http://oggi24.it/politica/mennea-accusa-sport-inquinato-politica-pagnozzimalag-c-sprechi-coni-18679.htmlMennea un grande Campione che ha dato lezioni combattendo contro il SISTEMA.
Ed è da vivi che i grandi Campioni, se ce ne sono anche nel Tiro a Segno, dovrebbero far sentire la propria voce.
Invece i campioni vengono chiamati nelle assemblee "a magnificare il direttivo artefice delle loro medaglie".
Con le loro azioni alimentano le storture del nostro mondo, invece che combatterle.
Mennea accusa: lo sport italiano è politica! Pagnozzi-Malagò? Guerra e sprechi Coni.
11 ottobre 2012 09:45
Mennea accusa: lo sport italiano è politica! Pagnozzi-Malagò? Guerra e sprechi Coni.
di Matteo Talenti
Per 17 anni è stato ‘Mister 19 e 72′. Cinque Olimpiadi, oro a Mosca ’80 e un elenco di record, Pietro Mennea, 60 anni, oggi è campione di verità: Eurodeputato a Strasburgo dal ’99 al 2005, avvocato anche in Usa, commercialista, docente universitario, più lauree, 20 libri, esperto di diritto sportivo…
“Per le mie idee, anche se ho solo manifestato disponibilità ad un incarico nello sport hanno fatto quadrato contro di me. Eppure ho spinto per far nascere le Fiamme Azzurre, gruppo sportivo della polizia penitenziaria”.
Nel 1994 avrebbe voluto candidarsi ala Federatletica ma “bastò che dicessi desidererei… che gli arrampicatori del tempo si schierarono contro di me. Da allora ho abbandonato ogni proposito. Ci sono cose più importanti nella vita”.
Ventotto medaglie a Londra, in che condizioni siamo?
“Le medaglie sono importanti, ma arrivano quasi tutte dai tesserati dei gruppi militari: a Pechino più del 75%, a Londra forse anche di più. Lo sport d’elite, dipende dai gruppi militari, senza è nulla. Siamo paragonabili ai vecchi paesi dell’Est che non esistono più, dove gli atleti erano militari. Questo non per denigrare, ma per evidenziare una realtà”.
Ventotto medaglie e 408 milioni di soldi pubblici l’anno…
“Lo sport italiano è uno dei più ricchi al mondo, aggiungendo ai soldi statali risorse dei gruppi sportivi militari, agevolazioni fiscali, sponsorizzazioni. Un fiume di denaro difficile da trovare in altri paesi. La Francia per esempio, che è arrivata prima dell’Italia nel medagliere di Londra destina allo sport 200 milioni di euro l’anno”.
Gli sprechi: incompetenza o interessi privati?
“La federazione giamaicana di atletica, una delle prime al mondo spende tra i 6 e gli 8 milioni l’anno, l’Italia non credo ne abbia meno di 50-60. Il nostro è un sistema piramidale, va rivisto. Le federazioni devono essere strutture snelle, veloci, lavorare sulla competitività. È mai possibile che a capo di una federazione ci siano sempre le stesse persone? Ci sono ancora alcuni dirigenti di quando correvo io. C’è bisogno di gente motivata, dopo 20-30 anni nello stesso posto si scoccerebbe chiunque. Il 61% dei presidenti in carica ha più di 60 anni. Urge un ricambio generazione. Serve gente giovane e preparata. Basterebbe il limite di 2 mandati, dopo 8 anni si può anche fare altro nella vita. Va rivisto tutto il sistema elettorale, da diversi anni è troppo ingabbiato. Le nostre elezioni sono decise dai gruppi di potere. Bisogna aprire il sistema: c’è poco spazio per gli autonomi, gli indipendenti. Se non vai a prenderti i voti dei poteri forti, come i gruppi militari e il Cus, hai poche possibilità”.
La politica invade o è chiamata?
“Certo, la politica si serve dello sport per attingere ai suoi voti, tutto lo sport sul territorio vive in funzioni dei referenti politici. Lo sport è politica”.
Su 646 consiglieri federali le donne sono il 38,2%
“È una costante del nostro mondo. Sia a livello atletico che dirigenziale le donne hanno sempre fatto fatica. Sopravvive una concezione superata dello sport che esclude le donne. Penso, invece, che siano molto più preparate degli uomini. Io inserirei un certo numero di presenze fisse. Sì, delle quote prestabilite. Siccome qui non è scontato nulla, credo che potrebbero essere utili”.
La guerra del Coni.
“Sì, un’altra struttura che risale al dopoguerra. Non c’è grande differenza tra Pagnozzi o Malagò. E soprattutto non vedo idee forti. In Italia c’è di meglio, dirigenti superiori a loro. Gli atleti sono l’ultima ruota del carro, fanno già moltissimo. È il Paese a essere vecchio.”
