Autore Topic: CONI - TAGLI ALLE FEDERAZIONI  (Letto 10699 volte)

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Re:CONI - TAGLI ALLE FEDERAZIONI
« Risposta #20 il: Aprile 22, 2012, 19:01:28 pm »
http://www.pianetabasket.com/?action=read&idnotizia=19408


Tagli e risparmi per le Federazioni. Il Coni predica il volontariato
01.04.2011 09:34 di Enrico Campana   articolo letto 324 volte

(Enrico Campana) La "benevolenza" del Governo nei confronti dello sport
ancora una volta di materializza alla fine di un lungo iter all'interno
delle Commissioni parlamentari per uscire dal "Tagliaspese" della
Finanziaria dell'austerità. Alla fine lo sport si salva in corner e
trova rifugio nel "Milleprorogher" grazie a personaggi sportivi eletti
per le due camere (molto attivo il presidente del nuoto, l'ex campione
Paolo Barelli) con la valida giustificazione della preparazione
olimpica. Per questo le ristrettezze sono rinviate (per ora) di un
anno. Lo sport non viene quindi più considerato fra le voci che vanno a
incidere sul costo della vita. Tutto è bene quel che finisce bene, ma
con una circolare del 4 marzo il segretario del CONI Raffaele Pagnozzi
ha inviato una raccomandazione ufficiale alle Federazioni, a nome
dell'organo vigilante (Giunta Nazionale Coni), "per mantenere una fortre
attenzione al contenimento della spesa". Da qui piccoli tagli, del 10%
per presidenza, consiglio federale, collegio dei revisori, tagli alle
singole voci di spesa, l'onorificità (uguale maggior volontariato) per
nuovi organismi, commissioni, gruppi di lavoro, idem per tutte le
cariche dell'organizzazione periferica, inclusa la partecipazione agli
organi collegiali (presidenza, giunta, consigli, e così via).
Le Federazioni dovranno presentare al CONI un piano di tagli dettagliato
dei risparmi rispetto al 201

Offline VENDETTA

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Re:CONI - TAGLI ALLE FEDERAZIONI
« Risposta #21 il: Aprile 24, 2012, 13:38:27 pm »
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ora-tagliamo-la-casta-del-coni/2179169


Ora tagliamo la casta del Coni
di Gianfrancesco Turano
Dalla federazione del nuoto a quella del pattinaggio, in Italia la burocrazia sportiva è un altro modo per riempire le tasche di politici di secondo piano, attraverso diarie, rimborsi e consulenze varie. E se facessimo un po' di pulizia?
(23 aprile 2012)

Mancano un centinaio di giorni all'Olimpiade di Londra, eppur bisogna tagliare. La circolare 134 spedita urbi et orbi dal segretario generale del Coni, Raffaele Pagnozzi, parla chiaro. Le riduzioni di costi varate nel 2008 e rubricate alla voce "rimborsi Stato per riduzioni spese" non bastano più. Nel 2011 il comitato olimpico ha faticato parecchio a fare quadrare i conti, senza riuscirci. Il presidente Gianni Petrucci, giunto alla fine di un lungo regno sullo sport italiano e pronto a diventare primo cittadino di San Felice Circeo, ridente località di villeggiatura nel basso Lazio, ha presentato ricavi per 462 milioni di cui 448 in contributi statali con un risultato negativo di 18 milioni di euro. Le previsioni per il 2012 sono in linea con l'austerità del governo tecnico: i trasferimenti dello Stato allo sport nazionale scenderanno a 409 milioni di euro e il risultato sarà - si spera - positivo per 3,5 milioni di euro.

Il miracolo del profitto con meno entrate sta appunto nella circolare 134. Un miracolo concentrato in poche righe e in un paio di raccomandazioni. La prima è che i presidenti delle 45 federazioni sportive affiliate dovranno accontentarsi di un gettone giornaliero lordo massimo di 130 euro e per non più di 240 giorni all'anno. In totale, 31.200 euro. E' una somma ben lontana dalla diaria di 400 euro quotidiani percepita, per esempio, dal presidente della Fip (basket) Dino Meneghin e pari a un massimo di 146 mila euro complessivi all'anno.

Del resto, i contributi allo sport sono gestiti come i contributi alla politica. In teoria, i bilanci dovrebbero essere pubblici e trasparenti. In pratica, spesso non sono né l'uno né l'altro. Né c'è da stupirsi. In Italia sport e politica sono sempre andati a braccetto. Ai tempi della prima Repubblica, Giulio Onesti ha tenuto il timone del comitato olimpico per oltre 30 anni grazie alla benedizione di un altro Giulio, di cognome Andreotti. Lo stesso Petrucci ha fatto carriera sotto la protezione del sette volte premier democristiano. A sua volta, Petrucci ambisce a lasciare il testimone al suo braccio destro, il firmatario della circolare 134 Pagnozzi, detto Lello, una vita trascorsa nei corridoi del palazzo sul Tevere progettato da

Anche oggi gli uomini alla guida delle federazioni sportive hanno bisogno di patronage politici, tanto che a volte i politici si occupano direttamente della questione. Per limitarsi a pochi esempi, quando la Fisi (sport invernali) è finita nella tempesta, il suo presidente Giovanni Morzenti si è dimesso dopo un braccio di ferro con l'allora ministro degli Esteri Franco Frattini e una condanna in primo grado per concussione. Alla fine, la Fisi è stata commissariata e affidata per quasi un anno al Gran Ciambellano dello sport nazionale Franco Carraro, in passato presidente della Federazione sci nautico e della Federcalcio ai tempi di Calciopoli, membro del Cio (comitato olimpico internazionale) e sindaco di Roma ai tempi della Triade Craxi-Andreotti-Forlani.

