Autore Topic: CONI E GIUSTIZIA ORDINARIA  (Letto 4264 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

Offline VENDETTA

  • Staff Redazione
  • Azzurro
  • *
  • Post: 2034
CONI E GIUSTIZIA ORDINARIA
« il: Maggio 03, 2012, 07:51:06 am »
http://lariserva.forumcommunity.net/?t=50127127

Quel maledetto 13 al Totocalcio

Un commerciante ambulante di Martina Franca (Taranto) potrà riscuotere una vincita al Totocalcio dopo 30 anni. All'epoca un miliardo di lire, oggi due milioni e 344mila euro. Lo ha stabilito il Tribunale civile di Roma, dopo un'infinita serie di processi. L'uomo, Martino Scialpi, di 59 anni, è stato scagionato dall'accusa di truffa: aver rubato il bollino che si incollava sulla schedina per convalidarela. Ma il Coni: "Provvedimento provvisorio".
La vicenda inizia il 1° novembre del 1981 quando Martino Scialpi realizzò un 13 al Totocalcio da poco più di un miliardo di lire. Ma da quel momento iniziò il calvario: la titolare della ricevitoria in cui fu effettuata la giocata smarrì la matrice della schedina e lui fu accusato di furto, truffa aggravata, falsità materiale e violenza privata. Cioè di aver rubato con la forza il bollino che allora si incollava sulla schedina per dimostrare la giocata alla ricevitoria.

Così è cominciata una lunghissima battaglia contro il Coni dentro e fuori dalle aule dei tribunali che si è conclusa dopo ben 30 anni. L'imbroglio non è stato suo ma del Coni. Il giudice Alfredo Matteo Sacco ha disposto una ingiunzione di pagamento di due milioni e 344mila euro nei confronti del Coni, che dovrà provvedere immediatamente.

Scialpi nel frattempo ha avuto la vita stravolta, un "calvario devastante" dice. Per seguire la vicenda giudiziaria con le mille udienze civili e penali ha perso il lavoro. "Ho perso la pace e la famiglia. Ho trascorso più tempo in tribunale che altrove. E l’ho pagata. Ci ho rimesso la famiglia" dice a La Stampa. Oggi il commerciante è separato dalla sua prima moglie, ha una nuova compagna e tre figli. Dopo 30 anni quasi non ci crede e aspetta a festeggiare: "Quei soldi voglio vederli davvero". La sua felicità si mescola alla rabbia di avere ottenuto giustizia dopo così tanto tempo. Il su avvocato, Donato Muschio, intende chiedere anche danni per 13 milioni di euro.

Ma il Coni non ci sta. La società fa sapere con una nota che si tratta di "un provvedimento provvisorio, in attesa che si tenga, tra pochi giorni, l'udienza di trattazione dell'istanza con cui il Coni ne ha chiesto la revoca. Il signor Scialpi - precisa il Coni - è sempre uscito soccombente da tutte le cause intentate al Coni negli ultimi 30 anni. Pretese analoghe a quelle attuali sono state già respinte dal Tribunale di Roma nel 1983 e dalla Corte d'appello di Roma nel 1985, con sentenza passata in giudicato. Avverso tale pronuncia il signor Scialpi ha proposto ben tre domande di revocazione, tutte respinte dalla Corte di Appello di Roma, con sentenze confermate dalla Cassazione (da ultimo nel gennaio 2012)". La battaglia, quindi, non sembra ancora finita.

Il CONI e le ederazioni per vincere si sono create un sistema particolare di giustizia interna composta

da ex dipendenti o da consulenti o da appartenenti alla giustizia amministrativa di grado superiore retribuiti dallo

stesso Coni e dalle federazioni.

Fortunatamente esiste la giustizia ordinaria che per quanto lenta arriva.

Inizino a preoccuparsi lor Signori perchè arriveranno la magistratura e la giustizia prima o poi.

Offline VENDETTA

  • Staff Redazione
  • Azzurro
  • *
  • Post: 2034
Re:CONI E GIUSTIZIA ORDINARIA
« Risposta #1 il: Novembre 04, 2012, 19:21:12 pm »
Atto Camera

Interrogazione a risposta orale 3-02579
presentata da
LUDOVICO VICO
mercoledì 31 ottobre 2012, seduta n.712

VICO. -
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze.
- Per sapere - premesso che:

il signor Martino Scialpi, nato a Martina Franca (Taranto) il 13 ottobre 1951, e ivi residente, in data 29 ottobre 1981 effettuava presso la ricevitoria del Totocalcio n. 9147 in Ginosa (Taranto) la giocata di una schedina del concorso pronostico del 1o novembre 1981, munito del bollino CONI figlia 625/A doppia 77494, che totalizzava all'esito dei risultati calcistici, 13 punti, con conseguenziale vincita di lire 1.003.092.000;

il CONI rigettava il reclamo, presentato nei termini regolamentari da Martino Scialpi, adducendo di non aver mai ricevuto la matrice della predetta schedina, senza mai fornire neanche dinanzi all'autorità giudiziaria alcun verbale della commissione di zona del Totocalcio di Bari, che accertasse il mancato rinvenimento;

la ricevitrice Maria Luisa Taiana, dopo la presentazione, in data 7 novembre 1981, sette giorni dopo la giocata vincente, inviava relazione «per bollini mancanti» sostenendo lo smarrimento del tagliando 625 SA 77494 e in pari data provvedeva a sbarrare la predetta dichiarazione con timbro CONI, sostituendola con altra con la quale sosteneva la «sottrazione del predetto bollino ad opera di terzi», dichiarando successivamente presso la polizia giudiziaria - carabinieri della procura della Repubblica di Taranto che quest'ultima dichiarazione gli era stata così suggerita da funzionari del CONI;

il CONI, con lettera del 19 novembre 1981, mai prodotta ed allegata alla ministeriali, chiedeva al Ministero delle finanze di svolgere indagini in ordine alla presunta vincita dello Scialpi e, a seguito del rapporto di P.G. della Guardia di finanza fu instaurato, presso la procura della Repubblica presso il tribunale di Taranto, procedimento penale a carico del signor Martino Scialpi, al quale venivano contestati i presunti reati di truffa, furto aggravato e falso ai danni dello Stato, perché si sosteneva la sottrazione del bollino vincente, da parte dello Scialpi presso il ricevitore e di aver compilato successivamente la schedina vincente non appena conosciuti i risultati dai campi di calcio;

con sentenza - ordinanza istruttoria, lo Martino Scialpi, per tutti i reati a su tempo ascrittigli, fu assolto con la formula più ampia «perché il fatto non sussiste», dopo aver verificato il tribunale penale di Taranto la regolarità della schedina vincente;

la predetta assoluzione del signor Martino Scialpi, peraltro mai impugnata e, pertanto, passata in giudicato, acclarava in maniera definitiva la regolarità della giocata dello Martino Scialpi, tanto che allo Scialpi, quale legittimo proprietario veniva restituita la schedina, a suo tempo sequestrata, perché potesse essere onorata di pagamento da parte del CONI;

stranamente nonostante la più ampia assoluzione di Martino Scialpi «perché il fatto non sussiste», gli atti non venivano rimessi alla competente procura della Repubblica per eventuali contestazioni nei confronti delle parti civili costituite per il reato di calunnia;

il CONI anziché provvedere la pagamento della vincita, nelle ulteriori fasi processuali civile e penali escludeva la sua mancanza di responsabilità extracontrattuale addossando ogni responsabilità a carico della ricevitrice e, alle contestazioni dello Scialpi di irregolarità nella concessione della ricevitoria alla signora Maria Luisa Taiana, il CONI escludeva ogni responsabilità, anche dei suoi funzionari depositando, a riprova di quanto sostenuto, documentazione, impostando nuove strategie difensive per evitare in maniera fraudolente il pagamento;

il signor Martino Scialpi, sicuro delle irregolarità commesse dal Totocalcio sede di Bari nella concessione della ricevitoria, rivenienti dalla sentenza di assoluzione penale, da parte del tribunale di Taranto, inoltrava in data 5 marzo 1999, denuncia alla procura della Repubblica presso il tribunale di Taranto, poi trasmessa per competenza alla procura della Repubblica presso il tribunale di Bari;

a seguito del suddetto esposto, veniva instaurato procedimento penale a carico di due funzionari del CONI, presso la procura della Repubblica presso il tribunale di Bari n. 1900/99 R.G.N.P.R. e n. 11201/99 giudice delle indagini preliminari, con imputazione del presunto reato di falso per aver gli stessi falsificato documenti afferenti il procedimento amministrativo di rilascio della concessione alla ricevitrice Maria Luisa Taiana;

nel predetto processo, il pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale di Bari disponeva l'espletamento dell'incidente probatorio, ritualmente espletato in contraddittorio fra le parti, volto a verificare l'autenticità della «dichiarazione di voltura intestazione licenza» datata 5 agosto 1981, a firma del precedente ricevitore e Maria Luisa Taiana quale subentrante e, del «passaggio materiale in consegna e dichiarazione impegnativa», a firma dei medesimi, priva di data;

disposte ed eseguite due perizie, una grafologica e l'altra merceologica, premesso l'accertamento della autenticità della sottoscrizione della Taiana apposta sulla dichiarazione del 5 agosto 1981, i periti concludevano che il documento posto a base della regolarità amministrativa dell'autorizzazione rilasciata alla Taiana per l'esercizio della ricevitoria Totocalcio di Ginosa n. 9147, portante la data del 5 agosto 1981 è manifestamente falso perché:

a) le firme apposte dalla persona che si assume essere il cedente della ricevitoria sul documento datato 5 agosto 1981, denominato «compromesso» e sul documento «passaggio materiale di consegna» privo di data, non sono autografe;

b) la firma della Taiana posta sul documento del 5 agosto 1981, era autentica;

c) i medesimi documenti, in verifica sono stati redatti in un tempo più prossimo al 1991 che al 1982 e quindi necessariamente non compatibile con una datazione da far risalire all'agosto 1981;

i risultati dell'espletato incidente probatorio, prova penale inconfutabile, ovvero fatto accertato con il criterio e la garanzia della fase predibattimentale in contraddittorio delle parti, ha indotto il signor Martino Scialpi ad inoltrare presso la corte d'appello di Roma atto per revocazione ex articolo 395, 2 e 3 codice di procedura civile, della precedente sentenza resa dalla corte d'appello di Roma, che aveva dichiarato lo Scialpi soccombente non avendo la corte ravvisato alcuna responsabilità del CONI nella concessione dell'autorizzazione alla gestione, in capo alla Taiana e conclusosi tale procedimento, con il rigetto della domanda, non rientrante nei casi previsti dall'articolo 395 numeri 2 e 3 codice di procedura civile;