La spending review tocca anche lo sport. Tocca anche il Coni e le federazioni che dal Coni ricevono le risorse economiche. Ma attenzione, a stringere la cinghia non sono i passeggeri saliti sul carrozzone della dirigenza, composta per lo più da personaggi che poco hanno a che fare con lo sport. Quelli che alle Olimpiadi erano in prima fila durante la cerimonia di apertura, davanti agli atleti. L’Italia è stata l’unica delegazione, su 204, in cui le teste bianche si sono piazzate in bella vista, prendendosi la ribalta e gli onori. Un’immagine emblematica, e piuttosto imbarazzante, che ben rappresenta le priorità del sistema Sport in Italia: prima la politica, poi tutto il resto. Abbiamo cercato di capire quanti dei fondi che il Coni, ente pubblico, riceve dallo Stato e distribuisce alle federazioni (che invece hanno natura privata) vengano veramente utilizzati per l’attività sportiva, specialmente di base, e quanti vengano invece spesi o sprecati nel funzionamento del sistema. Nella maggior parte dei casi abbiamo avuto enormi problemi a reperire i bilanci, sebbene il Coni, che li approva, obblighi le federazioni a renderli pubblici, anche perché le federazioni svolgono in parte attività di natura pubblicistica, come organi del Comitato olimpico italiano. Il Coni, che per il 2012 può contare su risorse per 428 milioni (di cui 408,9 provenienti dal ministero del Tesoro) per il 2011 ha versato alle federazioni, alle discipline associate, a enti di promozione sportiva e alle forze armate circa 294 milioni di euro e 246 milioni nel 2012. Il resto serve per far funzionare il Coni stesso (rimborsi spese, utenze…). Per il personale 58,5 milioni nel 2011 e 58,3 nel 2012. Solo 5 milioni vengono destinati al “progetto di alfabetizzazione motoria” nelle scuole primarie insieme al Ministero dell’istruzione. Un investimento che evidentemente non può bastare a realizzare una vera promozione sportiva, a creare non necessariamente dei giovani e precoci atleti specializzati, ma a diffondere una cultura dello sport in famiglia, a scuola, nella società. Ma sembra quasi che al Coni e alle federazioni questo aspetto non interessi, così oggi in Italia solo la metà dei bambini pratica sport al massimo due volte a settimana e il 23 per cento dei giovani tra i 6 e gli 11 anni ha problemi di obesità. Così un terzo degli italiani non fa sport, un terzo lo fa al massimo fino a tre volte a settimana (ma anche una sola) e soltanto un terzo lo fa assiduamente. Così si è tagliato sulla formazione dei tecnici, quelli veri, non quelli che in una manciata di ore prendono la qualifica di istruttore. Quelli che una volta si chiamavano Maestri dello Sport, usciti dalla Scuola centrale dello Sport, chiusa nel 1975 perché troppo oneroso l’impegno di dover assumere poi i diplomati come dirigenti, in posti “politicamente” utili da riservare magari a persone che con lo sport non c’entrano nulla.
Nel calcio, per i giovani si spendono 0spiccioli: la Lega nazionale dilettanti prende tutto. La Federcalcio ha ricevuto dal Coni 62,5 milioni di euro nel 2012, nel 2011 ne sono stati messi a bilancio 78,5 milioni, il 30 per cento circa dei fondi federali destinati ai settori non professionistici. Il settore giovanile dal 2007, dopo il commissariamento, è stato ridimensionato e l’attività regionale di tesseramento e organizzazione del calendario delle gare giovanili e scolastiche sono state affidate alla Lega nazionale dilettanti (Lnd), che si occupa di seconda e terza categoria, quelle che negli altri paesi si chiamano “amatori”. I comitati regionali del settore giovanile e scolastico della Figc ricevevano circa 6,5 milioni di euro l’anno, quota oggi scesa a poco meno di 2 milioni di euro: la differenza, 4,5 milioni, arriva nelle casse della Lnd. Un’operazione quella di tesseramento che avviene online proprio nell’ottica di riduzione dei costi. Come mai allora il cartellino oggi costa 1,5 euro in più rispetto a quello fatto da una persona fisica? Una piccola cifra che moltiplicata per 740mila piccoli iscritti rende circa un milione di euro in più. Non solo, il presidente della Lnd Carlo Tavecchio ha ben pensato, in un momento in cui le aziende licenziano o falliscono, di fare nuove assunzioni di dipendenti, con i soldi che secondo lo statuto dovrebbero andare all’attività giovanile, oltre a elargire ai 20 presidenti “volontari” dei comitati regionali diarie/rimborsi spese (quindi esentasse) per 2-3.000 euro mensili. E lo dice fiero: “Siamo riusciti ad entrare nel pacchetto di mutualità dei diritti televisivi che ci permetterà di assumere più di cento dipendenti e costruire più di venti campi. Due aspetti fondamentali per la crescita della Lnd sia per puntellare la base sia per varare dei nuovi centri federali”. In pratica con i 18 milioni che per regolamento sarebbero dovuti andare alla Figc e essere reimpiegati per il settore giovanile, la Lnd assume 104 dipendenti nelle delegazioni provinciali (8 milioni), del tutto inutili per i giovani calciatori, e realizza venti campi da calcio in erba sintetica (10 milioni, 500mila euro a campo). Un business gestito in modo monopolistico dal trittico Limonta (che produce l’erba artificiale) – Labosport (il laboratorio che analizza il manto) e Lnd servizi (che rilascia l’omologazione) col benestare di Tavecchi, amico di famiglia dei Limonta. Per omologare il campo in erba sintetica la procedura prevede un versamento di 4.800 euro alla Lnd servizi, un balzello che ricade, in teoria sui Comuni, di fatto sulle società. Campi realizzati in materiale plastico non biodegradabile e con controversi effetti sulla salute dei calciatori stessi.