Paolo Barelli della Federnuoto è alla terza legislatura come senatore del Pdl. Stessa casacca, ma alla Camera, per Sabatino Aracu (pattinaggio e hockey a rotelle), coinvolto nell'inchiesta sulla Sanitopoli abruzzese e sotto accusa per la gestione di spese e rimborsi della sua federazione.
Proprio spese, rimborsi, consulenze dubbie del Coni e delle federazioni sono attualmente al vaglio della sezione della Corte dei conti che ha il compito di vigilare sugli enti pubblici. Nella lista è inclusa Coni servizi, società per azioni creata nel 2002 in pieno tsunami berlusconiano, quando andavano di moda le spa a controllo pubblico che disponevano di libertà d'azione e discrezionalità maggiori. Coni servizi doveva risolvere la crisi finanziaria del Coni dopo il crollo dei ricavi da Totocalcio. Il risultato è che la spa, partita con oltre 2.600 dipendenti nel 2003 ha dovuto girare buona parte dei suoi lavoratori alla casa madre e alle federazioni per ridurre i costi del personale da 104 a 54 milioni di euro nel 2010. Così è stato evitato il tracollo e, grazie allo scarico di costi sulle federazioni, Coni servizi ha potuto chiudere i conti in attivo nel 2010 per 5 milioni di euro. Il profitto sarebbe stato più alto senza gli oltre 5 milioni spesi dalla spa per perizie, consulenze e prestazioni professionali non meglio identificate. Pesano inoltre i 10 milioni messi nel calderone "altri costi per servizi". Non poco per una società che i servizi dovrebbe essenzialmente venderli e che, al di fuori dei trasferimenti di fondi dal Coni e delle concessioni per impianti sportivi, dai servizi ricava appena 4 milioni di euro contro i 10 spesi. Anche per il 2012 il Coni sosterrà la sua spa con contributi per 138 milioni di euro in crescita rispetto ai 134 versati nel 2011.


Offline diamante

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Re:CONI - TAGLI ALLE FEDERAZIONI
« Risposta #22 il: Aprile 28, 2012, 19:21:42 pm »
http://www.corsera.it/notizia.php?id=112   


CONI. ENTE DA LIQUIDARE
Il governo ha deciso, salvo ripensamenti, di ridurre la rendita annuale elargita al CONI  da 450 milioni di euro a 337. Considerando che si è iniziato dalla scuola e dalle università a tagliare i finanziamenti pubblici, apprezzo che anche per il settore sportivo si intenda provvedere a ridurre le spese.

E così come il governo vuole riformare l’istruzione pubblica, così è necessario che  riformi l’organizzazione sportiva italiana. Non entro nel merito della legge Gelmini. Entro nel merito dello sport strutturato su di uno schema elaborato durante il regime fascista  e transitato dal Regno d’Italia alla Repubblica italiana sic et simpliciter. Nel tempo ha subito diverse modifiche formali che non hanno affatto scalfito la sostanza la sostanza della sua costruzione ideologica. Già nel dopo guerra le federazioni sportive nazionali volevano riappropriarsi della loro sfera privata per riacquisire l’autonomia operativa compromessa dal CONI durante il fascismo. Così non è stato con il risultato che la gestione dello sport si è appiattita su uno schema pubblico dipendente dallo Stato per le risorse finanziarie. Il finanziamento pubblico erogato tramite il CONI ha nazionalizzato la gestione dello sport. Ai gerarchi si sono sostituiti i dirigenti sportivi ai vertici dell’ente e delle federazioni. Lo spreco di denaro pubblico ha connotato la dirigenza sportiva nell’indifferenza delle istituzioni. Una pacchia che ha consentito a taluni di arricchirsi e ad altri di fare carriera. Le mie 700 denunce, tante ne avrei fatte come ha sostenuto l’ex deputato Gasparri di AN, ora senatore del PDL, hanno avuto l’effetto di aprire uno scenario nascosto della gestione sportiva a livello nazionale da dove sono emersi il malcostume, gli illeciti erariali, penali, amministrativi nell’utilizzo del denaro pubblico. Fatti commessi all’interno dell’organizzazione sportiva sui quali la magistratura, i governi, il parlamento, le istituzioni repubblicane hanno chiuso gli occhi per troppi anni. Sullo scenario nascosto nel 1997 il parlamento, XIII legislatura, ha istruito un’indagine conoscitiva sullo sport in Italia affidata alla VII commissione della  camera dei deputati. Atti parlamentari molto istruttivi. Oggi credo che ci sia una maggiore attenzione da parte delle istituzioni sulla gestione dello sport. La riduzione della rendita del CONI ne è un sintomo. Rimane aperta la questione della riforma. Il CONI non può continuare ad assorbire circa i 2/3 della rendita per le sue strutture burocratiche, appesantite negli anni ’90 da una indiscriminata assunzione di personale, circa 1000 unità, circostanza dibattuta nelle aule del Tribunale penale di Roma  a causa di un’ennesima denuncia del lucifero giornalista. Rimbalzata sui quotidiani e  nelle aule parlamentari. Né può permettersi di mantenere una struttura parallela denominata CONI spa, o qualcosa del genere, per la gestione patrimoniale differenziandosi dal CONI per la gestione  organizzativa. Una trovata del ministro Tremonti dettata dalla preoccupazione dello sciupio delle risorse finanziarie elargite dallo Stato rivelatasi del tutto inutile e dispendiosa. Occorre se si vuole voltare pagina  nell’organizzazione sportiva restituire alle federazioni l’autonomia operativa e di gestione delle singole discipline assorbendo la totalità delle risorse disponibili. E’ giunto il momento di liquidare il CONI. La struttura è obsoleta , inutile, burocratica, che ingoia risorse economiche che ben diversamente e in modo proficuo troverebbero allocazione nell’organizzazione sportiva.L’ente deve essere ricondotto nell’alveo delle sue funzioni storiche di rappresentante del CIO. La riforma è auspicabile che punti a sostenere gli operatori sportivi che organizzano, che producono, che conoscono le esigenze che premono dal basso, dalle società sportive, utilizzando al meglio e non disperdendo le risorse finanziarie elargite dallo Stato. Lo sport professionistico in un contesto di riforma sostanziale deve trovare la sua allocazione fuori dalla logica dell’intervento pubblico. L’impresa nello sport può essere agevolata dallo Stato senza fuggire dalla logica di mercato.

