Autore Topic: CONI - UNA CASTA DA ABOLIRE  (Letto 22062 volte)

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Offline gunny

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Re:CONI - UNA CASTA DA ABOLIRE
« Risposta #10 il: Dicembre 22, 2013, 19:44:59 pm »
....................Lui , ormai per me l'innominato ,
prenderà comunque quei soldi che vorrà , sono dell'ente  e rispettano la decisione del MIN.DIFE.
pubblicata in gazzetta uff. , rigirosamente a carico ente.
 8) :-\ sarà grassa se non le prenderà tutte e due .....il furbetto germanico ,
quella dell'ente + quella della federazione sportiva.
Hai capito come funziona. !!?!?!?!?!?!?!?!?!!?
 :'( :'( :'( :'( :'( :'( :'( :'( :'( :'( :'( :'( :'( :'( :'( :'(

se i presidenti di sezione non lo capiscono ora mi sa tanto che non possa andar che peggio di quanto previsto...
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a brusa suta l' Susa

Offline VENDETTA

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Re:CONI - UNA CASTA DA ABOLIRE
« Risposta #11 il: Giugno 03, 2014, 07:12:38 am »
http://www.litaliano.it/index.php/italia1/italia-news/commenti/1007-il-verbo-della-casta-e-dilapidare

Il verbo della casta è dilapidare


ALBERTO BRUNO - Nella nostra lingua, così come in quelle romanze e persino in inglese, c’è un verbo, di etimologia latina, coniato dall’atto della lapidazione semitica dei condannati, che ha fonia e significato omogenei.
Dilapidare, in italiano significa letteralmente gettare pietre per intendere fare cattivo uso di ricchezze, amministrare  male, mandare in rovina patrimoni paragonandoli a sassi che vengono gettati, rendere cadente per incuria e assenza di riparazione.
La storia è piena di episodi di dissipazione di sostanze da parte di re, di nobili, di potenti e persino di religiosi, e guardando all’Italia di oggi si ha la sensazione di essere tutti vittime della congiura di una casta intenta a dissipare le nostre ricchezze, il nostro patrimonio culturale, la qualità della vita, la salute, la preservazione dell’ambiente, il futuro delle generazioni che verranno.
Dovunque si posi il nostro sguardo, in questi giorni di pessime condizioni climatiche, abbiamo la rappresentazione plastica del modo in cui è governato il paese: siti archeologici letteralmente cadenti più che per colpa del tempo e del clima a causa dell’incuria umana, pavimentazioni stradali che si sbriciolano, buche che sembrano trappole per ingoiare bestie feroci, transenne per segnalare pericolo tirate su alla pressappoco e che restano a testimoniare per lungo tempo l’assenza di riparazione, argini che non tengono, tombini e scoli otturati, pozzanghere come laghi su strade di grande scorrimento (ma quale somaro ha fatto la progettazione e i collaudi?) smottamenti su autostrade e ferrovie ecc.
Spostiamoci dalle strutture fisiche a quelle amministrative. Stesso spettacolo di desolazione. Amministrazione pubblica palesemente inefficiente, disorganizzata, che opera su modelli antiquati di almeno 50 anni, che vessa anziché aiutare il cittadino. Grandi imprese pubbliche o a partecipazione statale messe in mano a incompetenti senza uno straccio di trasparenza nelle procedure, senza alcun severo scrutinio dei curriculum. Società e Consorzi, veri carrozzoni, che hanno un’unica funzione quella di stipendificio pubblico, con una dissipazione di miliardi ogni anno, senza che venga realizzato alcun ammodernamento, progresso, semplificazione, miglioramento della produttività in favore della collettività dei contribuenti.
Le facce sono sempre le stesse: una casta immutabile, di un migliaio di persone che mettono radici come sequoie al vertice di enti pubblici e holding che operano sul mercato nazionale ed internazionale che non hanno mai portato un utile al paese, e che anzi hanno contribuito a precipitarlo in questo baratro.
Cinque anni fa il ministro della semplificazione Calderoli aveva stimato in 34.000 le poltrone in enti inutili, occupate da persone senza titoli a parte l’amicizia con chi aveva ordinato la loro promozione correlata solo al grado di servilismo. Come fu subito chiaro si trattò della classica campagna moralizzatrice a effetto televisivo. Di quell’esercito solo una cinquantina di dirigenti furono cancellati dal libro paga statale, gli altri rimasero saldamente al loro posto, proprio grazie ai soliti sponsor politici che avevano cucito loro addosso, come un abito su misura, funzioni, stipendi, consulenze e premi.
Il governo Monti, scremando alla grande, ne individuò solo 500, che avrebbero dovuto rassegnarsi con il primo decreto sulla spending review. Ma non è successo nulla.
Letta ha ripreso in mano l’esame della pratica ed ha pensato di includere il prosciugamento di tante rendite di posizione nel decreto per tagliare le Province. Anche in questo caso nulla di fatto e la palla è stata fatta rimbalzare nel campo del nuovo commissario al riesame della spesa Cottarelli. Campa cavallo!
Nella foresta della pubblica amministrazione che avrebbe bisogno di essere disboscata e riorganizzata su basi moderne un caso del tutto particolare è quello dell’ICE, Istituto che dovrebbe promuovere le nostre esportazioni. Nel 2011 Tremonti lo cancellò perché aveva un bilancio deficitario e perché riteneva fosse un’inutile doppione dei ministeri delle Attività produttive e degli Esteri. Le proteste di Confindustria e dell’alta burocrazia obbligarono Monti a mantenere in vita quel carrozzone e tutto è rimasto come prima.
Quando poi scoppiano i bubboni come quello di Mastrapasqua si assiste a scene a dir poco esilaranti. Tutti cascano dal pero. Nessuno si era accorto che era stato addirittura messo alla testa di un esercito di contribuenti, ed elevato al livello della propria incompetenza, un ex condannato per aver falsificato alcuni esami universitari, incapace di laurearsi onestamente con le proprie forze.
Il Primo ministro, dimentico della differenza tra persona onesta e saggia e il suo contrario, si esprime dall’estero dando a Mastrapasqua del saggio per aver preso la decisione di dimettersi!.
Se qualcuno prova a rimproverare questo governo per aver messo un impero finanziario in mano a un simile gaglioffo indagato per peculato, collezionista di poltrone da oltre un milione di euro, allora la scusa è pronta: a quel posto c’era da prima.
Solita tiritera per svilire un’altra parola nata come nobile, e finita per rappresentare il peggio della codardia di chi non ha il coraggio di assumersi le responsabilità: quella dello scarica barile. Questo termine nato per significare il senso di solidarietà, di catena umana nel portare pesi, è assurta oggi infatti al significato opposto di vigliaccheria di persone che cercano di esimersi dai propri doveri addossando sempre ad altri la responsabilità e il peso della decisione. Così il Ministro del Lavoro Giovannini, che in ragione della sua funzione è il controllore dell’INPS, si difende sostenendo di aver trovato Mastrapasqua in quel posto 10 mesi fa quando assunse la carica ministeriale. Il predecessore di Giovannini, la professoressa Fornero ora tiene a pubblicizzare i suoi falliti tentativi di liberarsi di Mastrapasqua e ammette la sua resa di fronte alla minaccia del PdL di far cadere il governo e via di questo passo.
Si può sperare che l’esperienza insegni?
Il governo si troverà entro breve a rinnovare qualche centinaio di incarichi prestigiosi di grandi imprese pubbliche o controllate con stipendi a sei cifre più tutti i costosi fringe benefits esentasse, a dispetto del decreto governativo di calmiere delle retribuzioni, a partire dal maggior gruppo industriale Eni (Scaroni, con stipendio da amministratore delegato di 6 milioni e mezzo di euro), Enel (Conti, quasi 4 milioni di euro), Poste, Ferrovie, Inps, Finmeccanica, Agenzia Entrate, Terna, Snam, Sea, Aeroporti, Aci, Consap, CdP, Fintecna, Anas, Invitalia, Fondazioni bancarie, Enav, ecc.
Per la verità, nessuno, nemmeno quello che dovrebbe essere il loro controllore diretto, il Ministro del Tesoro e dell’Economia, sa quanti siano perché molti sfuggono ad una chiara e precisa classificazione disciplinare. Una cosa però è certa: si tratta di persone anziane con patrimoni milionari, che hanno già scaldato i motori per vedersi prorogato l’incarico, mentre apparentemente il mondo politico si accapiglia pubblicamente sulla legge elettorale.
E il popolo italiano? Assisterà all’usuale spettacolo delle porte girevoli, al musical chairs tra politici trombati e amici degli amici e al seppellimento delle belle idee sulla buona governance di non oltrepassare i due mandati. Anziché turnover, sangue fresco, e rinnovamento della classe dirigente si continuerà a preferire la gerontocrazia di un’oligarchia sperimentata per fedeltà perché i vecchi boiardi della politica, ancorché morenti, sono intenzionati a continuare la loro opera di dilapidazione.