Martino Scialpi notificava atto di citazione in data 30 novembre 2009, dinanzi al tribunale civile di Roma, convenendo in giudizio il CONI, i signori Mario Bernacchia, Rocco De Vivo, Leonardo Zauli, Mario Pescante, Raffaele Pagnozzi, quali funzionari dell'ente CONI, la ricevitrice, Maria Luisa Taiana e il Ministero dell'economia e delle finanze per sentirli condannare, in solido tra loro al risarcimento di tutti i danni subiti e quantificati nella misura di euro 10.000.000 circa, per comportamenti illeciti perpetrati dal CONI e dai suoi funzionari sin dal 1981 nonché il Ministero dell'economia e delle finanze per non aver vigilato sul comportamento dell'ente CONI, nonostante fosse stato portato a conoscenza dei vari illeciti perpetrati;

nel predetto procedimento dinanzi al tribunale ordinario di Roma, XII sezione civile n. 86178/09 R.G., G.U. dottoressa Assunta Canonaco, avendo il CONI e l'altro convenuto ex funzionario Mario Bernacchia depositato gli stessi documenti, già accertati falsi nel sopra indicato incidente probatorio, dinanzi al tribunale penale di Bari Martino Scialpi depositava querela di falso in via incidentale per l'accertamento definitivo della falsità dei documenti posti a base dell'autorizzazione alla gestione della ricevitoria n. 9147;

il G.U. dottoressa Assunta Canonaco del tribunale di Roma, pur ritenendo rilevanti i documenti ai fini della decisione della causa non autorizzava la presentazione della querela di falso in via incidentale e non provvedeva alla sospensione del giudizio, essendo stata presentata, da parte di Martino Scialpi anche querela di falso in via principale, dinanzi allo stesso tribunale di Roma, che perveniva per competenza, ai fini della riunione e sospensione del processo principale, dinanzi alla stessa dottoressa Assunta Canonaco del tribunale di Roma, che decideva nel merito, rigettando la domanda dello Martino Scialpi;

alla suddetta sentenza n. 10331/12 resa dal tribunale di Roma nei prossimi giorni sarà notificato atto di appello da parte di Martino Scialpi;

oramai è inconfutabilmente scaturito che, in data 29 ottobre 1981, quando lo Scialpi effettuò la sua scommessa presso la ricevitoria di fatto gestita dalla Maria Luisa Taiana, la stessa in tale periodo non era in possesso del titolo abilitante la gestione del Totocalcio, titolo del quale non era munito neanche il cessionario della licenza che, in data 9 settembre 1981, aveva cessato l'esercizio pubblico di bar con decorrenza 1o settembre 1981;

pertanto, è gioco forza concludere che il CONI, alla data del 29 ottobre 1981, rientrante in un lasso di tempo dal 24 ottobre 1981 al 17 dicembre 1981, che ha determinato di fatto e di diritto un «vuoto amministrativo», si è sicuramente e consapevolmente avvalso di una ricevitoria gestita da persona priva della prescritta licenza - autorizzazione, con la conseguenza che la regolare giocata dello Scialpi si può ritenere senza ombra di dubbio effettuata direttamente sotto la piena ed esclusiva responsabilità del CONI, nella fattispecie del CONI. Sede di zona di Bari competente per territorio, che dovrà rispondere, di conseguenza anche di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 codice civile oltre che di responsabilità contrattuale;

il signor Martino Scialpi notificava inoltre atto di citazione, con richiesta di ingiunzione di pagamento ai sensi dell'articolo 186-ter codice di procedura civile nei confronti del CONI dinnanzi al tribunale di Roma, II sezione civile, per il pagamento della somma vinta al concorso n. 11 del 1o novembre 1981, portante il n. 18268/11 R.G., G.U. dottor Alfredo Matteo Sacco;

il G.U. Alfredo Matteo Sacco, con ordinanza del 9 febbraio 2012 ordinava al CONI il pagamento della complessiva somma di euro 2.343.000,00 oltre accessori, provvedimento non impugnabile, né appellabile ma revocabile dallo stesso giudice;

nella stessa data del 9 febbraio 2012, il dottor Sacco veniva sostituito da altro magistrato, dottor Lorenzo Pontecovo, che a distanza di pochi giorni 14 marzo 2012, sempre si istanza CONI, provvedeva a revocare la predetta ingiunzione di pagamento;

il predetto giudizio è attualmente pendente;

anche in virtù della predetta ordinanza di pagamento il signor Martino Scialpi inoltrava al CONI e al Ministero dell'economia e delle finanze diffida ad adempiere, ai sensi dell'articolo 1454 codice civile, senza alcun riscontro;

il Ministero dell'economia e delle finanze, che aveva obbligo di vigilanza del gioco Totocalcio, non ha stigmatizzato il comportamento del CONI nella vicenda Scialpi, come attestato nelle note del 18 novembre 1988 del 19 marzo 1990, del 6 giugno 1995 del 5 novembre 1995, in cui in risposta ad interrogazioni parlamentari ha continuato a rappresentare una realtà diversa da quella accertata definitivamente e non ha fornito alcun riscontro alle diffide di adempimento di cui all'articolo 1454 codice civile, inoltrate dallo stesso Scialpi;

sia il Ministero dell'economia e delle finanze che il Ministero dello sport, turismo, spettacoli e beni culturali, sin dai primi anni della vicenda che ha coinvolto il signor Martino Scialpi nei confronti del CONI, nelle annose liti giudiziarie, erano a conoscenza della regolarità della giocata da parte del signor Martino Scialpi, a seguito della piena assoluzione dello Scialpi in sede penale, limitandosi a fornire alle precedenti proposte interrogazioni parlamentari risposte basate non su accertamenti seri e concreti, ma assecondando il comportamento dell'ente CONI senza intervenire perché fosse eseguito l'adempimento della prestazione del pagamento in favore del signor Martino Scialpi;

tutta la vicenda ed in particolare l'accertata falsità della documentazione di affidamento della ricevitoria, è stata portata a conoscenza anche da varie missive inviate dal difensore del signor Martino Scialpi, ai Ministeri innanzi indicati, tenuti per legge alla vigilanza del gioco del Totocalcio gestito dal CONI e nonostante quest'ultimo coinvolgimento il Ministero dell'economia e delle finanze, in riscontro alle predette missive si è limitato a comunicare «che ai sensi dell'articolo 2 del decreto interdirigenziale 31 ottobre 2002, l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato svolge direttamente tutte le attività di organizzazione ed esercizio dei giochi... a decorrere dal 1o luglio 2003», tacendo sull'obbligo di vigilanza imposto dalla legge;

a nulla sono valse le varie istanze inoltrate dal signor Martino Scialpi anche al Ministero della giustizia e per quanto avvenuto processualmente;

di tale vicenda è stata informata la stampa locale e nazionale nonché la televisione a livello nazionale, perché è inconcepibile ed inaccettabile la circostanza per cui una giocata, regolarmente effettuata sin dal 1981, e riconosciuta tale in data 10 febbraio 1987, dalla Magistratura Italiana, ad oggi non sia stata ancora pagata dal CONI che, invece, si è prodigato per sottrarsi alla sua responsabilità civile e penale, facendo uso di documentazione falsa contro lo Scialpi nelle varie sedi giudiziarie, ministeriali e parlamentari, nell'assoluta indifferenza dei vari Ministri anche preposti alla vigilanza;

a questo punto, ritenuta palese la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del CONI, se il Ministero dell'economia e delle finanze e il CONI intendono finalmente porre termine a questa interminabile odissea giudiziaria, trasformatasi in un calvario del signor Martino Scialpi, pagandogli la sua vincita regolarmente giocata e riconosciuta e chiedendo al Ministero della giustizia di indagare su quanto è accaduto presso il tribunale di Roma e la procura della Repubblica di Taranto in danno del signor Martino Scialpi -:

a questo punto, essendo ad avviso dell'interrogante palese la responsabilità extracontrattuale del CONI, se il Governo, il Ministero dell'economia e delle finanze e il CONI intendono finalmente porre termine a questa interminabile odissea giudiziaria, trasformatasi in un calvario anche personale, del signor Martino Scialpi, pagandogli la sua vincita regolarmente giocata e riconosciuta.(3-02579)


Il Sig. ROCCO DE VIVO non era l'ex segretario generale dell'UITS gia condannato per danno erariale dalla Corte dei Conti?
« Ultima modifica: Novembre 04, 2012, 19:22:46 pm da VENDETTA »

Offline diamante

  • Utente Certificato
  • Azzurro
  • *
  • Post: 2685
Re:CONI E GIUSTIZIA ORDINARIA
« Risposta #2 il: Agosto 19, 2014, 15:24:20 pm »
http://www.noinotizie.it/30-07-2014/martina-franca-il-tredici-miliardario-negato-33-anni-fa-si-avvicina-la-verita-ma-i-soldi/