Renato Corsini.

Offline Daniele Puccioni

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Re:CONI - TAGLI ALLE FEDERAZIONI
« Risposta #23 il: Aprile 28, 2012, 20:46:22 pm »
Se non ci fosse da piangere mi verrebbe da ridere... anche sul fatto che ci saranno tagli al CONI...

Leggete sto articolo:

http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2012/4/28/LEGGE-MANCIA-Barbato-Idv-cosi-i-parlamentari-hanno-aumentato-i-loro-privilegi/272863/

Offline VENDETTA

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Re:CONI - TAGLI ALLE FEDERAZIONI
« Risposta #24 il: Maggio 01, 2012, 18:48:18 pm »
http://www.vita.it/news/view/74995


Di  Pasquale Coccia
VITA. Sprechi italiani. Così sopravvive un ente inutile. Coni Servizi, ma non serve a nessuno

29 gennaio 2008

Istituito nel 2002 per tappare i buchi del comitato olimpico, si porta ancora dietro un rosso di 60 milioni. Eppure qualcuno ci guadagna.

Si scrive Coni Servizi spa, si legge buco nero. Una storia che va raccontata partendo dalla fine. In vista della Finanziaria 2007, una relazione delle Tesoria di Stato informava i ministri Tommaso Padoa Schioppa e Giovanna Melandri che la soppressione di Coni Servizi avrebbe aggravato il bilancio dello Stato. Spingendo di fatto proprio la Melandri, da tempo convinta della necessità di chiudere bottega, a una repentina marcia indietro. Risultato? A febbraio 2008, Coni Servizi è vivo e vegeto. Con buona pace del contribuente.Un piccolo ripasso. Coni Servizi viene istituto, con la legge n. 8 dell’8 agosto 2002, per volere dell’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Obiettivo: consentire al Coni di appianare 400 milioni di debiti attraverso la vendita di beni immobili ritenuti poco strategici e di impianti sportivi. Non solo. Per alleggerire le spese del Comitato olimpico, Coni Servizi ha provveduto ad assorbire circa mille dipendenti per poi scaricarli sui bilanci delle federazioni sportive. E ancora. Sempre aConi Servizi è stata affidata la gestione dello stadio Olimpico di Roma e la possibilità «di partecipare ad altre società, consorzi, associazioni e altri organismi dei quali potrà promuovere la costituzione». Insomma, mani libere. Purtroppo però i conti non tornano. Di quei 400 milioni di rosso del 2003 ne restano ancora in bilancio 60. E soprattutto il Coni non è stato in grado di autofinanziarsi: il comitato olimpico continua infatti a percepire finanziamenti pubblici pari a 450 milioni annui. Anzi, è lo stesso Coni a finanziare Coni Servizi: 179 milioni nel 2003, 175 nel 2004, 167 nel 2005 e 185 nel 2006. Ma le sorprese non sono finite qui. Per un lavoro che non ha prodotto alcun risultato tangibile, Coni Servizi - quindi il Coni, quindi i contribuenti - versa annualmente nelle tasche dei cinque membri del suo consiglio di amministrazione - per quattro sedute in dodici mesi - 40mila euro l’anno cadauno. Sapete poi chi è il presidente del cda di Coni Servizi, incapace di delineare efficaci politiche di autofinanziamento del Coni? Gianni Petrucci. Ovvero il presidente del Coni. E l’amministratore delegato? Raffaele Pagnozzi, segretario generale del Coni, un uomo da 150mila euro l’anno. Un’ultima chicca: il compito primario del presidente di Coni Servizi, come si legge nella definizione delle competenze attribuite a ogni organo della società, è di «curare i rapporti istituzionali con il Coni». Petrucci, dunque, dovrebbe curare i rapporti con se stesso, visto che si trova nella duplice veste di presidente del Coni e di Coni Servizi spa. Un evidente conflitto di interessi e mancanza di trasparenza che la Corte dei Conti aveva, fra l’altro, rilevato già nel 2005.

