La giornata è stata allietata dalla lettura di una poesia di D'Annunzio, mero premio consolazione per gli altri presidenti che hanno avuto meno di cenere e carbone:
Il Vate era presente in sala:
Ai marinai pescatori dell’adriatico
Nel 1926 così il poeta abruzzese si esprimeva per l’Esposizione dell’Industria della Pesca e delle Industrie Regionali Abruzzesi, svoltasi a Francavilla a Mare.
Vengo io stesso, con le mie
ali marine, a benedirvi dal
cielo.
E’ questa una prova di
fedeltà? E’ questa una
prova d’amore?
Non valgono altre parole,
o compagni.
Vale forse un fatto indubitabile.
Or è trentacinque anni
(ma nella data, certo, mi
sbaglio, se sono ancor
tanto giovine) una delle
mie odi navali celebrava
IL BATTESIMO Dl
DUE PARANZE.
«e Benedici le navi sopra il dolce
mar funesto,
sopra il bel mar natale;
per le prue rilucenti, dirizzate
alla fortuna,
spargi l’acqua lustrale;
consacro nel Tuo verbo alla
pesca portentosa
la rete virginale! ».
Nel mio libro nuovo,
di ieri, di oggi, una
paranza apparisce nel
mio sogno marino.
«Non ero più sul comignolo
inviso ma su la chiglia
d’una paranza capovolta,
nell’Adriatico; e stavo
per gettarmi a nuoto senza
darmi pensiero del naufragio,
avendo avvistato una frotta
di delfini miei famigliari…»
Sono io fedele?
Nel gran meriggio
la mia fedeltà alata,
o paranze del mio mare,
vi benedice dal cielo
dal vero cielo.
San Giovanni, 1928.
Gabriele D’annunzio