Offline diamante

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Re:CONI - UNA CASTA DA ABOLIRE
« Risposta #12 il: Giugno 10, 2014, 12:47:52 pm »

http://redazione.finanza.com/2014/06/09/mondiali-per-azzurri-niente-spending-review/


Gli sprechi Mondiali dell’Italia, per gli Azzurri niente spending review


Scritto il 9 giugno 2014 alle 14:56 da Redazione Finanza.com
Si avvicina la data del fischio d’inizio della 20esima edizione dei Mondiali di Calcio in programma dal 12 giugno in Brasile. L’Italia non parte tra le favorite del Mondiale, ma già prima del via si fregia di un record non proprio invidiabile, quello della spedizione mondiale più numerosa e costosa.
La spedizione azzurra partita per il Brasile è di un totale di 90 persone. All’elevato numero di componenti si aggiunge anche la scelta di una location non certo economica in barba alla spending review che da oltre due anni rappresenta il mantra per lo Stivale (e non solo viste le scelte decisamente più austere di molte altre nazionali).
Alloggio in Resort di lusso con i soldi della Fifa
Niente Hotel o sedi di club brasiliani. L’Italia di Prandelli ha posto la base del proprio ritiro premondiale al Portobello Resort di Mangaratiba. Il prezzo per notte delle stanze del Resort ammonta a 300 euro per un totale di 806mila euro di saldo a fine “vacanza”, nella speranza che la spedizione produca sul campo risultati “di lusso”.
Ovviamente i costi della spedizione non andranno a ricadere sugli italiani poiché la Figc si può avvalere del considerevole contributo da 9,5 milioni di dollari (circa 7 mln di euro) stanziato dalla Fifa in virtù della qualificazione alal fase finale. Considerando gli altri costi accessori dell’operazione Mondiale 2014 (voli, spostamenti le le gare, etc), il saldo per la Figc alla fine della prima fase a gironi dovrebbe essere in utile per 2 milioni di euro con costi per 4,7 mln fino al 24 giugno (data terza partita con l’Uruguay). Per gli Azzurri premi sono previsti solo in caso di arrivo almeno alle semifinali.
Come si sono regolate le altre grandi nazionali?
L’Inghilterra alloggia in un ex cinque stelle a Rio de Janeiro da 150-200 euro a notte (richieste 64 stanze) e secondo la stampa britannica gli uomini di Roy Hodgson avrebbero anche problemi di scarafaggi.
Vera e propria spending review per la Francia dopo la polemica sull’eccesso di lusso nella precedente spedizione sudafricana. Per i galletti stanze da soli 90 euro a notte a Ribeirão Preto, ben 400 chilometri lontani dalla costa.
Ha invece guardato oltre la Germania investendo nell’acquisto di un resort sulla spiaggia di Bahia giovandosi delle risorse aggiuntive arrivate dagli sponsor e pensando allo sfruttamento futuro dell’area in un’ottica immobiliare.


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Re:CONI - UNA CASTA DA ABOLIRE
« Risposta #13 il: Giugno 12, 2014, 11:43:50 am »
http://www.coni.it/it/notizie/primo-piano/20552-14-6.html

CONI: Comunicato del Consiglio Nazionale
Mercoledì, 11 Giugno 2014
Il 234° Consiglio Nazionale del CONI si è riunito oggi pomeriggio, alle ore 15, presso il Foro Italico, per discutere il seguente ordine del giorno:
1) Approvazione verbale della riunione del 7 maggio 2014: il verbale è stato approvato all’unanimità.
2) Comunicazioni del Presidente: Il Presidente ha aperto i lavori salutando Antonello Bernaschi, prossimo al traguardo della pensione, rendendogli merito per la proficua attività prestata all’Ente nel corso degli anni. Malagò ha anche ringrazianto la Samsung per la produzione di smartphone a tiratura limitata, chiamata a celebrare il Centenario dell'Ente. Sono stati quindi ricordati i risultati di rilievo conseguiti dagli atleti azzurri nell'ultimo mese e omaggiata contestualmente la memoria dei protagonisti del mondo agonistico scomparsi recentemente. Malagô ha quindi ricordato la bontà dei rapporti con il Governo, sottolineando la piena adesione del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Sport, Graziano Delrio, in merito alla riforma della giustizia sportiva e in vista di un percorso che rivisiti l’intero impianto normativo. Il Sottosegretario ha anche espresso il suo sostegno al discorso relativo all’indennità da riconoscere ai Presidenti federali, per la quale è attesa solo l’approvazione formale del Ministero: entro settembre diventerà un provvedimento esecutivo.Il Presidente ha ringraziato il Presidente del CONI Lazio, Riccardo Viola, per la brillante organizzazione del Game Open nel Parco del Foro Italico l’8 giugno e il numero uno della FIPAV, Carlo Magri, per la scelta di disputare Italia-Polonia di World League maschile al Centrale del Tennis, premiata dalla presenza di oltre 10 mila persone. Malagò ha anche annunciato novità relativa all’intera area del Foro Italico, anche legate alla copertura dello stesso Centrale. Il Consiglio è stato informato anche della positiva evoluzione dei preparativi in vista dei Beach Games di Pescara 2015, nonostante l’avvicendamento dei vertici territoriali, e dell’imminente incontro fissato per il 17 luglio con l’Istat per la presentazione del rapporto sullo sport del no profit. Malagò ha anche rivelato che, dal prossimo anno, Giunta e Consiglio si terranno nello stesso giorno, anche nell’ottica di un’opportuna spending review.
E’ stato successivamente comunicato che dall’anno prossimo scatterà, per ogni Federazione, l’onere della pubblicazione dei bilanci dei tre anni precedenti, mentre dal 2016 vigerà l’obbligo della certificazione.  Malagò ha quindi espresso soddisfazione per l’iter della riforma della giustizia sportiva e per l’approvazione dei regolamenti e delle relative nomine, sottolineando come siano state apportate modifiche al codice in base ai suggerimenti delle Federazioni giunti nell’ultima settimana. Un benvenuto è stato rivolto al neo Presidente della FISG, Andrea Gios, e un ringraziamento – per il lavoro svolto da Commissario – a Giorgio Scarso in vista dell’assemblea elettiva del CONI Sicilia, prevista il 21 giugno. Il Presidente, che ha anche ricordato la situazione legata al disavanzo della FISE e i passaggi che hanno portato alla proroga del commissariamento fino al gennaio 2015, ha infine ringraziato tutti quelli che si sono prodigati per la brillante riuscita delle celebrazioni del Centenario dell’Ente, oltre al Comitato guidato da Benedetta Rizzo.   
3) Attività FNS-DSA-EPS: Approvata la proroga del commissariamento FISE (astensione di Gianfranco Ravà)
4) Statuto CONI- Principi fondamentali statuti FSN: Sono state approvate le seguente delibere. 1) Recepimento delle condizioni indicate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri 2) Principi Trasparenza articolo 11 3) Principi Fondamentali articolo 15 - nuovi principi giustizia 4) Codice di Giustizia Sportiva 5) Regolamento Procura Generale 6) Regolamento Collegio di Garanzia 7) Nomina Procuratore Generale 8) Nomina Collegio di Garanzia 9) Autorizzazione Commissario ad Acta. Tutte le delibere sono state approvate all’unanimità tranne la terza e la quarta (voto contrario di Paolo Barelli).
5) Varie: Sui vari argomenti sono intervenuti: Prof. Giulio Napolitano, Giovanni Petrucci (Pallacanestro), Luigi Musacchia (Rappresentante Enti di Promozione Sportiva), Paolo Barelli (Nuoto), Riccardo Viola (Rappresentante Organi Territoriali), Riccardo Agabio (Ginnastica), Angelo Binaghi (Tennis), Carlo Magri (Pallavolo), Paolo Sesti (Motociclismo), Michele Dell’Olio (Sci Nautico), Marco Durante (Rappresentante Atleti), Riccardo Fraccari (Baseball), Damiano Tommasi (Rappresentante Atleti, Romolo Rizzoli (Bocce), Giorgio Scarso (Scherma). Il Consiglio, non avendo altre delibere da assumere, ha concluso i suoi lavori alle ore 17.15.



http://www.youtube.com/watch?v=bFLqUhtWNc4

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Re:CONI - UNA CASTA DA ABOLIRE
« Risposta #14 il: Giugno 12, 2014, 12:09:38 pm »
Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-02301
presentata da
MANUELA SERRA
martedì 10 giugno 2014, seduta n.258
SERRA, FUCKSIA, CASTALDI, MORRA - Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso che:

la Federazione italiana tennis (FIT), fondata a Firenze il 18 maggio 1910, è un soggetto con personalità giuridica di diritto privato riconosciuto dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e opera sotto la vigilanza tecnica, amministrativa e funzionale dello stesso; si tratta di un'associazione senza fini di lucro autorizzata a disciplinare, regolare e gestire lo sport del tennis e del beach tennis nel territorio nazionale e a rappresentarlo in campo internazionale;

la FIT opera sotto la vigilanza del CONI e agisce con autonomia tecnica, organizzativa e gestionale nel rispetto dell'ordinamento sportivo nazionale ed internazionale; agisce, inoltre, nel rispetto delle deliberazioni e degli indirizzi del Comitato internazionale Olimpico e dello stesso CONI, vista e considerata la rilevanza pubblicistica di alcuni aspetti dell'attività sportiva svolta;

l'associazione non persegue fini di lucro, tuttavia, nell'anno 2007 ha costituito tre società partecipate con fini di lucro, ed in particolare la Fit Servizi Srl, la Mario Belardinelli ADS e la Sportcast Srl;

inoltre risulta agli interroganti che la FIT, recentemente, ha acquistato 5 appartamenti di pregio da destinare alle sedi dei comitati regionali (Toscana, Sardegna, Sicilia, Abruzzo e Veneto);

lo scopo precipuo dell'attività dell'associazione è lo sviluppo e la promozione del tennis e del beach tennis attraverso varie attività, tra cui vi è la formazione degli atleti e la tutela della loro salute, la prevenzione e la repressione dell'uso di sostanze in grado di alterare le loro naturali prestazioni, la diffusione della cultura sportiva, solo per citarne alcune tra quelle indicate all'art.2 dello statuto della federazione;

considerato che per quanto risulta agli interroganti:

sussisterebbero, nonostante gli scopi societari, alcuni fatti, che se confermati, rappresenterebbero delle storture nella gestione degli stessi fini: tra questi si annovererebbe la mancata convocazione dei giovani tennisti più meritevoli, ma privi di mezzi, alle manifestazioni federali, convocazione subordinata alla partecipazione, a titolo oneroso, ad attività nei centri estivi federali. In tal modo si opererebbe un'evidente sperequazione ai danni dei ragazzi provenienti da famiglie che non sono in grado di affrontare gli esborsi economici necessari per frequentare i corsi;

la FIT avrebbe costituito una società col precipuo scopo di gestire il canale televisivo "Supertennis" a cui la stessa FIT avrebbe erogato, in tre anni, circa 15 milioni di euro di contributi; inoltre, il canale televisivo, trasmetterebbe i suoi programmi in Sardegna attraverso frequenze del digitale terrestre acquistate dal gruppo editoriale "Unione sarda", di cui è vicepresidente colui che fino a marzo 2014 è stato presidente del canale televisivo stesso;

considerato inoltre che:

le risorse economiche attraverso cui la FIT persegue i suoi scopi sono in parte di provenienza pubblica, circa il 25 per cento, di cui circa il 90 per cento elargite dal CONI. Ne deriva che le obbligazioni derivanti dalla stipula dei contratti di compravendita degli immobili indicati sarebbero state, verosimilmente, adempiute anche con risorse erogate dal CONI, oltre che con somme provenienti dalle quote corrisposte dai tesserati. Tali somme, quindi, sarebbero state distratte da quelle che sono le attività primarie della FIT, ovvero la promozione della cultura e del tennis e del beach tennis;

risulta agli interroganti che nel luglio 2010 il consiglio federale della FIT statuiva con propria delibera che l'accesso alle manifestazioni giovanili nazionali (ad esempio coppa Belardinelli, coppa d'inverno) doveva essere subordinato alla frequenza, a titolo oneroso, dei centri estivi FIT. Tale scelta, a parere degli interroganti, va a detrimento dei giovani privi di mezzi, sebbene meritevoli,

si chiede di sapere:

se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto;

se, nell'ambito delle proprie competenze, abbia adottato dei provvedimenti, o intenda adottarne, al fine di chiarire la sussistenza o meno della violazione delle disposizioni di carattere normativo che disciplinano i soggetti giuridici tra i quali è annoverata anche la FIT;

se risulti se il CONI abbia autorizzato la costituzione delle società richiamate;

se risulti che la gestione delle risorse economiche a disposizione della FIT sia congrua agli scopi perseguiti.

(4-02301)



Ma di cosa stiamo parlando?

Questi fanno quel che vogliono ed il guaio è che nessuno si scandalizza.

Offline diamante

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Re:CONI - UNA CASTA DA ABOLIRE
« Risposta #15 il: Agosto 19, 2014, 15:11:57 pm »
http://www.giustizia-amministrativa.it/rassegna_web/140509/2lxd8x.pdf

Sentenza richiamata nell'articolo.
Ciao


SEZIONE  ESITO  NUMERO  ANNO  MATERIA  PUBBLICAZIONE 
SEZIONI RIUNITE   SENTENZA  17  2014  -  07/05/2014 

Sentenza n. 17/2014/RIS


R E P U B B L I C A     I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE

in speciale composizione

composta dai signori magistrati:

Pasquale IANNANTUONO               Presidente

Nicola LEONE                                       Consigliere

Rossella SCERBO                               Consigliere

Daniela ACANFORA                            Consigliere

Clemente FORTE                                 Consigliere

Maria Teresa D’URSO                         Consigliere relatore

Luca FAZIO                                            Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio n. 370/SR/RIS; sul ricorso proposto dalla società per azioni Coni Servizi S.p.a., in persona dell’amministratore delegato Alberto Miglietta, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Ranieri e dall’Avv. Mario Sanino, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, Viale Parioli n. 180,

CONTRO

l’Istituto Nazionale di Statistica – ISTAT -, in persona del legale rappresentante p.t. rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12,

per l’annullamento

dell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196, oggetto del Comunicato ISTAT pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 settembre 2013 n. 228, nella parte in cui include la società per azioni Coni Servizi s.p.a.

Visto il ricorso iscritto al n. 370/SR/RIS.

Esaminati gli atti e i documenti di causa.

Uditi nella pubblica udienza del 2 aprile 2014 il relatore Consigliere Maria Teresa D’Urso, l’Avv. Massimo Ranieri, l’Avvocatura dello Stato in persona dell’Avvocato Roberta Tortora ed  il Pubblico Ministero in persona del Vice Procuratore generale  Roberto Benedetti

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 3 dicembre 2013, e ritualmente notificato, la società CONI Servizi S.p.a.  proponeva ricorso innanzi alle Sezioni riunite di questa Corte in speciale composizione e chiedeva, con vittoria di spese ed onorari, l’annullamento del Comunicato ISTAT, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, del 30 settembre 2013 n. 228, contenente l’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196 e di ogni altro atto a questo connesso, presupposto e conseguenziale.

Premessa un’ampia esposizione delle caratteristiche e degli scopi della società CONI Servizi S.p.a., parte ricorrente deduceva in primo luogo sull’ammissibilità del ricorso de quo, in nulla rilevando - a suo dire – l’avvenuto l’inserimento della summenzionata società in precedenti elenchi ISTAT, stante il valore annuale alla ricognizione dell’elenco ISTAT impugnato nella fattispecie, e successivamente argomentava circa la natura del rapporto della ricorrente con il CONI, normativamente fissato dall’art. 8 della l. 8 agosto 2002 n. 178, elencando i servizi e le prestazioni ad esso finalizzate.

In particolare, la società ricorrente precisava che, con la riforma di cui alla citata legge n. 178/2002, a differenza di altre ipotesi di società pubbliche privatizzate (es. Enel spa; Poste Italiane spa), l’ente pubblico CONI aveva mantenuto il compito di fissare  gli obiettivi di  politica sportiva e di finanziare le attività sportive, mentre alla società CONI Servizi S.p.a. era stato demandato il compito di perseguire tali obiettivi con l’efficienza e l’autonomia dell’imprenditore commerciale. Finalità queste – argomentava parte ricorrente – pienamente conseguite sia notevolmente riducendo l’indebitamento nei confronti del sistema bancario che avviando un processo di autofinanziamento per lo sport italiano mediante crescita dei ricavi di mercato.

Nel merito, parte ricorrente deduceva come primo motivo di impugnazione la violazione dell’art. 1, comma 5, L. 30 dicembre 2004 n. 311 (legge finanziaria 2005) e dell’art.1, comma 3, l. 31 dicembre 2009 n. 196 (legge finanziaria 2010), sotto il profilo di un’illegittima compressione del diritto di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione. Denunciava altresì la violazione degli artt. 6, commi 6,7,9, e 11, 9, commi 5,7,28 e 29, e 12, commi 1,2,3,7 e 9 del D.L. 78/2010, convertito dalla l. 122/2010, nonché la violazione dell’art. 8 del D.L. 95/2012, convertito dalla L. 135/2012. Ed invero, argomentava parte ricorrente, la legge 311/2004 non aveva inserito la CONI  Servizi S.p.a. nell’allegato 1 della medesima legge, avendone con ciò riconosciuto la specificità, in quanto società a totale partecipazione pubblica finalizzata ad operare con modalità imprenditoriali e secondo logiche industriali e commerciali anche sul libero mercato. Non a caso, rilevava ancora la ricorrente con riguardo alla propria governance, era stato attribuito al Ministero dell’Economia e delle Finanze di esercitare, quale detentore del 100% delle azioni, i poteri propri di qualsiasi azionista di società di capitali, con la conseguente illegittimità di atti che, come quello impugnato, avevano l’effetto di ricondurre nell’ambito della Pubblica Amministrazione una persona giuridica che invece era stata costituita proprio per operare al di fuori di siffatto circuito pubblicistico.

Come secondo motivo di impugnazione parte ricorrente deduceva il vizio di eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, e precisamente a titolo di illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento. Ed invero, secondo parte ricorrente negava la possibilità di rientrare nelle tre tipologie di cui al SEC 95, Settore delle Pubbliche Amministrazioni (settore S13), in quanto nel trasferimento operato dal CONI era ravvisabile un vero e proprio corrispettivo a titolo di controprestazione in esecuzione del contratto di servizio.

Con il terzo motivo di impugnazione parte ricorrente deduceva il vizio di eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità manifesta del provvedimento impugnato, che – a suo dire – avrebbe comportato sicuramente un’ulteriore riduzione degli introiti destinati alla stessa CONI Servizi S.p.a., in quanto lo stesso CONI  subirà le riduzioni che discendono dall’applicazione della citata normativa (cfr. leggi n. 122/2010 e n. 135/2012). Su tale specifico punto la ricorrente rappresentava che il TAR Lazio si era pronunciato con la sentenza n. 4826 del 2007, ritenendo che l’applicazione della cd. legge Bersani (l. 248/2006) comportava per la società CONI Servizi s.p.a. la riduzione delle sole voci di spesa del bilancio non connesse all’esecuzione del contratto di servizio con CONI e richiedeva, quindi, alle Sezioni riunite della Corte dei conti di esprimersi su questa stessa questione.

Con memoria depositata in data 17 febbraio 2014 si costituiva l’Avvocatura dello Stato.

In premessa, l’Avvocatura erariale riportava che l’odierna ricorrente, a decorrere dall’anno 2006 aveva impugnato dinanzi al TAR Lazio (RG 10676/2006; 10036/2007; 11255/2008; 9867/2010; 10521/2011)  tutti i comunicati ISTAT che hanno incluso la CONI Servizi S.p.a. nell’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato e che il primo giudizio si era concluso con sentenza di rigetto n. 4826 del 14 febbraio 2007, pronunciata dal TAR Lazio e poi confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato del  28 novembre 2012 n. 6014.