Offline VENDETTA

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Re:CONI - TAGLI ALLE FEDERAZIONI
« Risposta #25 il: Marzo 11, 2015, 23:17:12 pm »
zio vede e provvede

http://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/sgambetti-poco-olimpici-alt-renzi-malag-niente-soldi-96258.htm

11 mar 2015 16:32

SGAMBETTI (POCO) OLIMPICI - ALT DI RENZI A MALAGÒ: NIENTE SOLDI AI PRESIDENTI DELLE FEDERAZIONI SPORTIVE - IL PREMIER PUNISCE IL CAPO DEL CONI PER LA NOMINA DI MONTEZEMOLO ALLA PRESIDENZA DEL COMITATO PER ROMA 2024

Il governo non ha dato il permesso di corrispondere ai presidenti delle 45 Federazioni sportive lo stipendio da 36 mila€ promesso loro in campagna elettorale da Malagò - Il capo della Federnuoto Barelli attacca: “Giovannino non ha ancora capito che governa un ente pubblico, non l’azienda di famiglia”

Matteo Renzi boccia Giovanni Malagò. O meglio, boccia le promesse da lui fatte in campagna elettorale, e rischia di creare nuovi scompensi nella infinita querelle dialettica e legale tra Paolo Barelli, presidente della Fin (Federazione Italiana Nuoto), e lo stesso presidente del Coni. Il tutto mentre Renzi e Malagò, coadiuvati dal lavoro del sottosegretario Graziano Delrio, hanno sul tavolo dossier anche abbastanza importanti come la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024 e, ancora più urgente, la questione calcio con il Parma che settimana prossima rischia di fallire e la Federazione che potrebbe essere commissariata.

È successo infatti che nella riunione della Giunta Nazionale del Coni di ieri, aperta dal minuto di silenzio in memoria dei tre sportivi francesi morti nell’incidente nel reality show in Argentina e proseguita proprio con gli ultimi sviluppi sulla candidatura a Roma 2024 per cui è stata nominata come “General Coordinator” Claudia Bugno, il presidente Malagò abbia dichiarato che no, il governo non ha dato il permesso di corrispondere ai presidenti delle 45 Federazioni sportive italiane lo stipendio da 36 mila euro promesso loro in campagna elettorale: “Con i soldi del finanziamento pubblico allo sport italiano non si possono pagare stipendi a dirigenti di organismi privati”, hanno detto in buona sostanza da Palazzo Chigi.

 

Una doccia gelata per Malagò che, anche sull’onda di queste promesse, in campagna elettorale nel febbraio 2013 era riuscito a sconfiggere il favoritissimo Raffaele Pagnozzi nella successione a Gianni Petrucci. Se già il governo aveva imposto il contenimento delle spese previste per le Federazioni sportive, altra durissima mazzata, e pochi mesi fa Malagò era riuscito a farlo diventare esecutivo solo dal 2016, questa volta non c’è stato nulla da fare.

RENZI MALAGO'

I SOLDI rimarranno accantonati, in mano al Coni e sempre a disposizione delle federazioni, ma non per gli stipendi dei loro presidenti. Di questa débâcle inaspettata per Malagò, dati i suoi stretti rapporti con Renzi e Delrio, ha subito approfittato il senatore di Forza Italia e presidente della federnuoto Paolo Barelli, che all’uscita della Giunta ha riservato l’ennesima stoccata al rivale: “Giovannino non ha ancora capito che governa un ente pubblico, non l’azienda di famiglia”.

 Ex grandi alleati, Barelli e Malagò hanno iniziato una guerra politica fatta di denunce e ricorsi, che non si è ancora conclusa, dopo avere rotto il loro antico sodalizio all’indomani dei Mondiali di Nuoto del 2009 a Roma. Buona in vasca dal punto di vista delle medaglie, quella manifestazione fu un disastro fuori per la città: sperpero di denaro pubblico, costi cresciuti a dismisura per impianti mai completati (la città dello sport a Tor Vergata) o addirittura costruiti non a norma (il polo di Ostia).

RENZI E MALAGO'

Una festa per i palazzinari e per la cricca dei Grandi Eventi, tutti assolti nel procedimento penale, una mazzata per l’immagine e per le casse del paese. Dato che il duello con Barelli si svolge sullo sfondo delle opportunità politiche e di guadagno della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024, lo schiaffo che oggi Malagò ha ricevuto dal Governo rischia di avere ripercussioni a lungo termine.

Offline attiliofanini

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Re:CONI - TAGLI ALLE FEDERAZIONI
« Risposta #26 il: Marzo 12, 2015, 08:52:27 am »
ci sarebbe da fare festa.
era ora che la politica guardasse con coscienza tutto sto caos di sprechi ingiustificati.