Martina Franca: il tredici miliardario negato 33 anni fa, “si avvicina la verità”. Ma i soldi?
30 luglio 2014 | Rubrica: Archivio, Comunicati, Cronaca Tag: Martina Franca
Di seguito un comunicato diffuso dai rappresentanti di Martino Scialpi:
Non è ancora arrivato il giorno in cui il sig. Martino Scialpi, che ha realizzato un 13 al totocalcio nel 1981 e mai pagato dal CONI, potrà finalmente incassare la sua vincita, ma si avvicina il momento della verità per tutti coloro che hanno costruito prove false ed accuse, anche gravi, infondate per oltre 33 anni, pur di non pagare una vincita regolare, come dichiarato da una sentenza passata in giudicato del Tribunale di Taranto.
Il Collegio del Tribunale di Roma, nell’udienza del 10 marzo 2014, aveva imposto al CONI di presentare entro il 29 aprile 2014 i verbali della Commissione di Zona di Bari delle giocate del 1° novembre 1981, per controllare spoglio, bollini e matrici, nonché il rapporto inviato dalla Commissione di Zona di Bari alla Commissione Centrale di controllo di Roma e tutti i relativi documenti rispetto alla giocata, così come richiesto dalla difesa di Scialpi e riportata a pagina 13 del reclamo.
Il CONI non li ha presentati e il Collegio invece di disporne il sequestro ha emesso un’ordinanza anomala con cui invita il sig. Scialpi a presentare una richiesta di sequestro nei vari giudizi civili attualmente pendenti presso il Tribunale di Roma e nel contempo d’ufficio ha ordinato alla cancelleria competente di trasmettere l’intero fascicolo del reclamo alla Procura Penale del Tribunale di Roma.
L’ordinanza è stata sofferta osservando le date di formulazione e pubblicazione.
L’udienza per la presentazione dei verbali si è svolta il 5 maggio 2014. La decisione del Collegio è stata presa il 4 giugno 2014. La pubblicazione è avvenuta il 16 luglio 2014. Eppure la decisione non doveva essere tanto delicata da prendere: ad una richiesta della Giustizia non ottemperata doveva, a rigor di logica, scattare l’azione coatta di quei verbali, per dare finalmente giustizia al sig. Scialpi, dopo 34 anni di processi subiti e di prove false a suo carico costruite. Il Collegio, invece, ha impiegato 30 giorni per decidere il da farsi e un mese e 12 giorni per mettere al corrente il sig. Scialpi della decisione presa. Mentre si avvicina inesorabile la chiusura dei Tribunali per ferie.
Questa la sentenza:
“Tanto nel ricorso originario, quanto nell’atto di reclamo, si attribuiscono ai soggetti pubblici resistenti nelle persone dei rispettivi funzionari (condotte gravemente illecite) in relazioni alla quali la stessa difesa di Scialpi Martino, nelle note integrative del verbale di udienza del 5 maggio 2014, ha richiesto la trasmissioni degli atti processuali alla Procura della Repubblica costituita presso il Tribunale Ordinario di Roma che la richiesta trasmissione degli atti appare doverosa poiché la gravità delle accuse in quella sede formulate impone un approfondito accertamento delle eventuali responsabilità penali nei confronti dei funzionari pubblici eventuali autori delle ipotizzate condotte”.
Al punto 3 della motivazione della sentenza si legge: in relazione a quanto rilevato in parte motiva, la cancelleria trasmetta gli atti alla Procura della Repubblica costituita presso il Tribunale Ordinario di Roma.
Il merito della decisione ha suscitato nel sig. Scialpi e nel suo legale, l’avv. del Foro di Taranto Guglielmo Boccia, altrettante perplessità:
“Siccome è stato spiegato e approvato che quei verbali sarebbero serviti per chiudere una vicenda giudiziaria riconosciuta dai vari Tribunali come pretestuosa per non pagare, perché il Collegio non ne ha disposto immediatamente il sequestro dandomi finalmente giustizia?”: questa la domanda che assilla nuovamente il sig. Scialpi.
“Sulla scorta della mancata produzione di questi documenti” continua il sig. Scialpi, “il CONI, il Ministero e la CONI Servizi ingannano tutti i giudici da 34 anni rappresentando false verità e con l’onore della prova invertito”. Per questo lo scorso 29 giugno 2014 il sig. Scialpi ha depositato una denuncia-querela presso le Procure della Repubblica dei Tribunali di Roma, Bari e Taranto, la Procura Generale presso la Corte d’Apello di Perugia, di Salerno e di Lecce, la Corte di Cassazione e il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), per “un rigoroso approfondimento di eventuali responsabilità penali nei confronti di funzionari pubblici eventuali autori di ipotizzate condotte”.
Spiega nel dettaglio quello che è successo con questa sentenza l’avvocato di Martino Scialpi, Guglielmo Boccia:
“Sinceramente dalla sentenza del Collegio ci aspettavamo altro: da un lato il sequestro di quei verbali e dall’altro il trasferimento dell’intero fascicolo alla Procura Penale per le attività e le condotte delittuose portata avanti dagli alti vertici del Coni attraverso i propri procuratori legali e dal Ministero delle finanze, che avrebbero dovuto controllare l’operato del Coni così come previsto dal Regolamento. Il Collegio con questa ordinanza si è lavato la mani, perché da un lato ordina alla cancelleria competente di trasmettere l’intero fascicolo alla Procura Penale perché, recita testualmente l’ordinanza, “la gravità delle accuse impone un approfondito accertamento delle eventuali responsabilità penale nei confronti dei funzionari pubblici”. Quindi, se da un lato il Collegio dà ragione alla nostra difesa perché ha ipotizzato condotte delittuose che hanno contribuito alla vicenda annosa del sig. Scialpi, dall’altro non dispone il sequestro dei verbali. E la vicenda diventa ancora più assurda se si considera che era stato lo stesso Collegio a marzo 2014 a chiedere espressamente al Coni di esibire i suddetti verbali. Ma su questa inottemperanza ad una disposizione del Collegio, e quindi sulla mancata presentazione di quei verbali da parte del Coni, l’ordinanza collegiale  nulla dice se non che quei verbali devono essere richiesti in ciascuno dei giudizi pendenti presso il tribunale di Roma”.
Sorpreso per l’esito del Collegio, l’avv. Boccia continua:
“Questa è un’omissione grave che mi induce a pensare male e mi viene in mente Andreotti ed al suo detto “a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina”. È una sentenza che cammina su due binari: da una parte il trasferimento del fascicolo alla Procura Penale e dall’altra il mancato sequestro che era d’obbligo visto l’inottemperanza del CONI. Procederemo a questo punto a presentare le istanze di sequestro in ciascuno dei giudizi pendenti presso il Tribunale di Roma, così come disposto da questa sentenza, e vedremo se non accederemo a quei verbali forti di questa disposizione. Faremo, quindi, un’azione che si sarebbe dovuta compiere parecchio tempo fa, quando questa storia è cominciata, ma chi mi ha preceduto come legale di Scialpi non lo ha fatto ed ora, dopo aver richiesto il sequestro ed ottenuto questa sentenza, siamo costretti a fare il doppio del lavoro per presentare in ciascun giudizio pendente questa richiesta di sequestro. Perché non sia stata fatta dagli altri legali di Scialpi? Non so, lo si dovrebbe chiedere a loro perché io sto cercando di condurre sul corretto binario un treno in corsa”.
“ Siamo fiduciosi” conclude l’avv. Boccia, “lo siamo sempre stati e continueremo ad esserlo. Ci attendiamo serietà e giustizia e che questa macchina ingolfata da prove false e da rinvii possa finalmente terminare ed il sig. Scialpi incassare la sua vincita”.
 
In sostanza, giustizia ancora non c’è per il sig. Scialpi. La richiesta di verificare il comportamento di ciascun Tribunale in questa vicenda farà perdere altro tempo nell’emissione di pagamento della vincita del tredicista, senza che al momento ci siano responsabilità da parte di alcuno.


Offline diamante

  • Utente Certificato
  • Azzurro
  • *
  • Post: 2685
Re:CONI E GIUSTIZIA ORDINARIA
« Risposta #3 il: Marzo 03, 2016, 15:29:51 pm »
http://lariserva.forumcommunity.net/?t=50127127


Il CONI e le ederazioni per vincere si sono create un sistema particolare di giustizia interna composta

da ex dipendenti o da consulenti o da appartenenti alla giustizia amministrativa di grado superiore retribuiti dallo

stesso Coni e dalle federazioni.

Fortunatamente esiste la giustizia ordinaria che per quanto lenta arriva.

Inizino a preoccuparsi lor Signori perchè arriveranno la magistratura e la giustizia prima o poi.


http://notizie.tiscali.it/feeds/Fece-13-da-un-miliardo-al-Totocalcio-nel-1981-ma-non-gli-pagarono-mai-la-vincita-36-indagati-per-abuso-dufficio-00001/
 
Fece 13 da un miliardo al Totocalcio nel 1981, ma non gli pagarono mai la vincita: 36 indagati per abuso d'ufficio

 
 
Il Ministero delle Finanze e il Coni si sono sempre rifiutati di pagare perché sostengono che la matrice del tagliando non sia mai arrivata all'archivio
 
 
 
Fece 13 da un miliardo al Totocalcio nel 1981, ma non gli pagarono mai la vincita: 36 indagati per abuso d'ufficio
 
 
 
di Ansa
 
Ci sono 36 indagati per abuso d'ufficio per l'infinita vicenda giudiziaria della mancata corresponsione della vincita per un 13 da circa un miliardo di lire realizzato il primo novembre del 1981 da Martino Scialpi, commerciante ambulante di Martina Franca (Taranto). Il gip del Tribunale di Potenza, Michela Tiziana Petrocelli, dopo aver accolto l'opposizione della parte offesa alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, ha fissato l'udienza camerale per il 6 aprire per discutere sul da farsi.
 
Tra i 36 indagati vi sono i vari presidenti del Coni che si sono succeduti in oltre 30 anni di cause, 11 magistrati dei tribunali di Taranto, Bari e Roma, ufficiali della Guardia Finanza, un dirigente dell'Azienda Monopoli di Stato e alcuni avvocati del foro di Roma, di Taranto e dell'Avvocatura dello Stato. La vicenda penale è approdata a Potenza perché la sede giudiziaria competente ad indagare su vicende che riguardano magistrati in servizio presso il distretto della Corte di appello di Lecce, al quale Taranto appartiene.

Offline diamante

  • Utente Certificato
  • Azzurro
  • *
  • Post: 2685
Re:CONI E GIUSTIZIA ORDINARIA
« Risposta #4 il: Marzo 10, 2016, 13:58:02 pm »
http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/03/10/news/la-star-del-beach-volley-Greta-Cicolari-batte-il-coni-in-tribunale-1.253557?refresh_ce

La star del beach volley Cicolari batte il Coni in Tribunale: "La rivincita? Le Olimpiadi di Rio"
La campionessa Greta Cicolari torna in campo dopo tre anni di stop imposto dalla giustizia sportiva. Il Tar del Lazio le ha dato ragione perché «il suo processo non aveva rispettato le regole del diritto sportivo». E adesso punta ai Giochi della prossima estate
di Gloria Riva
10 marzo 2016

Greta Cicolari Nella sua vita Greta Cicolari ha perso tanto, quasi tutto quello che più amava. Ma alla fine ha vinto lei. E' la più forte pallavolista di beach volley d'Italia, ma ha dovuto smettere di giocare sulla sabbia con la maglia della Nazionale per tre anni e nel frattempo un bel pezzo della sua carriera è andato a farsi benedire, frantumato dal martello di un processo sportivo che si è abbattuto su di lei proprio quando era all'apice. Ieri il Tar del Lazio le ha dato ragione, dicendo che il suo procedimento era stato condotto contrariamente alle regole del diritto. E la prossima estate, se tutto andrà per il verso giusto, potrebbe prendere un aereo per Rio e partecipare alle Olimpiadi, infilandosi la maglia azzurra.