Con riferimento al primo motivo di impugnazione (pretesa illegittima compressione del diritto di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione, violazione degli artt. 6, commi 6,7,9, e 11, 9, commi 5,7,28 e 29,  e 12, commi 1,2,3,7 e 9 del D.L. 78/2010, convertito dalla l. 122/2010, e violazione dell’art. 8 del D.L. 95/2012, convertito dalla L. 135/2012), in quanto l’ISTAT, pur se per legge competente per individuare annualmente le Amministrazioni pubbliche da inserire nel conto economico consolidato, avrebbe invece soltanto aggiornato l’elenco dell’anno precedente, senza alcuna doverosa rivalutazione, secondo i vigenti paradigmi della statistica comunitaria, degli inserimenti precedenti in ragione delle eventuali modificazioni degli assetti economico-patrimoniali e di “governance” dei soggetti inseriti), l’Avvocatura dello Stato eccepiva l’inammissibilità del ricorso perché volto ad impugnare un atto avente rango legislativo, tale dovendosi ritenere l’elenco ISTAT in forza del richiamo operato dall’articolo 5, comma 7, d. l. 16/2012, convertito con modificazioni dalla l. 44/2012.

      Con riferimento al secondo motivo di impugnazione (eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, e precisamente per illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento) l’Avvocatura dello Stato eccepiva l’irrilevanza della forma giuridica di società per azioni dell’odierna ricorrente, dal momento che l’inserimento nel Settore S13 del SEC 95 discendeva soltanto dalla capacità economica di reperire sul mercato ricavi per una quota superiore al 50% dei costi di produzione.

Infatti, secondo quanto prospettato dall’Avvocatura erariale, il prezzo economicamente significativo era da definire in base al cosiddetto “criterio del 50%” (market/no market), e consisteva nell’accertare se i ricavi per prestazioni di servizi, realizzati in situazioni e condizioni di mercato (caratterizzato dalla concorrenza dal lato della domanda e/o dal lato dell’offerta) coprivano una quota superiore al 50% dei costi di produzione. Sul punto l’Avvocatura, richiamando le argomentazioni della sentenza del TAR Lazio n. 4826 del 2007, precisava che le somme trasferite alla società ricorrente a fronte del contratto di servizio stipulato con il CONI non potevano essere considerato un corrispettivo, in quanto erogate non a fronte di prestazioni specificamente individuate, ma per la generalità delle attività demandate alla società strumentale CONI Servizi S.p.a. Né tali somme potevano essere qualificate come ricavo per vendita di servizi, perché corrisposte a fronte di servizi non prodotti in condizioni di mercato, per le seguenti argomentazioni : CONI Servizi S.p.a. agiva in regime di monopolio ed, anzi, era stata costituita ad hoc, per svolgere i servizi propri dell'Ente Coni; le attribuzioni provenivano da affidamento diretto e non da una gara aperta anche a concorrenti privati; la quasi totalità dei servizi erano prodotti per l'Ente CONI, né vi erano altri soggetti privati concorrenti alla produzione degli stessi servizi alle stesse condizioni ed, infine, il corrispettivo erogato dall'Ente Coni copriva interamente i costi, al netto dei ricavi "propri", da ritenere quindi marginali. Inoltre, in applicazione del citato criterio “market/no market”, il rapporto tra i ricavi propri, cioè derivanti da vendite di servizi in condizioni di mercato, e i costi di produzione della società ricorrente erano stati pari per gli anni 2010 e 2011 rispettivamente al 20,2% e 22,5% del totale e, quindi, di gran lunga inferiori al richiesto valore del 50%.

     L’Avvocatura rilevava, inoltre, che la società ricorrente possedeva le caratteristiche di “unità istituzionale” richieste dal SEC 95 per la classificazione delle entità economiche ed è classificabile come “produttore pubblico”, in quanto soggetto a controllo da parte di Amministrazioni pubbliche (Ministero dell’Economia e delle finanze e CONI).

     Riguardo al terzo motivo di impugnazione (eccesso di potere come illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento sotto altro profilo e cioè con riferimento alla circostanza che dell’inserimento dello stesso CONI nell’elenco ISTAT) l’Avvocatura rilevava che l’inclusione nell’elenco ISTAT anche del CONI costituiva effetto dell’applicazione di norme di legge. Conseguentemente concludeva per il rigetto del ricorso, in quanto infondato in fatto ed in diritto, con vittoria di spese, competenze ed onorari.

     Con memoria depositata il 24 febbraio 2014, si costituiva la Procura generale della Corte dei conti, che, premesse osservazioni di carattere generale circa la attinenza del ricorso documentale versato in atti con il giudizio instaurato innanzi a queste Sezioni riunite, avanzava dubbi circa  la carenza dell’interesse ad agire, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., con riferimento alla circostanza, lamentata da parte ricorrente, che l’assoggettamento ad una disciplina legislativa fosse di per sé produttiva di una lesione una lesione giuridicamente apprezzabile e tutelabile.

     Eccepiva, inoltre, l’infondatezza nel merito del ricorso, innanzitutto perché la società CONI Servizi S.p.a. rivestiva natura di unità istituzionale di natura pubblica, con il profilo di produttore di beni o servizi non destinabili alla vendita, atteso il prevalente ed assorbente rapporto funzionale con l’Ente CONI.

La Procura generale rilevava, inoltre, la carenza del carattere di “ente market”, in quanto la società ricorrente ricavava una percentuale elevata delle proprie risorse, precisamente circa l’80% del totale, dal rapporto monopolistico intrattenuto con l’Ente CONI, sulla base di uno strumento normativamente stabilito (il contratto di servizio) a remunerazione delle attività svolte a favore dell’ente pubblico in maniera globale e non con riferimento a singole e specifiche prestazioni di servizi.

La Procura generale proseguiva, poi, con una analitica disamina delle caratteristiche della società ricorrente, quali ricavabili dall’articolo 8 del d.l. 138 del 2002 (legge istitutiva della società CONI Servizi s.p.a.), evidenziandone la natura giuridica di società per azioni in senso soltanto formale, prevalendo al contrario il dato costituito dala sua finalizzazione al perseguimento di interessi pubblici.

 Infine, nel rilevare la non congruenza rispetto al presente giudizio delle critiche mosse nel ricorso introduttivo alle sentenze del giudice amministrativo concludeva per il rigetto del ricorso e la condanna alla rifusione delle spese di giudizio in favore delle controparti.

Con nota del 26 febbraio 2014 gli avvocati di parte ricorrente chiedevano il differimento della data di udienza, fissata per il 5 marzo 2014, ad altra data per concomitanti impegni giudiziari. Con decreto presidenziale n. 40 del 10 marzo 2014  la data dell’udienza veniva differita al 3 aprile 2014.

All’udienza del 3 aprile 2014 l’Avv. Ranieri richiamava le argomentazioni dedotte nella memoria introduttiva del giudizio, evidenziando che la contestazione dell’inserimento della società CONI Servizi S.p.a. nell’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato originava dalla contestazione della metodologia valutativa  che legittima l’ISTAT a tale inserimento. Rilevava, inoltre, che, sebbene secondo il criterio market/no market il fatturato 2013 della società è ascrivibile per il 77% circa al CONI e per il 23% al mercato, essa operava come soggetto imprenditoriale anche nei confronti del CONI. Concludeva, quindi, per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese ed onorari.

Depositava, altresì, in udienza estratto del verbale del 21 marzo 2014 del Consiglio di Amministrazione contenente la ratifica della procura alle liti per il presente  ricorso proposto innanzi alla Corte dei conti Sezioni riunite in sede giurisdizionale inizialmente su procura del solo amministratore delegato.

L’Avvocato dello Stato nel proprio intervento reiterava le argomentazioni contenute nella memoria dianzi richiamata, in particolare insistendo sulla eccezione di legificazione dell’elenco ISTAT impugnato e richiamando le argomentazioni del Consiglio di Stato della sentenza del  28 novembre 2012, n. 6014. Concludeva, infine, per la reiezione del ricorso nel merito con condanna alle spese di giudizio

La Procura generale, nel premettere che la presenza del P.M. nel presente giudizio era richiesta nell’interesse della legge e della corretta attuazione dell’ordinamento, evidenziava che, in precedenza, le stesse domande ed argomentazioni erano già state proposte al giudice amministrativo, in siffatta sede essendone respinte. Pertanto, a dire della Procura Generale, il ricorso de quo era da ritenersi precluso per l’esistenza di un giudicato amministrativo, essendo rimasti immutati i presupposti di fatto che negli anni precedenti avevano determinato l’inclusione dell’odierno ricorrente nell’elenco ISTAT.

La Procura generale concludeva, quindi, per il rigetto del ricorso con condanna al pagamento delle spese di lite

MOTIVI DELLA DECISIONE

Viene in discussione il ricorso proposto dalla società per azioni CONI Servizi S.p.a. avverso l’elenco delle amministrazioni pubbliche oggetto del comunicato ISTAT pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, del 30 settembre 2013 n. 228, che contiene l’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196, nella parte in cui vi include la società per azioni CONI Servizi S.p.a..

Il Collegio deve, innanzitutto, farsi carico di esaminare le eccezioni processuali sollevate dalle controparti in ordine alla ammissibilità del ricorso, che, ai sensi dell’art. 1, comma 169, della legge n. 228 del 2012 , si svolge nelle forme processuali dei giudizi ad istanza di parte, disciplinati dall’art. 58 del R.D. n. 1038 del 1933, come integrato dalle disposizioni generali recate dal Titolo I del Regolamento di procedura, così come esegeticamente individuato dalla sentenza – ordinanza n. 3/2013/RIS dell’11 luglio 2013 di queste Sezioni riunite.