Offline diamante

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Re:CONI - TAGLI ALLE FEDERAZIONI
« Risposta #27 il: Novembre 03, 2018, 19:45:48 pm »
https://www.atleticalive.it/malago-il-coni-senza-piu-soldi-e-il-caso-atletica/

Malagò, il CONI senza più soldi e il “Caso Atletica”
Posted on 02/11/2018
Non so se l’avete notato, ma il Presidente del CONI Giovanni Malagò sembra improvvisamente invecchiato di colpo: il collo molto più rugoso, il volto allungato e stanco, lo sguardo vacuo. Almeno, questo osservando le fotografie diffuse negli ultimi giorni dai media del numero uno dello sport italiano.
E sicuramente non avrà giovato al suo aspetto il colpo di mano del Governo al suo mondo dello sport. Sintetizzando quello che potrebbe essere lo scenario futuro: il 90% dei fondi destinati al CONI, con il collegato alla Legge di Bilancio, passerà alla partecipata (quindi controllata dai governanti di turno) “Sport e Salute s.p.a.” nella quale il CONI stesso non potrà più metterci piede anche grazie a clausole di salvaguardia che impediranno ai dirigenti sportivi di rimettere la mano sul malloppo anche indirettamente (almeno temporalmente). Certo, aspettiamo di vederla approvata, ma…
Sembra che anche dopo l’incontro tra lo stesso Malagò e Giorgetti, sottosegretario con delega allo sport (e di fatto il nuovo “capo” dello sport), il vento non sia cambiato e anzi, che il testo che sancirà la morte di Coni Servizi e la creazione di Sport e Salute s.p.a. (con tutte le conseguenze che ne deriveranno) stia viaggiando spedito verso l’approvazione.
La reazione di Malagò sembrerebbe esser stata quella di chiudersi in conclave non con il Consiglio Federale del CONI, ma con due grandi vecchi dello sport (come riporta il Corriere dello Sport), come l’eterno Franco Carraro (classe 1939 e Presidente praticamente di tutto lo scibile in termine di cariche in Italia, dalle banche, ai ministeri, al comune di Roma, allo stesso CONI, passando per le società di calcio, alle singole federazioni, e soprattutto il comitato Olimpico internazionale… e chi più ne ha più ne metta) e l’eterno Mario Pescante (classe 1938, che condivide con Carraro la membership allo IOC). Insomma, probabilmente si cercano sponde politiche e suggerimenti per arginare l’imminente cataclisma.
Malagò ha un bel di rispondere “no, direi proprio di no“, alla domanda: “lo sport italiano ha bisogno di questa riforma?“. Certo, lui stesso verrà grandemente ridimensionato, ma lo sport con Malagò è diventato troppo spesso uno strumento di autoaffermazione e non il fine per il quale la società (e il CONI, creato appositamente) dovrebbe rivolgersi. Ricordiamoci che all’articolo 2 dello Statuto del CONI si legge come l’Organismo presieduto da Malagò…
“è autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive, intese come elemento essenziale della formazione fisica e morale dell’individuo e parte integrante dell’educazione e della cultura nazionale”.
Aspetto questo che si è con tutta evidenza incrinato. L’immagine più emblematica di questa gestione politica “coniana” dello sport è indubbiamente l’atletica leggera. Leggere le parole di Malagò dopo ogni disastro patito durante i mandati giomiani, o, come da ultimo, il silenzio e i mancati commenti, ed infine e soprattutto la non-azione di fronte ad una panoramica di grande imbarazzo per i risultati è la cifra di questo disinteresse che è un vulnus che colpisce nel sociale, prima ancora che nelle medaglie.
E’ evidente, non conosciamo i motivi della non-azione di Malagò e del Governo del Coni sulle sorti dell’atletica quando sarebbero stati dovuti e nonostante si possedessero tutti gli strumenti (anche e soprattutto giuridici) per farlo, ma certo è che con il calcio, nonostante i conti correnti fossero più che floridi, il “disastro” della mancata qualificazione ai mondiali è costato un commissariamento (che si è rivelato dalle conseguenze disastrose: vedasi il caos dei Campionati di Serie B e C) e lo scranno di Tavecchio.
Malagò, incalzato da qualche giornalista a suo tempo sul doppio trattamento calcio-atletica, ha buttato lì una battuta del tipo “però l’atletica qualche medaglia la vince“, e con questo dimostrando quanto poco tenesse (e tenga) alle sorti di questo sport e quanto invece alla sopravvivenza politica di chi lo guida. Perchè?
Senza dimenticare tutte le reprimende successive ai diversi disastri come Pechino ’15, Rio ’16, Londra ’17 dove ha pure rincarato la dose invocando giri di vite che poi di fatto non ci sono mai stati. Per fortuna dopo Berlino ’18 ha preferito non dir più nulla: meglio evitare di parlare ancora una volta al vento. Ora, delle due, l’una: o Giomi & C. hanno fatto sì col capo e poi non se lo solo filato continuando imperterriti per la loro strada (e continuando ad inanellare disastri), o fa parte tutto di una commedia delle parti ad uso e consumo dei media. Dopo Berlino l’unico a parlare, e dopo oltre un mese dai “fatti” è stato infatti proprio Giomi, sostenendo pure di essere in piena sintonia con Malagò. Nessuna reazione di Malagò. Ma ci sono stati segnali di insofferenza, che abbiamo comunque percepito (il silenzio protratto è il primo indizio).
