Leggete quello che ha scritto come nota a margine IL MESSAGGERO qualche tempo fa.
Gli Atleti di Stato italiani a Pechino sono 175 su 347.
Più precisamente sono 42 su 49 nell'atletica; 14 su 16 nella canoa-kayak; 11 su 23 nel canottaggio (ho contato anche l'ultimo “assunto” dalle Fiamme Oro della Polizia), 7 su 17 nel ciclismo; 8 su 19 nella ginnastica (anche ritmica); 8 su 8 nel judo; 2 su 2 nella lotta; 9 su 33 nel nuoto; 2 su 2 nel nuoto di fondo; 4 su 4 nel pentathlon moderno; 4 su 4 nei pesi; 6 su 6 nel pugilato; 15 su 16 nella scherma (ma il 16° è un ex atleta di stato); 3 su 6 negli sport equestri; 3 su 3 nel taekwondo; 6 su 7 nel tiro a segno; 7 su 8 nel tiro al volo; 4 su 6 nel tiro con l'arco; 3 su 4 nel triathlon; 8 su 8 nei tuffi e 9 su 18 nella vela. Forse 175 su 347 può apparire una ripartizione equa; in realtà va considerato che 72 sono gli atleti (non statali) degli sport di squadra (calcio, pallanuoto, pallavolo), perciò gli atleti statali negli sport individuali, o quasi, complessivamente, sono più della metà ed alla fine saranno loro che vinceranno la quasi totalità delle medaglie italiane.
Inoltre circa il 50% sono dipendenti pubblici. O meglio atleti assunti in qualità di atleta all'interno delle Amministrazioni statali, forze armate e corpi di polizia, tutto ciò in base alle vigenti norme di legge.
Il fatto in se non sarebbe un problema; la statalizzazione degli atleti nelle forze armate, definiti perciò atleti di stato, è un fenomeno diffuso nel mondo, riguarda l'Italia, i paesi ex comunisti (Russia, Germania, ecc.), quelli ancora comunisti o pseudo tali (Cina), paesi emergenti (Barhein, Qatar) e paesi in via di sviluppo (Kenia). Lascia un po' perplessi non tanto i 160-170 che andranno a Pechino, ottimi atleti, quanto i 2500 circa complessivamente stipendiati dalla collettività, di cui circa 1300 sono appartenenti alle forze dell'ordine (esclusa Polizia penitenziaria). Notizia di ieri: 900 militari delle forze armate coadiuveranno le forze di polizia nel corso dell'estate. Paradossale questa collaborazione per cui i militari fanno i poliziotti e i poliziotti fanno gli atleti, gli allenatori, i commissari tecnici sportivi ed i musicisti, insomma tutto tranne che i poliziotti. Personalmente ritengo un male che lo sport italiano si debba basare sulla pubblicizzazione/statalizzazione dei migliori atleti del Paese, ma è solo la mia opinione, che forse vale meno di niente rispetto al silenzio della stampa che conta. Potrei suggerirvi qualche lettura in materia ma la redazione di il messaggero.it riterrebbe la cosa scorretta, certamente a ragione, e quindi non lo farò. Però credo di potervi dire di aver letto su una rivista di sci una caustica intervista di un certo Mario Cotelli che, almeno sugli sport invernali, condivide il mio punto di vista. Nessun lettore o giornalista de il messaggero ha interesse a parlare di questa particolare storia italiana?
L'Italia è il primo paese per numero di "atleti di stato.
Questo è ciò che si trova su Wikipedia sull’ argomento “Atleta di Stato”
La dizione atleta di stato ha definito per lungo tempo, genericamente, lo stato di quegli atleti, principalmente dell'Europa comunista, che erano inquadrati e stipendiati all'interno di amministrazioni statali al solo scopo di fare sport e vincere per il Paese di appartenenza. Per alcuni studiosi italiani di storia dello sport (Angela Teja) tale dizione sarebbe la parafrasi di altra, cioè sembrerebbe trarre origine dagli studi e dagli scritti di Pierre Arnaud, che definiva “athlètes de la République” gli atleti coltivati in apposite accademie per vincere, dare lustro al paese e alimentare il sentimento nazionalista nei paesi europei occidentali e orientali (P. Arnaud, Les Athlètes de la République. Gymnastique, sport et idéologie républicaine, 1870/1914, L'Harmattan, Paris, 1988). Anche Gianni Brera ha usato tale dizione, con riferimento alla prima partecipazione dell'Unione Sovietica ai Giochi Olimpici di Helsinki 1952:
"Ai giochi Olimpici di Helsinki (1952) appare ufficialmente l'U.R.S.S. e domina il campo …Si accusano apertamente i governi totalitari di coltivare la mala pianta dell’atleta di Stato" (G. Brera, Introduzione, in Sport enciclopedia, enciclopedia degli sport e degli atleti, Luciano Landi Editore, San Giovanni Valdarno, 1964, vol. I, pp. 15-71). Una dizione quindi spesso usata in modo spregiativo o comunque non elogiativo. delle Forze armate (Esercito italiano, Marina militare, Aeronautica militare e Arma dei Carabinieri), dei Corpi di Polizia (Fiamme Gialle della Guardia di finanza, Fiamme Oro della Polizia di Stato, Associazione Sportiva Dilettantistica Astrea e G.S. Fiamme Azzurre della Polizia penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato) e dei Vigili del fuoco. Tutte queste amministrazioni pubbliche sono beneficiarie delle norme della Legge 31 marzo 2000 n. 78 (Delega al Governo in materia di riordino dell’Arma dei carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di finanza e della Polizia di Stato. Norme in materia di coordinamento delle forze di polizia, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 4 aprile 2000, n. 79) con la quale sono state autorizzate all’assunzione diretta di atleti di interesse nazionale previa emanazione di apposito regolamento. Attualmente la Repubblica italiana stipendia nelle sue forze armate e nei suoi corpi di polizia sopra elencati circa 2500 tra atleti, tecnici e dirigenti sportivi ed è il primo paese occidentale in quanto ad "atleti di stato", in termini di successi sportivi, secondo solo a paesi ex-comunisti (Russia, Cina, Germania); ciò e dimostrato anche dal medagliere delle varie edizioni dei Giochi Mondiali Militari.