Della sua storia , poco sportiva e molto giudiziaria, vi avevamo parlato nel 2014 quando l'Alta Corte del Coni aveva confermato la sua sospensione per aver parlato male del suo ex allenatore e della Fipav, la Federazione italiana di pallavolo, paragonata in un'intervista addirittura alla mafia. La campionessa però si era difesa dicendo che si era trattato di un errore e che quelle parole non le aveva mai dette. Pene così severe, una sospensione complessiva di quasi tre anni, vengono inflitte solo in casi gravissimi, ad esempio a chi viene beccato positivo al doping. Finché non si è arrivati alla giustizia extra sportiva, il tribunale amministrativo del Lazio, che si è espresso sul ricorso presentato dalla Cicolari nel 2014.

Greta Cicolari, campionessa sospesa  "Ma io non mi arrendo"
Dal 2009 è la fuoriclasse italiana del beach volley in Italia. Ma ora è fuori gioco per colpa di un procedimento disciplinare confermato da una sentenza dell'Alta Corte del Coni. Retroscena e spiegazioni nella vicenda giudiziaria dell'atleta

«Il Tar mi ha dato ragione, non sussistono i fatti contestati e la sanzione è stata sproporzionata», dice Greta Cicolari, che ricorda l'allontanamento dalla Federazione nel 25 settembre 2013, la conseguente rescissione del contratto, la prima squalifica del 14 novembre 2013, poi un'altra. In questi tre anni la pallavolista non si è scoraggiata. Parallelamente a una battaglia legale, ha condotto una battaglia sportiva, decidendo di gareggiare privatamente: ha battuto le giocatrici della Nazionale ed è attualmente la campionessa in carica. Ha avuto buoni piazzamenti anche ai mondiali, ma a maggio dello scorso anno ha deciso di lasciare il campo: «Non avevo molti sponsor su cui contare e quindi ho dovuto sostenere molte spese da sola. Sostanzialmente avevo finito i soldi», racconta Greta, finalmente soddisfatta dopo la prima sentenza che le ha dato ragione.

«La sanzione ha determinato un grave danno alla mia carriera sportiva e finalmente questo è stato accertato da un giudice. In particolare ho subito un grave danno d'immagine, molti sponsor mi hanno sospeso il loro appoggio in attesa di chiarimenti, qualcuno ha provato a buttare fango sul mio nome e questa sentenza mi regala un grosso sospiro di sollievo perché finalmente chiarisce quello che ho sempre sostenuto», continua la pallavolista, che adesso è pronta a tornare a giocare con gli Azzurri.

Greta ha 33 anni e per una giocatrice di beach volley si tratta del momento di maggiore profitto: «A cosa sto pensando? Alle Olimpiadi di Rio, ho tutti i numeri per poter gareggiare e vincere una medaglia d'oro, io, insieme alla Fipav e al Coni. Un bel modo per sotterrare tutta questa storia. Le gare per le qualificazioni sono in primavera e potrei parteciparvi, ma tutto dipende dalla Federazione», dice la campionessa, che lancia l'appello direttamente al presidente della Fipav, Carlo Magri: «La giustizia amministrativa ha ristabilito la verità dei fatti, e ora vorrei incontrare Magri per portare alla sua attenzione la mia storia».

Offline VENDETTA

  • Staff Redazione
  • Azzurro
  • *
  • Post: 2034
Re:CONI E GIUSTIZIA ORDINARIA
« Risposta #5 il: Marzo 10, 2016, 14:13:57 pm »
https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=2RFJ7RKIHKB7ZACK5N2QH7WLAA&q=coni
 
   
N. 03055/2016 REG.PROV.COLL.

N. 11800/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11800 del 2014, proposto da Greta Cicolari, rappresentata e difesa dagli avv. Michele Pontecorvo, Marco Bragaglia ed elettivamente domiciliata presso lo Studio Legale Pontecorvo in Roma, Via Asiago, n. 9;


contro

Coni - Comitato Olimpico Nazionale Italiano in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Gianfranco Tobia presso il cui studio in Roma, v.le G. Mazzini, n. 11 domicilia;
Fipav - Federazione Italiana Pallavolo in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Guarino presso il cui studio in Roma, Via Nibby, n. 7 domicilia;


per l'annullamento

della decisione n. 16/2014 prot. N. 00179 dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso avverso la decisione della Corte Federale FIPAV di cui al C.U. n. 2 del 20 febbraio 2014 a sua volta confermativa della sanzione di sospensione da ogni attività federale per mesi sei a carico della ricorrente e per la valutazione dei procedimento di acquisizione e di valutazione delle prove poste a base della decisione sanzionatoria federale, nonché quale atto presupposto

della decisione della Corte Federale FIPAV di cui al C.U. n. 2 del 20 febbraio 2014 con cui veniva respinto il ricorso in appello proposto dalla ricorrente;

della decisione della Corte di Appello Federale FIPAV C.U. n. 9 del 7 gennaio 2014 che rigetta l’appello e conferma la decisione impugnata

della decisione della Commissione Giudicante nazionale FIPAV del 10 ottobre 2013 con la quale si delibera di infliggere a carico della tesserata ricorrente la sospensione da ogni attività federale per mesi sei e di tutti gli altri atti nell’epigrafe del ricorso indicati oltre che per la condanna al risarcimento del danno;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Coni - Comitato Olimpico Nazionale Italiano e di Fivap - Federazione Italiana Pallavolo;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2015 la dott.ssa Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

1.Con ricorso notificato ai soggetti in epigrafe indicati in data 19 settembre 2014 e depositato il successivo 30 settembre, la ricorrente impugna gli atti con i quali, a seguito delle pronunce adottate nei diversi gradi di giudizio dalla Giustizia Sportiva, scontava sei mesi di sospensione a decorrere dal 14 novembre 2013.

2. Nel premettere che il procedimento di irrogazione della sanzione disciplinare è stato del tutto iniquo deduce l’unica articolata doglianza di errore nei presupposti di fatto e di diritto, eccesso di potere, violazione dell’art. 58, comma 2 dello Statuto FIPAV, violazione dell’art. 20, comma 2 del Regolamento giurisdizionale, violazione dell’art. 97 Cost. e degli articoli 24 e 111 Cost..

Conclude con istanza risarcitoria che quantifica complessivamente, in base alle varie poste di danno indicate in ricorso, in Euro 449.257,00 e chiede dunque l’annullamento incidentale di tutti i provvedimenti impugnati e la condanna degli Enti evocati in giudizio al pagamento del risarcimento del danno.

3. Sia il C.O.N.I. sia la F.I.P.A.V. si sono costituite in giudizio e contestando tutte le doglianze nonché l’istanza risarcitoria hanno rassegnato conclusioni opposte a quelle di parte ricorrente.

4. Il ricorso è pervenuto per la trattazione alla pubblica udienza del 17 novembre 2015 ed è stato trattenuto in decisione alla Camera di Consiglio del 9 febbraio 2016.

DIRITTO

1. In via preliminare va esaminata l’eccezione proposta dalla FIPAV – Federazione Italiana di Pallavolo che ha opposto come il ricorso sia inammissibile in base alla cd. pregiudiziale sportiva stabilita dall’art. 3 del d.l. n. 202 del 2003, tanto vero che l’Alta Corte di Giustizia sportiva ha dichiarato il ricorso, infine instato dalla ricorrente presso di essa, sostanzialmente inammissibile per incompetenza della ACGS, trattandosi di materia di diritti disponibili.

L’eccezione va respinta per due ordini di ragioni.

In primo luogo esso ha per oggetto la domanda di risarcimento del danno che è di competenza del giudice amministrativo, il quale, può incidentalmente pronunciarsi sui provvedimenti della giustizia sportiva a tali fini, senza annullarli, ma dichiarandone la illegittimità incidenter tantum ai sensi dell’art. 133, comma 1 lett. a) n. 1) e lettera z), alla stessa stregua di quanto può effettuare il giudice ordinario nei confronti dei provvedimenti amministrativi ai sensi degli articoli 4 e 5 della LAC, regolatori del rapporto tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria.

In secondo luogo, come correttamente contestato da parte ricorrente, la prospettazione della resistente è del tutto non condivisibile sol se si ponga mente che i provvedimenti impugnati hanno determinato la lesione del diritto di difesa (art.24 Cost.) che non appartiene, per precetto costituzionale, alla categoria dei diritti disponibili.

2. Il ricorso è fondato e va accolto come nel prosieguo precisato.

Esso ha per oggetto la domanda di risarcimento del danno che la ricorrente quantifica in Euro 449.257,00 secondo varie poste che saranno oltre indicate e valutate, a seguito della irrogazione della sanzione della sospensione per sei mesi da ogni attività federale, avvenuta a decorrere dal 14 novembre 2013.

La sanzione era irrogata con provvedimento della Commissione Giudicante Nazionale in data appunto 14 novembre 2013, veniva confermata dalla Commissione di Appello Federale presso la FIPAV con C.U. n. 9 del 7 gennaio 2014, su di essa veniva respinto l’appello dalla Corte Federale con C.U. n. 2 del 20 febbraio 2014 e veniva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’interessata presso l’Alta Corte di Giustizia che si pronunciava, infine, con la decisione n. 16 del 5 maggio 2014.

3. Ai fini della valutazione dell’ingiustizia del danno, come noto, al giudice amministrativo compete la valutazione incidentale dei provvedimenti sopra riportati e che la ricorrente ha lamentato essere affetti da molteplici profili di illegittimità.

I fatti su cui si sono basati le decisioni del giudice sportivo sono due:

- Per avere, in violazione dei principi informatori di lealtà e correttezza ex art. 16 dello Statuto FIPAV 19 RAT e 2 del Codice del Comportamento Sportivo del CONI aggredito verbalmente in luogo aperto al pubblico in data 10 agosto 2013 il tecnico federale V.F. apostrofandolo in modo arrogante e provocatorio e rivolgendogli fantasiose accuse millantando informazioni ricevute in ambito federale….

- Per avere, in violazione dei principi informatori di lealtà e correttezza ex art. 16 dello Statuto FIPAV 19 RAT e 2 del Codice del Comportamento Sportivo del CONI, veicolato tramite il social network Twitter frasi allusivamente offensive e denigratorie nei confronti del D.T. Squadre Nazionali Femminili di Beach Volley sig. L.D. C., apostrofato come caprone nero o uomo nero…, tweet questi ultimi che si sarebbero verificati in conversazioni via Internet avvenute con il fidanzato in date antecedenti al 26 settembre 2013.