Con riguardo alle questioni processuali va data priorità alla eccezione di inammissibilità illustrata dall’Avvocatura dello Stato nella memoria difensiva e nella difesa orale, nell’assunto che l’ elenco ISTAT impugnato, in quanto mera reiterazione del precedente elenco oggetto del comunicato ISTAT 28-9-2012, sarebbe assurto a rango legislativo (“cd. legificazione”); in tal senso militerebbe, a parere dell’Avvocatura, la modifica dell’art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009 n. 196, operata dall’art. 5, comma 7, del decreto legge 2 marzo 2012 n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012 n. 44.

In sostanza, la menzione dell’elenco ISTAT 2012 negli estremi di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale avrebbe avuto l’effetto di far perdere ad esso la connotazione provvedimentale, per assurgere a rango di norma primaria. Da ciò conseguirebbe che, trattandosi, nella specie, di soggetto già incluso negli elenchi “cristallizzati” in legge, il ricorso proposto avverso l’elenco ISTAT del 2013 sarebbe inammissibile.

Tale eccezione è infondata, come chiarito da parte di queste Sezioni riunite nella sentenza n. 7/2013/RIS, che hanno, con motivate e puntuali argomentazioni, che qui si intendono integralmente richiamate e dalle quali il Collegio non ritiene sussistere fondate argomentazioni per discostarsene, respinto tale opzione interpretativa, ritenendo conclusivamente che oggetto di impugnazione è costituito non da un atto di rango legislativo, ma un atto ricognitivo di natura amministrativa. Ciò in quanto la menzione degli elenchi ISTAT con gli estremi di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale “..non abbia altro significato che quello reso palese dalle espressioni utilizzate dal legislatore e, cioè, quello di individuare l’ambito applicativo delle disposizioni in materia di finanza pubblica, …. indicando la platea dei destinatari delle norme di ciascun anno”. Si tratta, quindi, di una operazione di mera identificazione degli elenchi, senza che questi ultimi assumano una valenza diversa da quella che essi avevano al momento della loro pubblicazione e che traeva titolo dall’originaria pubblicazione dell’art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e prima ancora dall’art. 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004 n. 311.

L’interpretazione sostenuta dall’Avvocatura dello Stato contrasta, altresì, con la disposizione recata dal comma 3 dell’art. 1 della legge n. 196 del 2009, secondo cui «la ricognizione delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 è operata annualmente dall’ISTAT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre» e con la normativa comunitaria, che affida agli Istituti nazionali di statistica il compito di predisporre annualmente l’elenco delle unità istituzionali che rientrano nel settore delle amministrazioni pubbliche, la cui contabilità concorre alla formazione del conto economico consolidato.

In particolare, appare in contrasto con la regolamentazione europea l’assunto secondo cui la ricognizione delle amministrazioni pubbliche – che, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, deve essere effettuata annualmente dall’ISTAT con proprio provvedimento - sia ridotta per gli anni successivi al 2012, in conseguenza della pretesa “legificazione” degli elenchi redatti nelle annualità precedenti, a una mera ripetizione di quegli elenchi “legificati” o “cristallizzati”. Al contrario, l’inclusione nell’elenco annuale delle amministrazioni pubbliche presuppone un accertamento della sussistenza (o della permanenza) delle condizioni stabilite dagli «specifici regolamenti dell’Unione europea», affinché un’unità istituzionale possa essere qualificata come amministrazione pubblica.

Conclusivamente, il ricorso è ammissibile in quanto l’oggetto di impugnativa è costituito da un atto ricognitivo di natura amministrativa e non da un atto di rango legislativo.

Così egualmente deve essere esaminata la sussistenza dell’interesse ad agire, ai sensi dell’articolo 100 c.p.c., quale eccezione proposta dalla Procura generale, con riferimento agli effetti pregiudizievoli lamentati da parte ricorrente, che discenderebbero dalla impropria applicazione ad essa della normativa di cui al d.l. 78 del 2010 ed al d.l. 95 del 2012.

L’eccezione, a parere del Collegio, è infondata e non merita accoglimento, laddove si consideri che, per giurisprudenza consolidate della Suprema Corte (Cass. n. 15355/2010; Cass. n. 27151/2009; Cass. n. 28205/2008; Cass. n. 24434/2007; Cass. n. 10661/2004; Cass. n. 9172/2003), l’interesse ad agire consiste in quella situazione giuridica subiettiva di vantaggio sostanziale, il cui riconoscimento viene posto ad oggetto della pretesa fatta valere in giudizio e si concreta nell’esigenza di colui che propone la domanda di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile e non altrimenti conseguibile .

In questo senso deve ritenersi che nel presente giudizio la parte sia legittimata a proporre la domanda, in quanto la pronuncia richiesta è astrattamente idonea al conseguimento del risultato utile richiesto.

Prima di esaminare il merito della questione, si precisa che parte ricorrente articola il ricorso de quo sulla base di una espressa e ripetuta richiesta di “rimeditazione” delle argomentazioni della sentenza n. 4826/2007 del TAR Lazio.

A prescindere dalla non irrilevante circostanza che tale sentenza, come evidenziato dall’Avvocatura dello Stato nella memoria di costituzione, risulta confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato del  28 novembre 2012, n. 6014 e è, pertanto, coperta da giudicato amministrativo, risulta doveroso precisare che esula dai compiti, poteri e attribuzioni di questo Collegio qualsivoglia valutazione e/o interpretazione riguardante i percorsi logici ed argomentativi che hanno portato altro Giudice, precedentemente adito dalla stessa ricorrente, ad emettere provvedimenti giurisdizionali.

Tanto precisato, a fronte delle deduzioni operate dalla Procura generale (che nulla, tuttavia, eccepisce sul punto sotto l’aspetto processuale), questo Giudice ritiene che i frequenti richiami all’auspicata modifica costituiscano meri errori materiali, qualificabili come  refusi di stampa. Conseguentemente gli stessi possono essere interpretati e valutati in questa sede quali autonomi motivi di doglianza avverso l’impugnato Comunicato ISTAT, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, del 30 settembre 2013 n. 228, contenente l’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196 di cui si richiede l’annullamento.

Per le medesime motivazioni non può trovare delibazione nel presente giudizio la valutazione di merito operata dal TAR Lazio nella già citata sentenza n. 4826/2007, circa le modalità operative della cd. legge Bersani (l. n. 248/2006) sul contratto di servizio stipulato con il CONI, perché considerato nel presente ricorso non quale autonomo motivo di impugnazione, ma quale giudizio espresso da giudice di altro plesso giudiziario nell’ambito del proprio potere di delibazione.

Fatta questa doverosa premessa e venendo all’esame del merito del ricorso, si precisa che parte ricorrente  lamenta di essere stata impropriamente inclusa nell’elenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche del 2013, sulla base delle seguenti argomentazioni:

-       Violazione dell’art. 1, 5° comma, legge n. 311 del 2004 e dell’art. 1, 3° comma, della legge n. 196 del 2009,  per non aver l’ISTAT adeguatamente valutato la natura civilistica  della società ricorrente, trattandosi di società di diritto privato a totale partecipazione pubblica  operante con modalità imprenditoriali e secondo logiche industriali e commerciali anche nei confronti di CONI servizi, oltre che di soggetti terzi. A tal proposito precisa che la società ricorrente opera sul mercato per creare reddito nell’interesse dello sport italiano, pur riconoscendo che il peso del cliente CONI sul fatturato è ad oggi “prevalente (anche se in costante diminuzione)”. Evidenzia,  infine, la società ricorrente è comunque tenuta alla ricerca dell’equilibrio tra costi e ricavi, nel rispetto del principio principale  dell’attività di impresa e cioè del perseguimento dello scopo lucrativo ex art. 2247 c.c.. La società ricorrente evidenzia anche il difetto del requisito soggettivo, richiesto dal SEC 95 agli effetti classificatori, per essere compreso tra i soggetti sottoposti al controllo di una amministrazione pubblica e cioè l’essere soggetto a “controllo pubblico”, dal momento che l’unico azionista (il Ministero dell’Economia e delle Finanze) esercita i poteri di qualsiasi azionista di società di capitali, mentre l’unica specificità dettata dalla legge istitutiva (art. 8, comma 4, l. n. 178/2002) riguarda la designazione da parte del CONI dei componenti degli organi sociali.

-       Eccesso di potere sotto l’aspetto dell’illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento per non aver l’ISTAT adeguatamente valutato il difetto del requisito oggettivo, richiesto dal SEC 95 agli effetti classificatori, per l’inserimento tra i soggetti sottoposti al controllo di una amministrazione pubblica e cioè la produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita. La società ricorrente ritiene, infatti, di non rientrare  né nella lettera b) del settore S13 del SEC 95, in quanto società che persegue uno scopo di lucro attraverso la produzione e la vendita di servizi di natura commerciale a corrispettivi di mercato non solo al CONI, ma anche a soggetti terzi, né nella lettera a) in quanto i suoi ricavi per prestazioni di servizi a terzi (CONI ed altri soggetti privati) sono superiori ai costi di produzione. In sostanza, parte ricorrente ritiene il contratto di servizio stipulato con il CONI  individui nel dettaglio le prestazioni dovute e ciò esclude che il corrispettivo possa essere considerato contributo pubblico. Così considerato trattasi di  un corrispettivo correlato a prestazioni effettuate in regime di mercato e come tale ascrivibile alla voce “ricavi”, superando ampiamente il test “market/no market”.

