Mercoledì, 06 ottobre 2010
Torri incontra il CONI e fa retromarcia
TORRI AD ASSOCIATED PRESS: "LIBERALIZZIAMO IL DOPING, NEL CICLISMO SI DOPANO TUTTI" - è l'intervista rilasciata ieri dal capo della Procura Antidoping Ettore Torri, ad Associated Press, a far esplodere il caso. "Se il doping non facesse male alla salute, andrebbe liberalizzato. Tutti i ciciclisti che ho ultimamente interrogato mi hanno detto che tutti si dopano. Non credo che il doping verrà mai estirpato. Andrebbe liberalizzato perchè non è possibile che su 100 ce ne siano 99 che si dopano e la fanno franca. La lotta al doping diventa sempre più difficile, perchè escono sempre nuove sostante". Questi i passi salienti di una lunga intervista dove Torri non manca di criticare il passaporto biologico ("la sua complessità spesso favorisce gli atleti incolpati") ma pure Contador (" non basta che imputi la positività ad una contaminazione alimentare, deve dimostrarlo") e infine Riccò ("le 50 pasticche rinvenute a casa sua ? può sempre dimostrare che erano di sua nonna. Nel ciclismo una nonna o un filetto non mancano mai"). Un'autentica intervista bomba. Condivisibile o meno, ha scatenato il pandemonio.
RIFLETTIAMO - Torri dice che su 100 corridori 99 si dopano e 1 solo è pulito. Questa è sì demagogia. Ma avesse usato proporzioni numeriche diverse ? Gli eventi degli ultimi anni dimostrano che il fenomeno doping è diffuso, assai, in gruppo. Un gruppo dove però esistono anche corridori che non hanno mai avuto paura ad esporsi in prima persona, affermando quel "Mai mi sono dopato e mai lo farò" che ci piacerebbe adesso sentire da tanti altri atleti. Citiamo Marco Pinotti tra quelli che si sono sempre esposti in prima persona, aggiungiamo anche le fresche dichiarazioni di Nibali "Io ho la coscienza pulita", e attendiamo proseliti. Chi non si è mai dopato, chi è contrario al tutto, e fa il corridore professionista, ESCA DUNQUE ALLO SCOPERTO. Altrimenti da ragione a Torri.
LA REAZIONE DEL CONI, CHE CONVOCA TORRI. E TORRI CORREGGE IL TIRO - L'intervista di Torri ad AP ha dunque scatenato il pandemonio, sì che in mattinata il buon Torri è stato convocato dal suo capo, il presidente del CONI Gianni Petrucci. Un meeting al cui termine ha decisamente corretto il tiro Ettore Torri. Ecco il lungo comunicato stampa diramato dal CONI al termine del meeting.
"Il Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Giovanni Petrucci, e il Segretario Generale, Raffaele Pagnozzi, hanno incontrato questa mattina il Procuratore Capo Antidoping, Ettore Torri.Nel corso dell’incontro, Torri ha spiegato che la trasposizione letterale del concetto di liberalizzazione, maturata attraverso sintesi giornalistiche, non andava interpretata come un’apertura verso una “depenalizzazione” del reato ma solo come lo sfogo, espresso in modo forse paradossale, di una persona che da anni lotta contro il problema.Torri ha altresì confermato al CONI che l’impegno personale e l’opera meritoria del suo Ufficio continueranno ai massimi livelli, in collaborazione con le varie Procure della Repubblica Italiana che attualmente si occupano con importanti risultati nella lotta ad un fenomeno dilagante che, come è noto, in Italia, è considerato anche reato penale.Il CONI, nel ribadire l’autonomia degli organi di giustizia delle proprie strutture, prende atto dei chiarimenti del Procuratore Torri ricordando i suoi indiscussi meriti nella lotta al doping, anche recentemente riconosciuti a livello internazionale, ma comprendendo nello stesso tempo quanti possano essersi ingiustamente sentiti coinvolti dal senso di alcune dichiarazioni" -
Era dunque uno sfogo un pò esagerato quello di Ettore Torri, forse amareggiato per la mole di lavoro (in materia di ciclodoping) che continua ad aumentare. Il buon Torri non è stanco nè intende passare la mano, proseguirà dunque il suo lavoro nel combattere il fenomeno doping, nello sport. Solo che da un parte si dice di combattere il fenomeno doping nel mondo dello sport e poi nei fatti questi sforzi vengono tutti concentrati sul ciclismo. Che sembra star lì a metterci la faccia e pagare per tutti. Di metterci a fare la storia di tutti i casi eclatanti di doping sportivo non abbiamo più voglia. Ci limitiamo a ricordare il doping di stato degli anni 60-70 , un pò in tutta l'Europa dell'Est, che riguardava tantissimi sport, a partire dall'atletica leggera e dal nuoto. Non dimentichiamo le tanti morte sospette nel mondo del calcio, anche il fatto che di positività (a prodotti per la memoria) ne sono esistite anche nel bridge.
Che poi il ciclismo sia uno sport che con il doping si è compromesso più di molti altri e dove la tentazione del doping può essere forte perchè il ciclismo, come scriveva la penna francese di Pierre Chany:"E' troppo faticoso per essere definito sport. E' un mestiere di sopravvivenza, che si basa su regole antiche", anche questo va ricordato. Ma è giusto punire solo chi si dopa parecchio e invece ignorare gli sport dove ci si dopa solo un pò meno ? Facendo passare il messaggio che il ciclismo è lo sport dei dopati ma tanti altri sport sono puliti .... ?