3.1. In ordine alla prima vicenda appare condivisibile oltre che rilevante il profilo di illegittimità delle pronunce, dedotto dall’interessata, consistente nella mancata convocazione da parte del giudice come testimone della collega della ricorrente S.C. che era presente nel parcheggio della stazione di Ancona, quando in data 10 agosto 2013 la Cicolari, in compagnia appunto della stessa, incontrava il tecnico federale F.V., il quale doveva proseguire il viaggio con la ridetta collega dell’interessata. Secondo la rappresentazione della ricorrente avveniva un colloquio con il tecnico, in presenza della collega S.C. e, secondo l’esposto effettuato da quest’ultimo in data 13 agosto 2013, la ricorrente gli si rivolgeva in modo arrogante e provocatorio, millantando informazioni negative a suo riguardo, mentre la ricorrente riferisce che, sorprendendosi del lungo silenzio tra loro intercorso, nonostante il suddetto tecnico fosse a conoscenza dei gravi problemi di salute del padre, egli rimaneva freddo e distante, determinando una reazione da parte dell’interessata di stupito sconcerto.

Ora al colloquio era presente la collega S.C. che vi assisteva anche se non vi partecipava e la circostanza che la ricorrente non l’abbia evocata in giudizio come testimone è stata interpretata a suo discapito dal giudice di appello che nella C.U. n. 9 del 7 gennaio 2014 osservava “Vero è, come fatto notare dall’atleta, che la versione dei fatti fornita dal denunziante non trova riscontro se non nelle dichiarazioni del V.F.; ma è altrettanto vero che lo stesso può dirsi per quelle della Cicolari con l’aggravante che quest’ultima ha (solo liberamente) affermato in ricorso “Prova ne sia il fatto che l’atleta S.C. rimasta sempre nei pressi dell’autovettura sulla quale stava caricando i propri bagagli, nulla ha avuto modo né di sentire, né di notare, di particolare in merito al colloquio tra i due predetti interlocutori, proprio perché da parte di Greta Cicolari non vi è stata l’assunzione degli atteggiamenti genericamente contestati nel capo di incolpazione in esame” senza però spiegare per quale ragione la S.C. non sia stata da lei indicata quale teste a discolpa in alcuna fase, stato e grado del procedimento.”

Anche la Corte Federale con la C.U. n. 2 del 20 febbraio 2014 ha affermato che del tutto corretto appariva l’operato del giudice di appello il quale aveva formato il proprio convincimento ritenendo fondato l’addebito anche sull’ “avere - l’interessata – omesso di produrre la prova testimoniale della tesserata S.C. presente ai fatti, che avrebbe potuto scagionare la ricorrente”.

Ciò che desta perplessità in tali valutazioni è la circostanza che sia stata ritenuta “più” fondata la ricostruzione dei fatti recata dall’esposto del tecnico federale piuttosto che la ricostruzione della ricorrente, laddove potendo essere dirimente l’ingresso testimoniale della collega S.C., nessuna delle Corti ha ritenuto di introdurla in giudizio, osservando invece, queste ultime che tale onere spettasse solo e soltanto alla interessata, mentre trovandosi il giudice, a partire dal Procuratore Federale, dinanzi ad affermazioni contrastanti ben avrebbe potuto chiamare a testimone l’unico soggetto presente ai fatti, anche solo per chiarire i toni del colloquio ed accertare così in maniera equanime ed equilibrata le posizioni delle parti.

Anche il principio di autonomia dell’azione disciplinare sportiva, pure invocato da controparte e citato nelle decisioni impugnate, non pare subisca un vulnus dalla ammissione della prova testimoniale, atteso che se, secondo l’art. 20, comma 3 del Regolamento giurisdizionale del C.O.N.I. “Gli interessati possono chiedere l’ammissione di specifici mezzi di prova” l’art. 71, comma 1 del medesimo atto generale stabilisce che il Procuratore Federale “E’ autonomo nell’esercizio delle sue funzioni” ed al comma 3 prescrive che “Il Procuratore Federale procede…alla audizione dei testimoni, all’acquisizione dei documenti e di ogni altro elemento di prova ritenuto utile per il compimento dell’istruttoria,…”, laddove questi ha esclusivamente sentito la ricorrente, fra l’altro su richiesta della stessa.

E più che una inversione dell’onere della prova, come dedotto in ricorso, costituisce un vero e proprio uso illegittimo dell’argumentum a contrario la circostanza che la Corte di Appello federale affermi di ricavare l’attestazione di piena colpevolezza dell’atleta, nel momento in cui quest’ultima non chiama a testimoniare a propria discolpa l’atleta S.C. presente ai fatti. Peraltro ad analoghe conseguenze classificate come “indifferenza per principi elementari di diritto processuale” è già giunto il Tribunale in altra analoga circostanza, arrivando a classificare tale modus operandi come “metodo scorretto di acquisizione delle prove” ed anzi, in questo caso, deve dirsi di non acquisizione delle prove: TAR Lazio, sezione III ter, 20 dicembre 2010, n. 37668.

Già solo tali elementi paiono radicare a sufficienza l’ingiustizia del danno.

3.2. Ma a ciò deve aggiungersi anche al modalità di valutazione del secondo fatto costituito da una conversazione intercorsa tra la ricorrente ed il suo compagno su Twitter nella quale ella avrebbe usato espressioni allusivamente offensive e denigratorie quali “caprone nero” e “uomo nero”, ritenute attribuibili nei confronti dell’allenatore L. D.C. e che, invece, la ricorrente ha sostenuto essere riferite allo stesso compagno, col quale erano in corso scherzi di tal genere, proprio per contrasto con l’origine nordeuropea di quest’ultimo, al contrario di quella brasiliana del tecnico in questione.

Ora: anche qui prove del tutto indiziarie hanno portato dapprima la Commissione giudicante nazionale con la decisione del 14 novembre 2013 e successivamente le altre Corti, a sostenere che la concomitanza dei tweet tra la ricorrente ed il compagno con la lettera di risoluzione contrattuale del 25 settembre 2013 inviata dal presidente FIPAV alla interessata, nella quale venivano evidenziate e contestate le esternazioni dell’atleta, fosse prova di per sé del riferimento delle due espressioni all’allenatore L.D.C. che di origine brasiliana si presentava di pelle scura.

Non è dato comprendere da dove risulta che le due espressioni si riferissero sicuramente all’allenatore L.D.C. e non fossero come sostenuto frutto di scherzi, anche privati, tra la ricorrente ed il compagno e piuttosto la circostanza che dalla nota del 25 settembre 2013 di FIPAV emerga che “Inoltre sono state segnalate alcune Sue esternazioni, effettuate mediante social network, di contenuto lesivo dell’immagine e decoro di soggetti appartenenti allo staff federale” fa pensare ad una sorta di precostituzione di future difese della Federazione in vista della contestazione degli addebiti alla ricorrente, atteso che la comunicazione del Segretario Generale della FIPAV alla Procura Federale avveniva appunto due giorni prima e cioè il 23 settembre 2013.

4. Ciò posto, dunque, va ritenuta senz’altro l’ingiustizia del danno come sopra evidenziata dai vari profili di illegittimità che appaiono inficiare i provvedimenti gravati ai fini della domanda risarcitoria dalla ricorrente.

La celerità con la quale l’intero procedimento si è svolto a partire dalla convocazione della ricorrente da parte del procuratore federale in data 22 ottobre 2013 fino all’ultima pronuncia dell’Alta Corte di Giustizia che è del 5 maggio 2014, se da un lato può apparire rispettosa delle norme sul procedimento disciplinare di cui al Regolamento giurisdizionale (cfr. art. 18), non ha giovato ad una compiuta valutazione dei fatti e alla fondamentale acquisizione di prove, avuto riguardo pure alla natura delle infrazioni commesse che, riconnesse al dovere di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà e probità sportiva previsti dall’art. 19 del Regolamento di Affiliazione e Tesseramento, avrebbero però consentito l’irrogazione di una sanzione più proporzionata rispetto ai fatti avvenuti, pure considerata l’aggravante in entrambi ritenuta presente, con conseguenza che tali osservazioni consentono di ritenere sussistente anche l’elemento soggettivo della domanda risarcitoria.

Quanto al nesso di causa tra gli atti illegittimi e l’invocato risarcimento del danno non pare possano ritenersi dubbi, come si evince pure dalla natura delle poste di danno richieste dalla ricorrente.

4.1 Quest’ultima, che nel sistema di valutazione della caratura internazionale degli atleti è collocata al quinto posto nel ranking mondiale di beach volley, infatti ha lamentato che a seguito della sospensione da ogni attività federale si verificava la riduzione in peggio di contratti in precedenza stipulati.

4.1.a In data 1° dicembre 2012 stipulava un contratto di sponsorizzazione con una nota società produttrice di bevande analcoliche per la durata 2013 – 2014 e che prevedeva un pagamento in favore dell’interessata per il 2013 di euro 25.000 e per il 2014 di euro 30.000 oltre un bonus di euro 5.000,00 per i risultati sportivi.

A seguito della squalifica della ricorrente la società ridimensionava il contratto di sponsorizzazione attribuendole per il 2014 l’importo fisso di euro 15.000,00, rateizzato in rate da euro 5.000,00 al primo torneo e euro 10.000,00 all’ottavo torneo ed era eliminato il bonus di ulteriori 5.000,00 in caso di miglioramento del ranking.

Chiede quindi per tale titolo Euro 35.000, laddove invece la perdita secca va ricondotta alla metà della somma dovuta per il 2014 con il primo contratto di sponsorizzazione e cioè euro 15.000,00, mentre non può essere riconosciuto il bonus di euro 5.000,00 in quanto sempre nel contratto del 2012 si legge chiaramente che esso è dovuto per il piazzamento entro le prime 4 del Ranking Mondiale della FIVB – anno 2013, mentre la ricorrente, per sua espressa ammissione nel 2013 è collocata nel quinto posto del Ranking Mondiale.

4.1.b. Altro danno grave è costituito dalla risoluzione del contratto quadriennale dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2016, sottoscritto dall’interessata in data 20 aprile 2013 e che prevedeva il pagamento di una indennità fissa per preparazione ed allenamento di Euro 10.000,00 da pagarsi in 10 rate mensili a partire da gennaio fino ad ottobre di ogni anno e che la ricorrente quantifica in euro 32.500,00 per il periodo metà settembre/ottobre 2013, 2014, 2015 e 2016, oltre alla somma di 14.000 in rapporto al posizionamento nei primi sei posti del Ranking Mondiale per il primo biennio e per il secondo biennio e che ritiene quantificabile in Euro 45.000,00.