-       Eccesso di potere sotto altro profilo sotto l’aspetto dell’illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento per avere l’ISTAT incluso nel Comunicato ISTAT impugnato anche il CONI . Questo darebbe secondo parte ricorrente origine ad un “effetto a cascata”, in quanto CONI Servizi s.p.a., oltre a risentire degli effetti limitativi di spesa derivanti in via diretta dall’inserimento nell’elenco ISTAT, risentirebbe anche dei tagli che subirà, a sua volta, il CONI. 

Tali doglianze, così come articolate nel ricorso proposto, non risultano fondate e meritevoli di accoglimento per le motivazioni di seguito esplicate.

Per un esatto inquadramento della problematica, occorre premettere che, ai sensi del Regolamento CE n. 2223/96 del 25 giugno 1996 del Consiglio, relativo al "Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità Ue" (SEC 95), l'Istituto Nazionale di Statistica è chiamato a predisporre annualmente il conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche nell'ambito della Procedura sui Deficit Eccessivi regolata dal Trattato di Maastricht.

Il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (SEC95), di cui al citato Regolamento CE 25.6.1996 n. 2223/96 del Consiglio,  rappresenta un sistema contabile comparabile a livello internazionale, utilizzato quale riferimento per le statistiche sociali ed economiche dell'Unione europea e dei suoi Stati membri" (cfr. Allegato A del Reg. CE 25.6.1996 n. 2223/96).

L'elaborazione del conto economico consolidato si basa sulla corretta individuazione delle unità istituzionali che fanno parte del Settore "Amministrazioni Pubbliche" (AP), denominato S13, secondo i criteri fissati dal citato Regolamento UE n. 2223/96 
 
 (SEC95) e dal relativo "Manuale del SEC95 sul disavanzo e sul debito pubblico", che costituisce uno strumento di interpretazione del predetto Regolamento.

L’elenco delle unità che fanno parte del settore S.13 costituisce la base per la compilazione da parte dell’ISTAT del conto economico delle Amministrazioni Pubbliche previsto dalle norme europee e rappresenta il riferimento per il calcolo degli aggregati dell’indebitamento netto e del debito delle amministrazioni pubbliche. I medesimi dati sono utilizzati dall’Unione Europea ai fini del monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica anche per verificare la congruenza degli stessi rispetto agli obiettivi definiti da ciascun Paese con il proprio programma di stabilità e crescita.

Tuttavia, a livello nazionale l’elenco ha assunto funzioni ben più ampie, essendo stato previsto dall’art. 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004 n. 311 (legge finanziaria 2005) che «Al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle relative note di aggiornamento, per il triennio 2005-2007 la spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l’anno 2005 nell’elenco 1 allegato alla presente legge e per gli anni successivi dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica».

Ancora più significative appaiono le disposizioni recate dalla legge di contabilità e finanza pubblica 31 dicembre 2009 n. 196, il cui art. 1 ha previsto, al comma 1, che «Le amministrazioni pubbliche concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica sulla base dei principi fondamentali dell’armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica, e ne condividono le conseguenti responsabilità»; e, al comma 2 (nel testo originario), che «Ai fini della presente legge, per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e gli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari».

Il comma 2 dell’art. 1 è stato, successivamente, modificato dall’art. 5, comma 7, del decreto legge 2 marzo 2012 n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012 n. 44.

È rimasta, però, invariata la finalità costantemente seguita dal legislatore nazionale di utilizzare l’elenco ISTAT delle Amministrazioni Pubbliche quale ambito di riferimento delle misure economico-finanziarie stabilite dalla legge finanziaria di ciascun anno e da altri atti legislativi volti a raggiungere gli obiettivi della armonizzazione e del coordinamento della finanza pubblica, nonché del contenimento della spesa pubblica (Corte dei conti, Sezione riunite, sentenza ordinanza n. 3/2013/RIS dell’11 luglio 2013).

A mero titolo esemplificativo, oltre alle disposizioni di carattere generale contenute nella legge n. 196 del 2009, è sufficiente rammentare le norme recate dall’art. 6 del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 (in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) e il decreto legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 135 (sulla cosiddetta spending review). Da tutto quanto sopra premesso, discende la infondatezza di ciascuna delle argomentazioni proposte da parte ricorrente, a cominciare dalla natura di soggetto di diritto privato, che osterebbe all’inquadramento  tra le pubbliche amministrazioni.

La società ricorrente, pur essendo un soggetto di diritto privato, può correttamente essere inserita, dal punto di vista economico a termini di Regolamento SEC 95, nella categoria dei produttori pubblici di beni e servizi non destinabili alla vendita (no market), in quanto, in tale ambito, vanno collocati i soggetti che sono controllati e prevalentemente finanziati da amministrazioni pubbliche e che vendono “servizi” a prezzi ritenuti economicamente non significativi, in quanto il cash flow proveniente da soggetti diversi dai pubblici finanziatori non raggiunge la soglia critica del 50%. In particolare, parte ricorrente nega di poter essere considerata un “organismo pubblico”, perché, a suo dire, opererebbe in applicazione di principi e logiche di mercato ed in quanto il corrispettivo del contratto di servizio stipulato con il CONI non può essere considerato un contributo pubblico, bensì una controprestazione in senso proprio, correlata specificamente alle prestazioni di servizi effettuate a favore del committente CONI e, quindi, ascrivibile alla voce ricavi del conto economico, con ciò determinando un rapporto ricavi/costi ben superiore a quello indicato dall’ISTAT.

Tale ricostruzione non può trovare accoglimento.

Ad avviso del Collegio il corrispettivo ricevuto dal CONI  in base al contratto di servizio per l’anno 2013, versato in atti (all. 3 al ricorso introduttivo), non è ascrivibile alla voce ricavi del conto economico, perché non è corrisposto a fronte di servizi prodotti in condizioni di mercato.

Ed infatti, CONI Servizi s.p.a. interagisce con il CONI  in condizioni di monopolio e senza altri soggetti privati concorrano alla produzione degli stessi servizi alle stesse condizioni, in base ad un affidamento diretto del contratto e producendo servizi e prestazioni in misura assolutamente dominante per il CONI, come pacificamente ammesso anche dalla stessa ricorrente. A ciò si aggiunga che, in base all’articolo 6 del contratto medesimo ( Corrispettivo per i servizi e prestazioni resi dalla CONI Servizi s.p.a.), il corrispettivo è stabilito non facendo riferimento al prezzo delle singole prestazioni, ma con modalità forfettarie rapportate a linee di attività assolutamente generali (es. “1. attività e servizi dedicati al CONI relativi al funzionamento degli uffici destinati all’attività istituzionale, alla realizzazione dei programmi di attività deliberati dalla Giunta Nazionale, allo sviluppo di progetti specifici..; 2. Attività e servizi dedicati alle strutture territoriali del CONI, relativi al funzionamento degli uffici centrali e periferici …; 3. Supporto nell’elaborazione, sviluppo e attuazione di strutture dedicate della CONI servizi spa del progetto CONI di ridefinizione degli assetti organizzativi e operativi del territorio….; 4. Sviluppo per l’Ente CONI di progetti specifici quali, ad esempio, quelli finalizzati alla ricerca scientifica applicata allo sport”).

Trattasi, quindi, di una erogazione, che a prescindere dal nomen iuris, assume la natura di trasferimento pubblico, erogato in assenza di qualsivoglia rischio d’impresa e del tutto distinto dalla natura di ricavo proprio connesso alla erogazione di servizi in condizioni di mercato. Al riguardo, giova precisare che il prezzo è definito economicamente significativo in base al cosiddetto "criterio del 50%", che consiste nell'accertare se i ricavi propri per prestazioni di servizi, realizzati in situazioni e condizioni di mercato, coprano una quota superiore al 50% dei costi di produzione. Secondo tale criterio, per ricavo (ricavo proprio) si intende il corrispettivo per la cessione di beni o la prestazione di servizi realizzato in condizioni di mercato, caratterizzato dalla concorrenza dal lato della domanda e/o dal lato dell'offerta. In applicazione di tale criterio interpretativo, il risultato del test “market/no market” per la società ricorrente, come riferito in memoria dall’Avvocatura dello Stato e confermato anche da parte ricorrente (laddove fa riferimento al “corrispettivo” del contratto di servizio stipulato con il CONI),  risulta di gran lunga inferiore al 50%, con conseguente legittimità dell’inclusione della società ricorrente nel settore delle amministrazioni pubbliche (S13).

Per maggiore chiarezza giova, altresì, evidenziare che, secondo il Manuale SEC, l’unità istituzionale pubblica, finanziata prevalentemente da una amministrazione pubblica sulla base dei propri costi o di una negoziazione (budget globale), va classificata nel settore delle amministrazioni pubbliche, in quanto questi finanziamenti non corrispondono a vendite; nello stesso senso, anche i pagamenti effettuati dalle amministrazioni pubbliche ad una unità istituzionale pubblica in relazione a servizi effettivamente prestati non vanno considerati vendite, quando gli stessi prezzi non possono essere applicati a servizi analoghi forniti da produttori privati ovvero quando gli stessi rispondono a funzioni puramente amministrative al fine di assegnare i finanziamenti, controllare e confrontare i costi, migliorare la produttività interna delle unità pubbliche.