LA FEDERCICLISMO REPLICA: "SFOGO INOPPORTUNO". Inevitabile quando pure necessario l'intervento, nella vicenda, da parte della Federciclismo. A parlare è la nostra massima autorità, il presidente federale Renato Di Rocco. Via comunicato inviato a tutte le redazioni giornalistico-sportive. Che vi riportiamo.
"La Federazione Ciclistica Italiana ha sempre apprezzato e sostenuto l’azione che la Procura del CONI, al pari di altre procure, sta svolgendo in piena autonomia per contrastare il fenomeno doping. Per questo le dichiarazioni indiscriminate e generalizzate del Procuratore Ettore Torri nei confronti della nostra disciplina mi lasciano allibito, così come la soluzione proposta, che ritengo inappropriate al suo ruolo e alle sue funzioni. Prendo atto che si è trattato di uno sfogo, ma intanto ha procurato un danno di immagine enorme al nostro movimento. Le responsabilità sono personali e non devono coinvolgere tutta la popolazione dei ciclisti che gareggiano con lealtà sportiva. Confermo alla Procura Antidoping del CONI la piena collaborazione che abbiamo finora garantito. Auspico, anzi che allarghi sempre più gli orizzonti del suo campo d’indagine, contrastando ogni caso con serietà e rigore, perché il fenomeno del doping, purtroppo globale e diffuso, va combattuto a 360 gradi sul piano della legge e del diritto e non su quello delle esternazioni mediatiche».
Vero che lo sfogo di Torri ha procurato un danno di immagine al movimento ciclismo. Ma prima di Torri quel danno il movimento se lo è autoimposto. A furia di casi di doping, che negli ultimi anni hanno spesso riguardato corridori di primissimo piano. Casi di doping a raffica che vanno avanti da quel 1998 (affaire Festina) che ci dissero dovesse essere l'inizio di un nuovo e onesto ciclismo. Escano dunque allo scoperto coloro che nulla hanno da nascondere e che sono assolutamente contrati alla tesi 'liberalizzatrici'. E che sono invece assolutamente favorevoli ad una caccia ai furbi (e alle sostanze dopanti) sempre più serrata. E infine, giunga il momento che gli stessi enormi sforzi che si fanno nel dare la caccia al doping del ciclismo vengano fatti anche nei confronti di tutti gli altri sport. Ovvero non succederà mai perchè il tutto costerebbe non un'enormità, ma qualcosa in più. Con il rischio di demolire l'immagine di altri sport, visto che quella del ciclismo lo è già.
Non per parte del suo ambiente, che non considera così grave il doparsi, come invece lo considera l'uomo comune, e che non vede il ciclismo così malridotto come invece è. E' come se la parte sbagliata dell'ambiente (il rischio che sia ancora più numerosa di quella sana c'è) vivesse su una sorta di mondo parallelo. Quando il presidente Di Rocco dice, perchè spesso lo ha detto in passato, che serve anche un cambiamento di cultura da parte dell'ambiente ciclismo (la parte sbagliata), a questo forse si riferisce. Nel mondo parallelo non si può più stare.
Quando ti puntano i fucili addosso, anche se li puntano solo a te e magari non ti sembra giusto e in effetti non lo è, devi comunque arrenderti e alzare le mani. Riferito al nostro discorso significa devi cambiare registro, abitudini. Ma il fatto che tanti ciclisti abbiano invece voluto sfidare anche i fucili puntati, finendone inevitabilmente colpiti, non fa che avvalorare le amare esternazioni di Ettore Torri. Le sue esternazioni, sicuramente esagerate e sicuramente demagogiche, un fondo di verità però ce lo hanno.
Chi fa il corridore professionista e vuole dire la sua sul tema, o magari ha voglia di far sapere a tutti che con i ciclo-furbetti lui non ha nulla a che vedere (nel caso gli riserveremo posto nella ciclo-pagina del sito), lo faccia pure. Vada alla voce commenta l'articolo. Oppure scriva a
fabio_panchetti@yahoo.it. Siamo qui per difendere il ciclismo, al quale solo gli incalliti appassionati (fortunatamente ancor tanti) continuano a credere e dare affetto. Quel "sono tutti dopati" pronunciato esagerando da Ettore Torri lo abbiamo sentito dire migliaia di volte. Nei bar, nelle redazioni giornalistiche (colleghi che di ciclismo non si occupano), dappertutto. E gli unici che possono far cadere questo assioma siete voi corridori. Non certo noi giornalisti smettendo di trattarne, come ci siamo anche sentiti dire. Voci che ovviamente provenivano da quel mondo parallello che deve smettere di esistere. Il passato è il passato, ma se il ciclismo vuole avere un futuro degno ha un'unica chance. Seguire la strada che parte dell'ambiente ha già intrapreso. Quella del ciclismo pulito. Dove l'aiuto medico deve essere consentito, ma in misura giusta, che non significa comunque bombardarsi di farmaci leciti. Il discorso è complicato, da questa pagina abbiamo provato a svilupparlo, esponendoci anche noi. Attendiamo dunque proseliti, con proposte costruttive o magari solo con la voglia di dire a tutti di essere un corridore davvero pulito.