Mentre può concordarsi sulla cifra di euro 32.500,00 per il periodo metà settembre/ottobre 2013, 2014, 2015 e 2016 a titolo indennità fissa per preparazione ed allenamento prevista dal contratto, poiché la ricorrente è a conoscenza della risoluzione dello stesso dalla data del 25 settembre 2013 pare equo attribuirle soltanto la somma a titolo di posizionamento nel Ranking Mondiale per il primo biennio 2013-2014 e pari ad Euro 14.000, atteso che ella già riveste il collocamento nei primi sei posti al momento della risoluzione del contratto, risultando il posizionamento tra i detti primi sei posti nel secondo biennio del tutto aleatorio; per un totale quindi di euro 61.500,00 (voce a) 15.000,00 + voce b) 46.500,00) per la voce di danno relativa alla di perdita contratti.

4.2 La ricorrente ha inoltre introdotto tra le voci risarcitorie la interruzione di trattative con alcune società tra le quali un gigante della distribuzione informatica in Italia il cui progetto prevedeva un range economico di euro 100.000,00, una nota casa automobilistica mondiale che aveva proposto un progetto di sponsorizzazione stimato di media per euro 50.000,00 ed una proposta di sponsorizzazione di una società produttrice di accessori per lo sport la cui interruzione delle trattative aveva determinato la perdita di euro 19.250,00.

Per tali voci di danno si ritiene equo calcolare un valore medio pari a euro 55.000,00.

4.3. A titolo di perdita di chances la ricorrente invoca le somme cui avrebbe avuto diritto come premi nei tornei internazionali unitamente alla collega di squadra e pari singolarmente ad euro 42.007,00.

Poiché la somma è determinata sulla base dei tornei ufficialmente calendarizzati dalla Federazione essa va riconosciuta così come dedotta in giudizio per tale titolo.

4.4 Il danno all’immagine della ricorrente, la cui reputazione da tutta la vicenda ne è risultata marchiata come quella di un’atleta razzista e millantatrice, viene quantificata in euro 100.000,00 e dimostrata dagli articoli di giornale che attribuiscono alla ricorrente le frasi ritenute come adottate nei confronti del commissario tecnico federale di origine brasiliana.

Come noto la giurisprudenza ritiene liquidabile tale posta di danno in maniera equitativa ex art. 1226 c.c. a condizione che ne sia concretamente accertata l’ontologica esistenza, che l’impossibilità o la difficoltà di una stima esatta dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegare e dimostrare gli elementi dai quali desumere l’entità del danno: Cassazione civile, sezione III, 8 gennaio 2016, n. 127.

Ricorrendo tali parametri, a parere del Collegio, nel caso in esame, il danno all’immagine va rapportato alla diminuzione della considerazione della persona nell’ambiente lavorativo e nella pubblica opinione, alla risonanza che le vicende hanno avuto sia nell’ambiente professionale, ma anche nell’ambiente dei tifosi, in questo caso dimostrata dagli articoli di giornale conferiti in atti e dai quali risulta che molti appassionati di beach volley hanno addirittura raccolto firme per il rientro in campo dell’interessata.

La somma va tuttavia ridimensionata ad euro 50.000,00, proprio in considerazione dei criteri di cui sopra e delle conseguenti valutazioni in merito.

4.5 Conclusivamente a titolo di risarcimento del danno la Federazione Italiana di Pallavolo va condannata al pagamento di euro 208.500,00 pari ad euro 61.500,00 per la risoluzione di contratti, euro 55.000,00 perdita di chance per la interruzione di trattative, euro 42.007,00 perdita di chance per premi che non riceverà e euro 50.000,00 per danno all’immagine.

5. Per le superiori considerazioni il ricorso va accolto e per l’effetto valutata la illegittimità dei provvedimenti impugnati la Federazione Italiana di Pallavolo va condananta al pagamento di euro 208.500,00 a favore della ricorrente Greta Cicolari a titolo di risarcimento del danno.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, valutata la illegittimità dei provvedimenti impugnati condanna la Federazione Italiana di Pallavolo al pagamento di euro 208.500,00 a favore della ricorrente Greta Cicolari a titolo di risarcimento del danno.

Condanna la Federazione Italiana di Pallavolo al pagamento di euro 5.000,00 per spese di giudizio a favore della medesima ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del giorno 17 novembre 2015 e del giorno 9 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Sapone, Presidente FF

Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore

Alessandro Tomassetti, Consigliere

« Ultima modifica: Marzo 10, 2016, 14:16:56 pm da VENDETTA »

Offline gunny

  • MegaBoss
  • Azzurro
  • *****
  • Post: 3002
    • Alpinisusa.IT
Re:CONI E GIUSTIZIA ORDINARIA
« Risposta #6 il: Marzo 10, 2016, 19:32:53 pm »
che sia di lezione a tutti quelli che dicono che mettersi contro le federazioni e il CONI è una battaglia persa in partenza...

siamo i non siamo in uno stato di diritto???

devono per forza vincere sempre e solo i "mafiosi"?!?
« Ultima modifica: Marzo 10, 2016, 19:34:04 pm da gunny »
--------------------------
a brusa suta l' Susa

Offline VENDETTA

  • Staff Redazione
  • Azzurro
  • *
  • Post: 2034
Re:CONI E GIUSTIZIA ORDINARIA
« Risposta #7 il: Luglio 11, 2016, 15:35:52 pm »
ATTO SENATO
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06073
Dati di presentazione dell'atto Legislatura:  17
Seduta di annuncio:  656  del  07/07/2016
Firmatari Primo firmatario:  BUCCARELLA MAURIZIO Gruppo:  MOVIMENTO 5 STELLE Data firma: 07/07/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma AIROLA ALBERTO   MOVIMENTO 5 STELLE  07/07/2016
PUGLIA SERGIO   MOVIMENTO 5 STELLE  07/07/2016
PAGLINI SARA   MOVIMENTO 5 STELLE  07/07/2016
DONNO DANIELA   MOVIMENTO 5 STELLE  07/07/2016
MORONESE VILMA   MOVIMENTO 5 STELLE  07/07/2016
SERRA MANUELA   MOVIMENTO 5 STELLE  07/07/2016
Destinatari Ministero destinatario:  PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 07/07/2016

Stato iter: IN CORSO
Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-06073
presentata da
MAURIZIO BUCCARELLA
giovedì 7 luglio 2016, seduta n.656

BUCCARELLA, AIROLA, PUGLIA, PAGLINI, DONNO, MORONESE, SERRA - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri della giustizia e dell'economia e delle finanze - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:

M.S., di Martina Franca (Taranto), e ivi residente, in data 29 ottobre 1981 effettuava presso la ricevitoria del Totocalcio n. 9147 a Ginosa (Taranto) la giocata di una schedina del concorso pronostico del 1° novembre 1981, munito del bollino CONI, figlia 625/A, doppia 77494, che totalizzava, all'esito dei risultati calcistici, 13 punti, con consequenziale vincita di 1.003.092.000 lire;

il CONI rigettava il reclamo, presentato nei termini regolamentari da M.S., adducendo di non aver mai ricevuto la matrice della schedina, senza mai fornire neanche dinanzi all'autorità giudiziaria alcun verbale della commissione di zona del Totocalcio di Bari, che accertasse il mancato rinvenimento;

la ricevitrice M.L.T., dopo la presentazione, in data 7 novembre 1981, 7 giorni dopo la giocata vincente, inviava relazione per bollini mancanti, sostenendo lo smarrimento del tagliando 625 SA 77494 e, in pari data, provvedeva a sbarrare la predetta dichiarazione con timbro CONI, sostituendola con altra con la quale sosteneva la sottrazione del bollino ad opera di terzi, dichiarando successivamente presso i Carabinieri della Procura della Repubblica di Taranto che quest'ultima dichiarazione le sarebbe stata così suggerita da funzionari del CONI;

il CONI, con lettera del 19 novembre 1981, mai prodotta chiedeva al Ministero delle finanze di svolgere indagini in ordine alla presunta vincita e, a seguito del rapporto di polizia giudiziaria della Guardia di finanza, fu instaurato, presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Taranto, un procedimento penale a carico di M.S., al quale venivano contestati i presunti reati di truffa, furto aggravato e falso ai danni dello Stato, perché si sosteneva la sottrazione del bollino vincente presso il ricevitore e il fatto di aver compilato successivamente la schedina vincente non appena conosciuti i risultati dai campi di calcio;

con sentenza-ordinanza istruttoria, M.S., per tutti i reati a suo tempo ascrittigli, fu assolto con la formula più ampia "perché il fatto non sussiste", dopo che il Tribunale penale di Taranto aveva verificato la regolarità della schedina vincente;

l'assoluzione, peraltro mai impugnata, e pertanto passata in giudicato, acclarava in maniera definitiva la regolarità della giocata, tanto che, quale legittimo proprietario, gli veniva restituita la schedina, a suo tempo sequestrata, perché potesse essere onorata di pagamento da parte del CONI;

nonostante la più ampia assoluzione "perché il fatto non sussiste", gli atti non venivano rimessi alla competente Procura della Repubblica per eventuali contestazioni nei confronti delle parti civili costituite per il reato di calunnia;

il CONI, anziché provvedere al pagamento della vincita, nelle ulteriori fasi processuali civile e penale, escludeva la sua mancanza di responsabilità extracontrattuale, addossando ogni responsabilità a carico della ricevitrice e, alle contestazioni di S. di irregolarità nella concessione della ricevitoria alla signora M.L.T., escludeva ogni responsabilità, anche dei suoi funzionari, depositando, a riprova di quanto sostenuto, apposita documentazione ed impostando nuove strategie difensive per evitare, secondo gli interroganti in maniera fraudolenta, il pagamento;

il signor M.S., sicuro delle irregolarità commesse dal Totocalcio sede di Bari nella concessione della ricevitoria, rivenienti dalla sentenza di assoluzione penale da parte del Tribunale di Taranto, inoltrava in data 5 marzo 1999, denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, poi trasmessa per competenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari;

a seguito dell'esposto, veniva avviato un procedimento penale a carico di due funzionari del CONI, presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Bari (n. 1900/99 R.G.N.P.R. e n. 11201/99 giudice per le indagini preliminari), con imputazione del presunto reato di falso per aver falsificato documenti afferenti al procedimento amministrativo di rilascio della concessione alla ricevitrice M.L.T.;