Lo stesso regolamento SEC95, per converso, qualifica come ricavi soltanto quei contributi erogati per singola unità di bene o servizio prodotto o importato. Essi possono consistere in un determinato importo di denaro per una unità di quantità di un bene o servizio oppure possono essere calcolati “ad valorem”, nella forma di una determinata percentuale del prezzo per unità. I contributi possono anche essere calcolati quale differenza tra un dato prezzo di riferimento e il prezzo di mercato effettivamente pagato da un acquirente (paragrafo 4.33). Alla luce della stessa normativa comunitaria, appare, quindi, evidente che le erogazioni di cui trattasi non possono essere valutati al fine di far considerare l’odierna ricorrente quale ente market.

Egualmente infondata appare, nel caso dell’odierna ricorrente, l’asserita carenza di controllo pubblico, stante il rapporto istituzionale che esiste tra il CONI, ente pubblico nazionale,  e la società per azioni CONI Servizi s.p.a., funzionale al perseguimento di interessi pubblici dello stesso CONI, di cui rappresenta, anche sotto l’aspetto della governance, una articolazione. Infatti, secondo quanto risulta dall’ articolo 8, comma 4, della già citata legge  n. 178 del 2002, spetta al Ministero dell’Economia e delle finanze la proprietà di tutte le azioni costituenti il capitale sociale, mentre compete al CONI la designazione del Presidente e di tutti gli altri componenti del Consiglio di amministrazione, al Ministro dell’Economia e delle finanze la designazione del Presidente del Collegio dei sindaci  ed al Ministro per i Beni e le attività culturali la designazione degli altri componenti del Collegio dei sindaci.

Sempre l’articolo 8 dispone la provenienza statale dei beni immobili patrimoniali conferiti alla Società (comma 6); l’assoggettamento della società al controllo della Corte dei conti con le modalità previste dall’art. 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259 (comma 10); la provenienza pubblica (CONI) del personale transitato alla Società (comma 11) e la vigilanza sul CONI da parte del Ministero per i Beni e le attività culturali (comma 14), che, come già detto, nomina i membri dell’organo di controllo della Società.

Questi essendo i tratti salienti della struttura organizzativa della società, osserva il Collegio che la funzione ivi assegnata alle amministrazioni pubbliche, anche in via indiretta, è pervasiva. Significativa è, poi, la circostanza che spetta al CONI la designazione del Presidente e di tutti i componenti del Consiglio di amministrazione,  trattandosi di funzione che - tenuto conto delle ampie competenze del C.d.A. - si traduce nella capacità di influire in modo significativo su ogni aspetto gestionale amministrativo e contabile, indirizzando le decisioni dell’organo collegiale.

Parte ricorrente, poi, lamenta una ricaduta “a cascata” delle riduzioni di spesa normativamente previste, in quanto si determinerebbe una duplicazione di tagli a carico della società CONI Servizi s.p.a., direttamente a causa del  proprio inserimento nell’elenco impugnato ed indirettamente per gli effetti riflessi derivanti dall’inserimento anche del CONI nello stesso elenco.

Tale doglianza  è priva di fondamento e va respinta. Infatti, l’eventuale effetto riflesso, di cui parte ricorrente si duole, deriva dall’applicazione anche al CONI di misure di finanza pubblica e spending review, che l’ISTAT, riscontrandone i requisiti, è tenuta ad applicare in ossequio alla normativa nazionale (art. 1, comma 2, legge n. 196 del 2009) e comunitaria (SEC 95) già ampiamente richiamata.

Conclusivamente, per tutte le ragioni ampiamente esposte, il ricorso è infondato e va respinto nel merito.

Alla soccombenza  segue la condanna di parte ricorrente al pagamento, in favore della controparte, delle spese e degli onorari di difesa, la cui liquidazione è fissata in complessivi euro duemila.

In considerazione della riproposizione della domanda giudiziaria nonostante siano rimasti immutati i presupposti di fatto che a decorrere dal 2006 hanno determinato l’inclusione della società ricorrente nei precedenti elenchi ISTAT, il Collegio dispone che la segreteria, oltre alle comunicazioni di rito, comunichi la presente sentenza anche alla Procura regionale della Corte dei conti per eventuali valutazioni di competenza.

P.Q.M.

Il Collegio rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso delle spese giustiziali e degli onorari, che si liquidano in complessivi euro duemila. Dispone, altresì, che la segreteria, oltre alle notificazioni e comunicazioni di rito, comunichi la sentenza anche alla Procura regionale della Corte dei conti di Roma per eventuali valutazioni di competenza.

L’ESTENSORE                                          IL PRESIDENTE

   (Maria Teresa D’URSO)                         (Pasquale IANNANTUONO)

 

Depositata in Segreteria il  7 maggio 2014

Il Dirigente

(Maria Laura Iorio)
« Ultima modifica: Agosto 19, 2014, 15:36:18 pm da diamante »

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Re:CONI - UNA CASTA DA ABOLIRE
« Risposta #16 il: Agosto 23, 2014, 20:05:55 pm »
10:50 - sabato 23 agosto 2014
Le Federazioni sportive spingono per la redistribuzione dei contributi CONI alla FIGC. Il M5S pronto ad accendere i riflettori su questi enti sportivi. Share/Bookmark

Il 2015 sarà ricordato nel mondo delle federazioni nazionali del CONI, come l'anno della battaglia sui contributi. E' un problema reale che non fa dormire tutti i presidenti federali, perché stanno per essere modificati i parametri di assegnazione. Nel 2014, la cifra complessiva destinata dal CONI alle federazioni per la parte sportiva (ad esclusione delle spese per i dipendenti) è stata di 150.462.684 euro (su un montante totale superiore ai 427 milioni di euro). Alla FIGC (allora governata da Giancarlo Abete) sono toccati 62.541.720 euro (tutti destinati alle spese per l’attività giovanile, alla giustizia sportiva, agli arbitri (escluso il calcio professionistico). Tra la Federcalcio, che riceve il 41,56 per cento del totale, e la seconda federazione (la FIDAL) c'è un "gap" di 57 milioni di euro.

La Federatletica infatti incassa 5.125.000 euro e il presidente federale Alfio Giomi, da sempre sostenitore di una riduzione del contributo al “calcio”, da Zurigo, al termine degli Europei, rasserenato da tre medaglie pesanti (due ori e un argento) ha rinnovato la sua richiesta, all’ordine del giorno del prossimo consiglio nazionale a settembre alla luce dei 3,6 milioni di euro di ingaggio del cittì Conte. “Non si possono fare risultati pagando una miseria ai nostri tecnici” - ha tuonato il numero uno della FIDAL.

Sulla stessa linea sarebbero schierate la Federnuoto di Paolo Barelli (da tempo non più "amico" di Giovanni Malagò), dopo la storia sul contenzioso giudiziario sulle spese per il funzionamento della piscina del Foro Italico.


Dello stesso parere anche il presidente del tennis Angelo Binaghi, reduce dai successi del tennis rosa e con un progetto nel cassetto per cercare talenti extra.  E' chiaro che il tesoretto della Federcalcio (ora nelle mani di Carlo Tavecchio) fa gola a tutti gli altri presidenti, che hanno votato Malagò due anni fa, soprattutto perché speravano (e lo sperano ancora oggi) di veder ridotto il dislivello finanziario tra i loro contributi e quelli calcistici. 


Anche percè in qualche cassetto dimenticato c’è il progetto sulla quota automatica a favore del CONI sulle scommesse sportive: altrocè 427 milioni di euro. C’è da pescare di più se le scommesse sono aumentate (dato 2013) del 320 per cento.

 

D'altronde, tra due anni, quando si rivoterà per la carica di presidente del CONI, il voto della Federcalcio pesa quanto quello della Pallamano o dell'Hockey su Prato (tra l'altro oggi commissariata e si aspetta per fine anno l'arrivo del nuovo presidente in sostituzione del dimissionario Luca Di Mauro). Politicamente parlando se Malagò riuscirà a far digerire a Tavecchio un taglio drastico sui contributi CONI (di almeno 10 milioni di euro, se non di più) sarà facilmente rieletto, perché avrà mantenuto le promesse elettorali. Altrimenti è chiaro che se la dovrà giocare puntando su un nuovo e più ricco programma elettorale.

Malagò, ha insediato nei mesi scorsi una commissione, guidata dal presidente della FederCanoa, Luciano Buonfiglio, per definire nuovi criteri di ripartizione, in base a tre principi: 1) preparazione olimpica; 2) attività sportiva; 3) progetti speciali. Ora una società di consulenza esterna sta definendo il nuovo "quantum" ed è probabile che la Federcalcio non assisterà passivamente a questi tagli. Dopo il caso del "mangia-banane", potrebbe quindi nascere una nuova grana, quella del "taglia-contributi FIGC". C'è da aspettarsi quindi un 2015 "rovente" sull'asse via Allegri-Palazzo "H", anche perché Tavecchio (problemi con la Uefa a parte) ha dimostrato che non è un tipo che molla facilmente, quindi anche per a Malagò non basterà il tradizionale "savoir faire" per risolvere questa nuova querelle, che, però, pesa molto sul suo futuro post RIO2016.

Una cosa è certa le Federazioni riconosciute dal CONI non possono continuare a pensare di muoversi sul mercato come si sono mosse fino ad oggi.


Ad eccezione di alcuni casi isolati, hanno spesso funzioni marketing e commerciali che non sviluppano ricavi/introiti e il governo italiano inizia ad essere stanco di pagare in modo assistenzialistico lo sport olimpico. Le federazioni non devono infatti dipendere dal Governo/CONI, ma trovare in larga parte risorse nel mondo "privato".


Nei prossimi mesi secondo quanto risulta a Sporteconomy, potrebbe esserci anche una offensiva parlamentare del Movimento a 5 stelle, che, fino ad oggi, si è occupato di sprechi in altri settori (come i contributi pubblici per l'editoria), e adesso vuole accendere i riflettori proprio sul mondo delle federazioni sportive riconosciute dal CONI e sugli Enti di promozione sportiva, troppi e in alcuni casi veri e proprio "doppioni" su determinati territori.