Che poi sembra che molti abbiano la memoria corta, e i giornali sportivi (che dal CONI e dalle Federazioni traggono le loro informazioni, ovvero la materia prima per scrivere) certo non ci risulta siano andati a chiedere a Malagò conto delle diverse dichiarazioni post-disastri, e così il periodo più buio dell’atletica italiana ha continuato come se nulla fosse senza vere sterzate, idee, progetti, rivoluzioni. Ancora pochi giorni prima degli Europei di Berlino Giomi sventolava, dopo 6 anni di mancati risultati, il successo del decentramento millantando le medaglie ai campionati giovanili (e forse anche ai Giochi del Mediterraneo) quando l’anno prima (dopo il tonfo di Londra) Malagò aveva chiesto di smetterla di finanziare a pioggia troppi allenatori (qui l’articolo della Gazzetta).
L’organo di governo dello sport avrebbe dovuto invece guidare il cambiamento politico-gestionale, e invece è stato a guardare.
Ebbene, Cui prodest? A chi giova che l’atletica rimanga in questa stagnazione, se tutto va a rotoli? A chi giova, se non esistono scenari positivi e circoli virtuosi all’orizzonte e se ci si affida sempre a soggetti che avevano già scritto la storia decadi fa e cui forse sarebbe il caso di lasciare alle loro incombenze private piuttosto che trasformarli sistematicamente nei nuovi traghettatori (di fatto dei simulacri)?
Esistono evidentemente dinamiche su altri piani verticali che non conosciamo e che, deduttivamente, sono ritenute più importanti (della salvezza di uno sport) dai rispettivi attori, e i nomi li conoscete.
Ora però lo scenario potrebbe essere finalmente stravolto: il più grande strumento di controllo in mano al CONI, ovvero i 410 milioni di euro concessi dallo Stato annualmente, svaniranno, lasciando le briciole di 40 milioni per la preparazione olimpica. La riforma partirebbe nel 2020, purtroppo, ma ci si accontenta.
I denari verranno concessi alle Federazioni non più dal Coni, ma dallo Stato, e qui finalmente e giustamente, la gestione del denaro pubblico ritornerebbe nelle mani dei rappresentati del popolo. E gli errori, e le loro conseguenze (come elargire milioni di euro ad una federazione sportiva che magari li ha sperperati) diventerebbero motivo di confronto politico ed elettorale.
Questo è il tema: se io elettore vedrò che lo Stato (tramite la nuova società partecipata) concederà denaro pubblico a dei buchi neri (come certe federazioni) che non produrranno nulla dal punto di vista dei risultati e del ritorno sociale della loro attività, potrò protestare e saprò con chi prendermela e come reagire, ovvero non voterò gli esponenti politici di quel governo o di quelle parti politiche. E io Stato, di fronte alla mala gestione del bene pubblico, sarò costretto a rispondere a quelle stesse logiche di trasparenza, efficacia, coerenza a pena della mia credibilità (e rielezione). Almeno, in un mondo perfetto e in una democrazia sana. La stessa cosa non poteva accadere con le Federazioni, ermeticamente chiuse su sè stesse, plasmate su regole elettorali che favoriscono il permanere dello Status Quo, e sorde alle critiche e alle rimostranze (tanto che le eventuali critiche sono anche passibili di procedimenti giudiziari sportivi, pensate un pò).
Ci siamo dilungati, ma il tema deve interessare a tutti gli sportivi: lo sport italiano sopravvive non esclusivamente grazie al Coni e ai suoi sforzi (sul Corriere dello Sport si timbravano i successi degli ultimi 20 anni quasi come se dietro a tutto avesse operato il Comitato Olimpico Nazionale come giocatore unico…), come ci vogliono far credere, ma più strumentalmente al fatto che la presenza dei gruppi sportivi militari garantisce agli sport di nicchia di essere competitivi a livello mondiale e di vincere medaglie olimpiche.
Laddove inizia ad esserci professionismo, lo sport italiano sparisce. Così è successo all’atletica: finchè gli stipendi statali erano competitivi con un mondo sportivo mediamente povero, la stessa atletica riusciva ad competitiva a livello mondiale. Quando i soldi hanno iniziato a circolare, all’inizio del XXI secolo, l’Italia è stata cancellata dagli scenari internazionali probabilmente ben oltre i propri demeriti costringendola a sperare negli exploit una tantum.
Quando poi sono finiti anche gli exploit che avevano consentito di sopravvivere nella prima decade del XXI secolo, ci siamo ritrovati con in mano un bel pugno di mosche e la speranza indefessa di futuri exploit che per la Legge dei grandi numeri, con un pò di fortuna e bravura, potrebbero ancora arrivare.