nel processo, il pubblico ministero della Procura della Repubblica del Tribunale di Bari disponeva l'espletamento dell'incidente probatorio, ritualmente concluso in contraddittorio fra le parti, volto a verificare l'autenticità della dichiarazione di voltura di intestazione della licenza datata 5 agosto 1981, a firma del precedente ricevitore e M.L.T. quale subentrante, e del passaggio materiale in consegna e dichiarazione impegnativa, a firma dei medesimi, priva di data;

disposte ed eseguite due perizie, una grafologica e l'altra merceologica, premesso l'accertamento dell'autenticità della sottoscrizione di M.L.T. apposta sulla dichiarazione del 5 agosto 1981, i periti concludevano che il documento posto a base della regolarità amministrativa dell'autorizzazione rilasciata per l'esercizio della ricevitoria Totocalcio di Ginosa n. 9147, portante la data del 5 agosto 1981, era manifestamente falso in quanto: a) le firme apposte dalla persona che si assume essere il cedente della ricevitoria sul documento datato 5 agosto 1981, denominato "compromesso" e sul documento "passaggio materiale di consegna" privo di data, non sono autografe; b) la firma di M.L.T. posta sul documento del 5 agosto 1981, era autentica; c) i medesimi documenti in verifica sono stati redatti in un tempo più prossimo al 1991 che al 1982 e quindi necessariamente non compatibili con una datazione da far risalire all'agosto 1981;

i risultati dell'espletato incidente probatorio, prova penale inconfutabile, ovvero fatto accertato con il criterio e la garanzia della fase predibattimentale in contraddittorio delle parti, avrebbero indotto M.S. ad inoltrare presso la Corte d'appello di Roma atto per revocazione, ex articolo 395, numeri 2 e 3, del codice di procedura civile, della precedente sentenza resa dalla Corte d'appello di Roma, che lo aveva dichiarato soccombente, non avendo la Corte ravvisato alcuna responsabilità del CONI nella concessione dell'autorizzazione alla gestione, in capo a M.L.T. e, conclusosi tale procedimento con il rigetto della domanda, non rientrante nei casi previsti dall'articolo 395, numeri 2 e 3, del codice di procedura civile;

M.S. notificava atto di citazione in data 30 novembre 2009, dinanzi al Tribunale civile di Roma, convenendo in giudizio il CONI, i signori Mario Bernacchia, Rocco De Vivo, Leonardo Zauli, Mario Pescante, Raffaele Pagnozzi, quali funzionari dell'ente, la ricevitrice M.L.T. e il Ministero dell'economia e delle finanze perché venissero condannati, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i danni subiti e quantificati nella misura di 10.000.000 euro circa, per comportamenti illeciti perpetrati dal CONI e dai suoi funzionari sin dal 1981, nonché il Ministero delle finanze per non aver vigilato sul comportamento dell'ente CONI, nonostante fosse stato portato a conoscenza dei vari illeciti perpetrati;

in tale procedimento dinanzi al Tribunale ordinario di Roma, XII sezione civile n. 86178/09 R.G., giudice Assunta Canonaco, avendo il CONI e l'altro convenuto ex funzionario Mario Bernacchia depositato gli stessi documenti, già accertati falsi nell'incidente probatorio dinanzi al Tribunale penale di Bari, M.S. depositava querela di falso in via incidentale per l'accertamento definitivo della falsità dei documenti posti a base dell'autorizzazione alla gestione della ricevitoria n. 9147;

il giudice, dottoressa Assunta Canonaco del Tribunale di Roma, pur ritenendo rilevanti i documenti ai fini della decisione della causa, non autorizzava la presentazione della querela di falso in via incidentale e non provvedeva alla sospensione del giudizio, essendo stata presentata, da parte di M.S., anche querela di falso in via principale, dinanzi allo stesso Tribunale di Roma, che perveniva per competenza, ai fini della riunione e sospensione del processo principale, dinanzi alla stessa dottoressa Assunta Canonaco, che decideva nel merito, rigettando la domanda;

alla suddetta sentenza n. 10331/12 resa dal Tribunale di Roma nei giorni seguenti veniva notificato atto di appello da parte di M.S.;

considerato che, per quanto risulta agli interroganti:

è inconfutabilmente scaturito che, in data 29 ottobre 1981 quando M. S. effettuò la sua scommessa presso la ricevitoria di fatto gestita da M.L.T. la stessa in tale periodo non fosse in possesso del titolo abilitante la gestione del Totocalcio, titolo del quale non era munito neanche il cessionario della licenza che, in data 9 settembre 1981, aveva cessato l'esercizio pubblico di bar con decorrenza 1° settembre;

pertanto, il CONI, alla data del 29 ottobre 1981, rientrante nel lasso di tempo dal 24 ottobre al 17 dicembre 1981, che ha determinato di fatto e di diritto un "vuoto amministrativo", si è sicuramente e consapevolmente avvalso di una ricevitoria gestita da persona priva della prescritta licenza-autorizzazione, con la conseguenza che la regolare giocata si può ritenere senza ombra di dubbio effettuata direttamente sotto la piena ed esclusiva responsabilità del CONI, nella fattispecie del CONI della sede di zona di Bari competente per territorio, che dovrà rispondere, di conseguenza, anche di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 del codice civile oltre che di responsabilità contrattuale;

M.S. notificava inoltre un atto di citazione, con richiesta di ingiunzione di pagamento ai sensi dell'articolo 186-ter del codice di procedura civile nei confronti del CONI dinnanzi al Tribunale di Roma, II sezione civile, per il pagamento della somma vinta al concorso n. 11 del 1° novembre 1981, portante il n. 18268/11 R.G., giudice dottor Alfredo Matteo Sacco;

il giudice Sacco, con ordinanza del 9 febbraio 2012, ordinava al CONI il pagamento della complessiva somma di 2.343.000 euro oltre accessori, provvedimento non impugnabile, né appellabile, ma revocabile dallo stesso giudice;

nella stessa data del 9 febbraio 2012, il dottor Sacco veniva sostituito da altro magistrato, dottor Lorenzo Pontecovo, che, a distanza di pochi giorni, il 14 marzo 2012, sempre su istanza del CONI, provvedeva a revocare la stessa ingiunzione di pagamento;

anche in virtù dell'ordinanza di pagamento, M.S. inoltrava al CONI e al Ministero dell'economia e delle finanze diffida ad adempiere, ai sensi dell'articolo 1454 del codice civile, senza alcun riscontro;

il Ministero, che aveva l'obbligo di vigilanza del gioco Totocalcio, non ha stigmatizzato il comportamento del CONI nella vicenda, come attestato nelle note del 18 novembre 1988, del 19 marzo 1990, del 6 giugno 1995 e del 5 novembre 1995, in cui, in risposta ad interrogazioni parlamentari, ha continuato a rappresentare una realtà diversa da quella accertata definitivamente e non ha fornito alcun riscontro alle diffide di adempimento;

sia il Ministero dell'economia che il Ministero dello sport e del turismo sin dai primi anni della vicenda che ha coinvolto M.S. nei confronti del CONI, nelle annose liti giudiziarie, erano a conoscenza della regolarità della giocata da parte di M.S., a seguito della piena assoluzione in sede penale, limitandosi a fornire alle precedenti interrogazioni parlamentari risposte basate non su accertamenti seri e concreti, ma assecondando il comportamento dell'ente CONI, senza intervenire perché fosse eseguito l'adempimento della prestazione del pagamento in suo favore;

tutta la vicenda, ed in particolare l'accertata falsità della documentazione di affidamento della ricevitoria, è stata portata a conoscenza anche da varie missive inviate dal difensore di M.S. ai Ministeri indicati, tenuti per legge alla vigilanza del gioco del Totocalcio gestito dal CONI e, nonostante quest'ultimo coinvolgimento, il Ministero dell'economia in riscontro si è limitato a comunicare "che ai sensi dell'articolo 2 del decreto interdirigenziale 31 ottobre 2002, l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato svolge direttamente tutte le attività di organizzazione ed esercizio dei giochi (...) a decorrere dal 1° luglio 2003", tacendo sull'obbligo di vigilanza imposto dalla legge;

a nulla sono valse le varie istanze inoltrate da M.S., anche al Ministero della giustizia, per quanto avvenuto processualmente;

di tale vicenda è stata informata la stampa locale e nazionale nonché la televisione a livello nazionale;

in data 9 febbraio 2012, il Tribunale di Roma, nella persona del giudice Sacco, ha emanato, nel procedimento civile recante n. 18268/11 R.G., instaurato nel contraddittorio tra le parti, l'ordinanza ex art. 186-ter del codice di procedura civile, resa esecutiva in data 14 febbraio 2012 sulla base di diverse constatazioni rilevate dal giudice stesso (tra cui: che l'attore ha prodotto la copia autenticata dal notaio; che la schedina stessa ha ampiamente superato il vaglio giudiziario con sentenza penale del 10 febbraio 1987 di accertamento definitivo dell'autenticità; che in data 25 settembre 1987 veniva restituito l'originale della schedina oggetto dell'accertamento giusta sentenza; che le contestazioni di controparte non appaiono fondate su prova scritta; che l'inadempimento permanente ad oggi posto in essere dal convenuto è sostenuto dalla consapevole volontà di lasciare insoddisfatta la legittima pretesa attorea);

su tali presupposti è stata pronunciata la sentenza-ordinanza di ingiunzione anticipatoria ex art. 186-ter del codice di procedura civile a favore di M.S., sulla quale si fonda il successivo atto di precetto e di pignoramento presso terzi, oggi pari a 3.907.236,39 euro. Somma, quest'ultima, vincolata presso la BNL (Banca nazionale del lavoro) e su cui pendono diverse inchieste penali che devono accertare la sparizione delle stesse somme;

in forza dell'ordinanza, è stata chiesta l'assegnazione della somma pignorata, in quanto la successiva revoca invocata da parte avversa è fondata su sentenza il cui giudicato è stato superato con la sentenza del 1987 e pertanto non merita accoglimento. Infatti, il CONI anziché adempiere spontaneamente alla condanna di cui all'ordinanza del 9 febbraio 2012, continuava ad ostacolare M.S. contestando l'ordinanza che non è revocabile se non con sentenza da pronunciarsi da parte del giudice che ha pronunciato l'ordinanza, giurisprudenza consolidata da sentenza della Cassazione, Sezioni unite, n. 1820/2007, e nella fase decisoria del giudizio di merito, che in data 10 febbraio 2016 il dottor Salvati ha fissato la decisione al 27 ottobre 2016. M.S. ha denunciato tale distorsione del diritto, con esposto del 13 giugno 2012 diretto al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministero della giustizia, al Consiglio superiore della magistratura, al presidente del Tribunale di Roma e al Presidente della Repubblica, tra l'altro unico ad averne dato riscontro;