La FIGC tra l'altro è una delle poche federazioni "virtuose" sul piano marketing, grazie anche a oltre 71 milioni di euro tra ricavi commerciali e diritti tv (a settembre verrà lanciato il nuovo bando per l'individuazione dell'advisor per il prossimo quadriennio). Adesso tocca alle Federazioni (ad eccezione del calcio) trovare advisor e consulenti marketing di livello capaci di far decollare immagine e comunicazione. Basterebbe fare una indagine interna per scoprire consulenze d'oro, che non generano un euro nemmeno per sbaglio. Provare per credere.

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Re:CONI - UNA CASTA DA ABOLIRE
« Risposta #17 il: Gennaio 01, 2015, 08:54:07 am »
http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/11738217/Coni--bufera-su-Giovanni-Malago.html

Esami taroccati
Coni, bufera su Giovanni Malagò: la laurea falsa del signore dello sport italiano
31 dicembre 2014
In questi giorni di festa gira per le redazioni un plico che sta creando non pochi imbarazzi ai vertici del Comitato olimpico nazionale italiano (Coni). Proprio nelle ore in cui il suo presidente Giovanni Malagò e il premier Matteo Renzi hanno annunciato la candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024. Infatti prima di Natale è stato inviato in dono a una dozzina di giornalisti un piccolo dossier anonimo su Malagò e la sua «falsa» laurea in Economia e commercio ottenuta nell’estate del 1981 alla Sapienza di Roma con il voto di 110 e lode; diploma che è stato annullato nel 2000 a causa della dichiarata nullità di tre esami da parte della Corte d’Appello della Capitale. Una storia che il nemico senza volto di Malagò ha documentato con carte giudiziarie d’epoca. Eppure i giornali o le hanno cestinate o le hanno citate en passant, in coda a qualche intervista. In una di queste Malagò ha dichiarato: «Quel processo, che coinvolse duecento persone, fu subito prescritto perché arrivato dodici anni dopo le contestazioni». A questo punto, un po' svogliatamente, il cronista domanda: «Prescrizione o no, lei ha corrotto due bidelli e falsificato il libretto universitario?». Immediata la risposta del presidente: «Certo che no, e la prescrizione mi ha impedito di provarlo. Non ho scheletri nell'armadio».

Raggiunto da Libero a Dubai Malagò è ancora più netto: «Non ho subito condanne penali, i magistrati non hanno dimostrato nulla né in un senso né in un altro ed è rimasta sospesa solo la parte amministrativa. Io però ho sempre negato le accuse, ma visto che mi hanno annullato la laurea ho ridato gli esami sub judice. L’ho fatto a Siena, pubblicamente, davanti a centinaia di persone, di fronte a mezzo senato accademico, al prorettore vicario. Più trasparente di così non potevo essere». Ma perché non li ha ridati a Roma? «Volevo andare altrove perché nella mia testa pensavo di aver subito un’ingiustizia. Tutto è nato un giorno che feci una gita a Siena e ho visto l’università che tutti sanno essere la più antica del mondo…». In realtà quel primato se lo contendono altri atenei, ma poco importa. «Mi sono iscritto, ho pagato le tasse arretrate e con il nuovo piano ho dovuto dare cinque o sei esami». A chiedere provvedimenti contro Malagò era la stata la Corte d’Appello di Roma e non i professori della Sapienza. Infatti il 6 aprile del 2000 la cancelleria del Tribunale invia all’Università questa scarna comunicazione: «Si trasmette copia della sentenza emessa da questa Corte il 4 maggio del 1999 che ha confermato, sul punto, la sentenza del tribunale di Roma del 21 dicembre 1993, con la quale è stata dichiarata la falsità dei verbali e degli statini degli esami di: 1) Economia e politica II; 2) Istituzioni di Diritto privato; 3) Diritto commerciale, perché mai sostenuti dal Malagò, nonché di conseguenza, del Diploma di laurea conseguita dall’imputato in data 6/7/1981. Tanto si comunica per opportuna conoscenza e per i provvedimenti di vostra competenza».

Il presidente del Coni nel processo con rito abbreviato del ’93 aveva portato dei testimoni che confermassero che lui il 19 ottobre 1978 (Istituzioni di diritto privato, voto 30 e lode), il 5 febbraio 1980 (Economia politica II, voto 30) e il 12 febbraio 1981 (Diritto commerciale, voto 30) si era regolarmente presentato agli esami. Per il giudice istruttore Giuseppe Pizzuti, che lo condannò, i «tre testi a discarico indicati da Malagò» o si dimostrarono «irrilevanti» (uno dichiarò di nulla sapere) o non apparvero «affidabili sia per la circostanza che i fatti riferiti risalivano a molti anni prima, sia per gli antichi rapporti di amicizia ricorrenti con l’imputato». La toga ritenne più credibili i professori che con gli inquirenti disconobbero le proprie firme su verbali e statini degli esami, mentre uno dei bidelli condannati per aver truccato quei documenti su incarico degli studenti dichiarò che, tra i giovani che lo corruppero, ricordava «di nome Malagò Giovanni». Alla fine Pizzuti lo prosciolse per «intervenuta prescrizione» dal reato di falsità materiale (per aver contraffatto verbali e statini) e per «intervenuta amnistia» da quello di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (per esempio «per aver falsamente denunciato lo smarrimento del libretto universitario come quasi tutti gli altri condannati»), ma lo condannò a un anno e dieci mesi di reclusione per concorso in corruzione (ai dipendenti universitari furono consegnate «rilevanti somme di denaro da numerosissimi studenti») e «concorso in falso ideologico per inganno». Nel 1999 la Corte d’appello evidenzia che «gli enunciati elementi di accusa per la loro molteplicità, concordanza e univocità costituiscono piena prova a carico del Malagò» e lo proscioglie solo «per l’intervenuta prescrizione». Infatti nella sentenza dei giudici Luigi Gueli, Carla Podo e Matilde Cammino si legge che «non si ravvisano prove evidenti, idonee all’assoluzione nel merito dell'imputato» e che perciò «debbano essere mantenute ferme le dichiarazioni di falsità documentali, accertate, espresse nel dispositivo della sentenza impugnata».

Ma chi è il misterioso rivale di Malagò che si è preso la briga di scrivere ai giornali utilizzando un normografo per gli indirizzi? I più stretti collaboratori del capo del Coni evitano di sbilanciarsi, anche se, insistendo, il nome di un possibile sospettato emerge ed è quello del presidente della Federnuoto Paolo Barelli che ha in piedi una querelle giudiziaria con il Coni di Malagò e la Coni servizi per un presunto contributo governativo non messo a bilancio. Accuse per le quali il pm (con l’avallo del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone) ha chiesto già due volte l’archiviazione di Barelli. L'interessato a Libero spiega: «In questo momento sono all’estero e non so neanche di che cosa si stia parlando. Questa della laurea di Malagò è una vicenda che non conosco assolutamente. È, invece, evidente che il Coni e Malagò ce l'abbiano con il sottoscritto, quindi non vorrei che si rigirasse la frittata». Ma perché il presidente del Coni dovrebbe avercela con Barelli? «Non so che dirle, evidentemente gli fa gola la federazione, c’è una vecchia propensione del presidente dell’Aniene, Malagò, a interessarsi del nuoto». Sul punto conviene ricordare che la Federnuoto di Barelli a settembre ha squalificato Malagò per aver «violato gli obblighi di lealtà e correttezza», sanzione annullata il 22 dicembre dal Collegio di garanzia del Coni.
Per scoprire qualcosa in più sul grande accusatore di Malagò conviene leggere la lettera anonima inviata ai giornali, dove dichiara di essere uno degli studenti condannati in via definitiva per le lauree truccate della Sapienza e che non sopporta di vedere uno dei «capofila degli imbroglioni (…) insegnare agli italiani e ai giovani il valore dei principi etici della lealtà e della correttezza, guadagnandosi persino un ambito premio presso il Quirinale». Un alloro che non è andato proprio giù all’estensore dell’epistola poiché il riconoscimento del Centro culturale Laurentum intende celebrare «i valori etici dello sport che richiedono l’assimilazione dello spirito di sacrificio, della lealtà, della correttezza…». Una motivazione che l’ignoto «imbroglione» commenta con un laconico: «Per carità di zio!».

di Giacomo Amadori

Offline pratesi

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Re:CONI - UNA CASTA DA ABOLIRE
« Risposta #18 il: Gennaio 08, 2015, 20:06:26 pm »
Impossibile non mettersi ad urlare dopo tutto questo sudicio che ci invade moralmente. E ci rende impotenti !
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Offline gunny

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Re:CONI - UNA CASTA DA ABOLIRE
« Risposta #19 il: Gennaio 13, 2015, 08:03:22 am »
no, non siamo impotenti... semmai indifferenti

nulla cambia perché il cambiamento comporta assunzione di responsabilità, qualche sacrificio e il dover dedicare il proprio tempo agli altri

la pigrizia, la comodità, l'egoismo e il fancazzismo generale portano al disinteresse verso la gestione delle cose comuni, e così va a finire che i pochi che se ne occupano (troppo spesso con finalità molto personali) poi si trasformano in veri e propri feudatari

sarebbe bello dare un bel calcione nel sedere alla geronto-oligarchia italiota ma forse, per come siamo messi in quanto a corruzione e malaffare, nemmeno la terza guerra mondiale riuscirebbe nello scopo... potrebbero invece riuscirci ISIS o AL QUAEDA ma non credo ce lo si possa augurare...
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a brusa suta l' Susa