta, anche sotto l’aspetto della governance, una articolazione. Infatti, secondo quanto risulta dall’ articolo 8, comma 4, della già citata legge n. 178 del 2002, spetta al Ministero dell’Economia e delle finanze la proprietà di tutte le azioni costituenti il capitale sociale, mentre compete al CONI la designazione del Presidente e di tutti gli altri componenti del Consiglio di amministrazione, al Ministro dell’Economia e delle finanze la designazione del Presidente del Collegio dei sindaci ed al Ministro per i Beni e le attività culturali la designazione degli altri componenti del Collegio dei sindaci.
Sempre l’articolo 8 dispone la provenienza statale dei beni immobili patrimoniali conferiti alla Società (comma 6); l’assoggettamento della società al controllo della Corte dei conti con le modalità previste dall’art. 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259 (comma 10); la provenienza pubblica (CONI) del personale transitato alla Società (comma 11) e la vigilanza sul CONI da parte del Ministero per i Beni e le attività culturali (comma 14), che, come già detto, nomina i membri dell’organo di controllo della Società.
Questi essendo i tratti salienti della struttura organizzativa della società, osserva il Collegio che la funzione ivi assegnata alle amministrazioni pubbliche, anche in via indiretta, è pervasiva. Significativa è, poi, la circostanza che spetta al CONI la designazione del Presidente e di tutti i componenti del Consiglio di amministrazione, trattandosi di funzione che - tenuto conto delle ampie competenze del C.d.A. - si traduce nella capacità di influire in modo significativo su ogni aspetto gestionale amministrativo e contabile, indirizzando le decisioni dell’organo collegiale.
Parte ricorrente, poi, lamenta una ricaduta “a cascata” delle riduzioni di spesa normativamente previste, in quanto si determinerebbe una duplicazione di tagli a carico della società CONI Servizi s.p.a., direttamente a causa del proprio inserimento nell’elenco impugnato ed indirettamente per gli effetti riflessi derivanti dall’inserimento anche del CONI nello stesso elenco.
Tale doglianza è priva di fondamento e va respinta. Infatti, l’eventuale effetto riflesso, di cui parte ricorrente si duole, deriva dall’applicazione anche al CONI di misure di finanza pubblica e spending review, che l’ISTAT, riscontrandone i requisiti, è tenuta ad applicare in ossequio alla normativa nazionale (art. 1, comma 2, legge n. 196 del 2009) e comunitaria (SEC 95) già ampiamente richiamata.
Conclusivamente, per tutte le ragioni ampiamente esposte, il ricorso è infondato e va respinto nel merito.
Alla soccombenza segue la condanna di parte ricorrente al pagamento, in favore della controparte, delle spese e degli onorari di difesa, la cui liquidazione è fissata in complessivi euro duemila.
In considerazione della riproposizione della domanda giudiziaria nonostante siano rimasti immutati i presupposti di fatto che a decorrere dal 2006 hanno determinato l’inclusione della società ricorrente nei precedenti elenchi ISTAT, il Collegio dispone che la segreteria, oltre alle comunicazioni di rito, comunichi la presente sentenza anche alla Procura regionale della Corte dei conti per eventuali valutazioni di competenza.
P.Q.M.
Il Collegio rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso delle spese giustiziali e degli onorari, che si liquidano in complessivi euro duemila. Dispone, altresì, che la segreteria, oltre alle notificazioni e comunicazioni di rito, comunichi la sentenza anche alla Procura regionale della Corte dei conti di Roma per eventuali valutazioni di competenza.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Maria Teresa D’URSO) (Pasquale IANNANTUONO)
Depositata in Segreteria il 7 maggio 2014
Il Dirigente
(Maria Laura Iorio)