in data 19 luglio 2013 M.S. inoltrava al CONI di Roma, al CONI di Bari ed al Ministero dell'economia richiesta formale di accesso agli atti dei verbali redatti dalle commissioni di zona e centrale delle giocate del 1° novembre 1981, mai forniti in decine di anni di processi, e neppure dopo tale istanza. L'unico risultato è stato quello di ottenere risposte lacunose e false dai difensori del CONI. Infatti, mentre il CONI di Bari dichiara di aver spedito tutto a Roma, ed il Ministero dichiara di non detenere presso i propri uffici nessuno dei documenti richiesti pur essendo organo di vigilanza delle commissioni di zona e centrali, il CONI di Roma, con lettera prot. n. 0000659 del 30 agosto 2013, ha dichiarato la non legittimazione di M.S. all'accesso perché si è già rivolto all'autorità giudiziaria;

con ricorso per sequestro giudiziario ex art. 670, n. 2, del codice di procedura civile proposto da M.S., quest'ultimo invitava il CONI ed il Ministero dell'economia a comparire dinanzi al Tribunale civile di Roma al fine di ottenere il sequestro di tutti gli originali della documentazione richiesta con istanza formale di accesso agli atti del 18 luglio 2013, depositati presso gli uffici del CONI di Roma, del CONI di Bari e del Ministero. Tuttavia, con ordinanza del 20 dicembre 2013, il giudice dottoressa Carpinella scioglieva la riserva e pronunciava ordinanza di rigetto del ricorso, di rigetto delle eccezioni sollevate dalle parti resistenti e condannava M.S. al pagamento delle spese processuali. Per tale motivo, la difesa depositava presso il Tribunale di Roma, in composizione collegiale, reclamo avverso l'ordinanza. Il collegio, in data 10 marzo 2014, con ordinanza, ingiungeva ed ordinava al CONI di indicare entro il 29 aprile 2014 "se esistono i documenti e verbali richiesti (...), di indicare chi li detiene e a quale titolo". Con memoria depositata il 29 aprile 2014, la difesa del CONI depositava una memoria non rispondente all'invito rivolto dal collegio;

dopo più di 2 mesi dalla data di udienza, il collegio, in data 16 luglio 2014 ha pronunciato un'ordinanza con la quale, a seguito di apposita richiesta della difesa di M.S., ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica costituita presso il Tribunale ordinario di Roma per le condotte gravemente illecite che la difesa di M.S. ha attribuito ai soggetti pubblici resistenti (nelle persone dei rispettivi funzionari);

a seguito di un'ulteriore denuncia-querela di M.S. nei confronti dell'avvocato Luigi Condemi Morabito (legale storico del CONI), dell'avvocato Enrico De Francesco (legale di Mario Bernacchia) e del signor Mario Bernacchia (responsabile del Totocalcio della zona di Bari all'epoca dei fatti), in ordine al reato di cui all'art. 489 del codice penale, per aver fatto uso, nell'ambito del giudizio civile n. 86178/09 RG instaurato davanti alla XII sezione del Tribunale Civile di Roma, di documenti la cui falsità è stata accertata con incidente probatorio in un altro procedimento penale, nei confronti di questi ultimi è stata fissata l'udienza camerale del 4 novembre 2014 dinnanzi al giudice per le indagini preliminari Alessandra Tudino, poi rinviata al 3 febbraio 2015, nell'ambito del procedimento penale contro il CONI; attualmente è pendente un ricorso in Cassazione ed un'avocazione disposta dal giudice per le indagini preliminari di Roma presso la Procura generale di Perugia;

in data 4 febbraio 2015, si è tenuta l'udienza presso la II sezione civile del Tribunale di Roma, relativa al sequestro giudiziario, richiesto in corso di causa nel giudizio n. 18268/11 RG, dei seguenti documenti: verbale della commissione di zona di Bari, ai sensi dell'art. 7 del decreto ministeriale 23 marzo 1963, di controllo dei bollini e deposito delle matrici nell'archivio corazzato del 1° novembre 1981 relativi alla ricevitoria n. 9147 di Ginosa; verbale della commissione di zona di Bari, ai sensi dell'art. 7 citato, dello spoglio delle schedine giocate relativo al concorso del 1° novembre 1981 relativi alla ricevitoria; rapporto dell'11 novembre 1981 inviato dalla commissione di zona di Bari alla commissione centrale di controllo di Roma; lettera del 19 novembre 1981 inviata dal presidente della commissione di zona di Bari al Ministero delle finanze contenente la giustificazione del rifiuto datato 11 novembre 1981 posto al reclamo presentato da M.S. in data 5 novembre 1981; comunicato del bollettino ufficiale dell'11 novembre 1981 relativo al concorso n. 11 del 1° novembre 1981, con il quale la commissione centrale di Roma, costituita ai sensi dell'art. 11 del regolamento ufficiale, ha pubblicato i dati ufficiali relativi alla distribuzione del montepremi del concorso, unitamente al verbale redatto in pari data contenente la delibera di assegnazione delle quote unitarie definitive dei premi; verbale dei nominativi (dei vincitori reclamanti la vincita di prima categoria assegnataria del punteggio del 13 o di coloro che li hanno rappresentati) assegnatari del montepremi del concorso n. 11; decisione della commissione centrale di Roma, a norma dell'art. 12 del regolamento ufficiale, del calcolo delle quote unitarie dei premi comprensiva in via provvisoria del premio da accantonare in seguito al reclamo presentato nei termini di legge di M.S. e del relativo accantonamento a seguito del giudizio promosso in data 11 dicembre 1981 ai sensi dell'art. 11 del regolamento ufficiale; ministeriale del 12 gennaio 1982 di risposta alla lettera del 19 gennaio 1981;

risulta agli interroganti che, ad oggi, non sarebbe stata ancora chiarita l'esistenza dei suddetti documenti;

risulta agli interroganti che sussistano attestazioni rilasciate in originale dalle cancellerie presso il Tribunale di Roma, dalle quali si evincerebbero chiari e pacifici comportamenti dolosi ed irregolari perseguiti in spregio alle norme di procedura civile;

in data 19 novembre 2015 il giudice dottor Federico Salvati emetteva ordinanza, nel procedimento n. 18268/11 RG di adempimento contrattuale, pendente dinanzi al Tribunale di Roma; quest'ultimo comunicava a mezzo di posta elettronica certificata ai procuratori delle parti costituite l'ordinanza stessa che rinviava la causa all'udienza del 10 febbraio 2016 per l'esperimento del tentativo di conciliazione, disponendo la comparizione personale delle parti o dei loro legali rappresentanti o dei soggetti muniti del potere di rappresentanza sostanziale con riferimento alla questione controversa, invitando le parti a prendere preventivi contatti per verificare la possibilità di intraprendere una seria trattativa. Per tale ragione, in data 23 novembre 2015, M.S. per mezzo del proprio difensore avvocato Guglielmo Boccia, comunicava a mezzo di PEC alle parti costituite ed ai loro difensori nonché al giudice Salvati la propria disponibilità ad addivenire ad una soluzione transattiva dell'annosa vicenda;

successivamente, in data 26 gennaio 2016 i legali del CONI, in risposta all'adesione di M.S. all'invito del magistrato, dichiaravano di non voler aderire ad un incontro preliminare prima del 10 febbraio 2016, ma nel contempo si rendevano disponibili ad una conciliazione direttamente attraverso la direzione e la vigilanza del magistrato dottor Salvati;

tuttavia, all'udienza del 10 febbraio 2016, si presentava per il CONI e per la CONI Servizi SpA l'avvocato Valeria Panzironi (giusta procura speciale), la quale riferiva immediatamente al magistrato la mancanza di margini per un accordo tra le parti;

la dichiarazione resa è contraria, secondo gli interroganti, alla volontà espressa nella missiva del 26 gennaio 2016 e che si trova all'interno del fascicolo d'ufficio con la quale si chiedeva che fosse il magistrato a condurre la conciliazione;

in data 11 marzo è stato notificato un pignoramento presso terzi ed in forza di una dichiarazione positiva di BNL il pignoramento stesso è stato iscritto presso il Tribunale di Roma;

in data 24 febbraio 2016 l'avvocato Boccia riceveva notifica del decreto di fissazione dell'udienza a seguito di opposizione all'archiviazione e di archiviazione non accolta, dal giudice per le indagini preliminari dottoressa Petrocelli del Tribunale di Potenza, la quale ha fissato l'udienza 6 aprile 2016. Il procedimento penale è stato promosso nei confronti di 36 indagati per il reato ex art. 323 (abuso di ufficio) del codice penale. Lo stesso procedimento è stato rinviato per difetto di notifica nei confronti di alcuni indagati. Nel contempo la difesa di M.S. ha provveduto a depositare presso la Procura di Potenza delle memorie integrative;

considerato infine che, a parere degli interroganti, è inconcepibile ed inaccettabile la circostanza per cui una giocata, regolarmente effettuata sin dal 1981, e riconosciuta tale in data 10 febbraio 1987 dalla magistratura italiana, ad oggi non sia stata ancora pagata dal CONI, che, invece, si è prodigato per sottrarsi alla sua responsabilità civile e penale, facendo uso di documentazione falsa nelle varie sedi giudiziarie, ministeriali e parlamentari, nell'assoluta indifferenza dei vari Ministri anche preposti alla vigilanza,

si chiede di sapere:

se il Governo, ritenuta a parere degli interroganti palese la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del CONI, intenda porre fine all'interminabile odissea giudiziaria, trasformatasi in un calvario per M.S., riconoscendogli e pagandogli la sua vincita regolare;

se non ritenga opportuno attivare le procedure ispettive e conoscitive previste dall'ordinamento, anche al fine di prendere in considerazione ogni eventuale sottovalutazione di significativi profili di accertamento.

(4-06073)


Ma Rocco De Vivo non era il segretario Generale UITS?

Offline caricato

  • Utente Certificato
  • Maestro
  • *
  • Post: 421
    • european rimfire and air rifle benchrest shooting federation
Re:CONI E GIUSTIZIA ORDINARIA
« Risposta #8 il: Luglio 11, 2016, 19:01:49 pm »
scusa, ce lo puoi esporre in sintesi?
saluti
carlo