Offline attiliofanini

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Re:CONI - TAGLI ALLE FEDERAZIONI
« Risposta #28 il: Novembre 03, 2018, 19:54:32 pm »
.........si mangerà sempre meno e ciò che si avrà sarà in funzione di risultati e meritocrazia. ERA ORA. amici , amici degli amici , progetti fantascientifici , sprechi di soldi pubblici in metodi e modi smisurati  come l'inutile spesa fatta per concorrere all'assegnazione delle olimpiadi che farei restituire dalle tasche del presidente del coni visto che li spese inutilmente lui per girare il mondo in cerca di adesione mentre l'italia politica gli diceva di NO .
 

Offline VENDETTA

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Re:CONI - TAGLI ALLE FEDERAZIONI
« Risposta #29 il: Novembre 03, 2018, 22:47:06 pm »
https://www.atleticalive.it/malago-il-coni-senza-piu-soldi-e-il-caso-atletica/

Malagò, il CONI senza più soldi e il “Caso Atletica”
Posted on 02/11/2018
Non so se l’avete notato, ma il Presidente del CONI Giovanni Malagò sembra improvvisamente invecchiato di colpo: il collo molto più rugoso, il volto allungato e stanco, lo sguardo vacuo. Almeno, questo osservando le fotografie diffuse negli ultimi giorni dai media del numero uno dello sport italiano.
E sicuramente non avrà giovato al suo aspetto il colpo di mano del Governo al suo mondo dello sport. Sintetizzando quello che potrebbe essere lo scenario futuro: il 90% dei fondi destinati al CONI, con il collegato alla Legge di Bilancio, passerà alla partecipata (quindi controllata dai governanti di turno) “Sport e Salute s.p.a.” nella quale il CONI stesso non potrà più metterci piede anche grazie a clausole di salvaguardia che impediranno ai dirigenti sportivi di rimettere la mano sul malloppo anche indirettamente (almeno temporalmente). Certo, aspettiamo di vederla approvata, ma…
Sembra che anche dopo l’incontro tra lo stesso Malagò e Giorgetti, sottosegretario con delega allo sport (e di fatto il nuovo “capo” dello sport), il vento non sia cambiato e anzi, che il testo che sancirà la morte di Coni Servizi e la creazione di Sport e Salute s.p.a. (con tutte le conseguenze che ne deriveranno) stia viaggiando spedito verso l’approvazione.
La reazione di Malagò sembrerebbe esser stata quella di chiudersi in conclave non con il Consiglio Federale del CONI, ma con due grandi vecchi dello sport (come riporta il Corriere dello Sport), come l’eterno Franco Carraro (classe 1939 e Presidente praticamente di tutto lo scibile in termine di cariche in Italia, dalle banche, ai ministeri, al comune di Roma, allo stesso CONI, passando per le società di calcio, alle singole federazioni, e soprattutto il comitato Olimpico internazionale… e chi più ne ha più ne metta) e l’eterno Mario Pescante (classe 1938, che condivide con Carraro la membership allo IOC). Insomma, probabilmente si cercano sponde politiche e suggerimenti per arginare l’imminente cataclisma.
Malagò ha un bel di rispondere “no, direi proprio di no“, alla domanda: “lo sport italiano ha bisogno di questa riforma?“. Certo, lui stesso verrà grandemente ridimensionato, ma lo sport con Malagò è diventato troppo spesso uno strumento di autoaffermazione e non il fine per il quale la società (e il CONI, creato appositamente) dovrebbe rivolgersi. Ricordiamoci che all’articolo 2 dello Statuto del CONI si legge come l’Organismo presieduto da Malagò…
“è autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive, intese come elemento essenziale della formazione fisica e morale dell’individuo e parte integrante dell’educazione e della cultura nazionale”.
Aspetto questo che si è con tutta evidenza incrinato. L’immagine più emblematica di questa gestione politica “coniana” dello sport è indubbiamente l’atletica leggera. Leggere le parole di Malagò dopo ogni disastro patito durante i mandati giomiani, o, come da ultimo, il silenzio e i mancati commenti, ed infine e soprattutto la non-azione di fronte ad una panoramica di grande imbarazzo per i risultati è la cifra di questo disinteresse che è un vulnus che colpisce nel sociale, prima ancora che nelle medaglie.
E’ evidente, non conosciamo i motivi della non-azione di Malagò e del Governo del Coni sulle sorti dell’atletica quando sarebbero stati dovuti e nonostante si possedessero tutti gli strumenti (anche e soprattutto giuridici) per farlo, ma certo è che con il calcio, nonostante i conti correnti fossero più che floridi, il “disastro” della mancata qualificazione ai mondiali è costato un commissariamento (che si è rivelato dalle conseguenze disastrose: vedasi il caos dei Campionati di Serie B e C) e lo scranno di Tavecchio.
Malagò, incalzato da qualche giornalista a suo tempo sul doppio trattamento calcio-atletica, ha buttato lì una battuta del tipo “però l’atletica qualche medaglia la vince“, e con questo dimostrando quanto poco tenesse (e tenga) alle sorti di questo sport e quanto invece alla sopravvivenza politica di chi lo guida. Perchè?
Senza dimenticare tutte le reprimende successive ai diversi disastri come Pechino ’15, Rio ’16, Londra ’17 dove ha pure rincarato la dose invocando giri di vite che poi di fatto non ci sono mai stati. Per fortuna dopo Berlino ’18 ha preferito non dir più nulla: meglio evitare di parlare ancora una volta al vento. Ora, delle due, l’una: o Giomi & C. hanno fatto sì col capo e poi non se lo solo filato continuando imperterriti per la loro strada (e continuando ad inanellare disastri), o fa parte tutto di una commedia delle parti ad uso e consumo dei media. Dopo Berlino l’unico a parlare, e dopo oltre un mese dai “fatti” è stato infatti proprio Giomi, sostenendo pure di essere in piena sintonia con Malagò. Nessuna reazione di Malagò. Ma ci sono stati segnali di insofferenza, che abbiamo comunque percepito (il silenzio protratto è il primo indizio).
Che poi sembra che molti abbiano la memoria corta, e i giornali sportivi (che dal CONI e dalle Federazioni traggono le loro informazioni, ovvero la materia prima per scrivere) certo non ci risulta siano andati a chiedere a Malagò conto delle diverse dichiarazioni post-disastri, e così il periodo più buio dell’atletica italiana ha continuato come se nulla fosse senza vere sterzate, idee, progetti, rivoluzioni. Ancora pochi giorni prima degli Europei di Berlino Giomi sventolava, dopo 6 anni di mancati risultati, il successo del decentramento millantando le medaglie ai campionati giovanili (e forse anche ai Giochi del Mediterraneo) quando l’anno prima (dopo il tonfo di Londra) Malagò aveva chiesto di smetterla di finanziare a pioggia troppi allenatori (qui l’articolo della Gazzetta).
L’organo di governo dello sport avrebbe dovuto invece guidare il cambiamento politico-gestionale, e invece è stato a guardare.
Ebbene, Cui prodest? A chi giova che l’atletica rimanga in questa stagnazione, se tutto va a rotoli? A chi giova, se non esistono scenari positivi e circoli virtuosi all’orizzonte e se ci si affida sempre a soggetti che avevano già scritto la storia decadi fa e cui forse sarebbe il caso di lasciare alle loro incombenze private piuttosto che trasformarli sistematicamente nei nuovi traghettatori (di fatto dei simulacri)?
Esistono evidentemente dinamiche su altri piani verticali che non conosciamo e che, deduttivamente, sono ritenute più importanti (della salvezza di uno sport) dai rispettivi attori, e i nomi li conoscete.
Ora però lo scenario potrebbe essere finalmente stravolto: il più grande strumento di controllo in mano al CONI, ovvero i 410 milioni di euro concessi dallo Stato annualmente, svaniranno, lasciando le briciole di 40 milioni per la preparazione olimpica. La riforma partirebbe nel 2020, purtroppo, ma ci si accontenta.
I denari verranno concessi alle Federazioni non più dal Coni, ma dallo Stato, e qui finalmente e giustamente, la gestione del denaro pubblico ritornerebbe nelle mani dei rappresentati del popolo. E gli errori, e le loro conseguenze (come elargire milioni di euro ad una federazione sportiva che magari li ha sperperati) diventerebbero motivo di confronto politico ed elettorale.
Questo è il tema: se io elettore vedrò che lo Stato (tramite la nuova società partecipata) concederà denaro pubblico a dei buchi neri (come certe federazioni) che non produrranno nulla dal punto di vista dei risultati e del ritorno sociale della loro attività, potrò protestare e saprò con chi prendermela e come reagire, ovvero non voterò gli esponenti politici di quel governo o di quelle parti politiche. E io Stato, di fronte alla mala gestione del bene pubblico, sarò costretto a rispondere a quelle stesse logiche di trasparenza, efficacia, coerenza a pena della mia credibilità (e rielezione). Almeno, in un mondo perfetto e in una democrazia sana. La stessa cosa non poteva accadere con le Federazioni, ermeticamente chiuse su sè stesse, plasmate su regole elettorali che favoriscono il permanere dello Status Quo, e sorde alle critiche e alle rimostranze (tanto che le eventuali critiche sono anche passibili di procedimenti giudiziari sportivi, pensate un pò).
Ci siamo dilungati, ma il tema deve interessare a tutti gli sportivi: lo sport italiano sopravvive non esclusivamente grazie al Coni e ai suoi sforzi (sul Corriere dello Sport si timbravano i successi degli ultimi 20 anni quasi come se dietro a tutto avesse operato il Comitato Olimpico Nazionale come giocatore unico…), come ci vogliono far credere, ma più strumentalmente al fatto che la presenza dei gruppi sportivi militari garantisce agli sport di nicchia di essere competitivi a livello mondiale e di vincere medaglie olimpiche.
Laddove inizia ad esserci professionismo, lo sport italiano sparisce. Così è successo all’atletica: finchè gli stipendi statali erano competitivi con un mondo sportivo mediamente povero, la stessa atletica riusciva ad competitiva a livello mondiale. Quando i soldi hanno iniziato a circolare, all’inizio del XXI secolo, l’Italia è stata cancellata dagli scenari internazionali probabilmente ben oltre i propri demeriti costringendola a sperare negli exploit una tantum.
Quando poi sono finiti anche gli exploit che avevano consentito di sopravvivere nella prima decade del XXI secolo, ci siamo ritrovati con in mano un bel pugno di mosche e la speranza indefessa di futuri exploit che per la Legge dei grandi numeri, con un pò di fortuna e bravura, potrebbero ancora arrivare.

Hanno fatto troppo schifo quando si sono impossessati del potere ed ora gli saranno tolti il potere e sopratutto i danari.

Gutta cavat saxo!

Anna Vicecomitibus docet.


« Ultima modifica: Novembre 03, 2018, 22:49:37 pm da VENDETTA »