http://www.corriere.it/opinioni/14_agosto_27/se-uccidere-diventa-gioco-38717cde-2df6-11e4-833a-cb521265f757.shtmlQuando uccidere diventa un gioco
La morte «accidentale» dell’istruttore di tiro nel poligono dell’Arizona: l’omicidio colposo lo hanno commesso i genitori della ragazzina che ha sparato
di ALESSANDRO SALA
Chissà se i genitori della bambina che lunedì ha accidentalmente ucciso un istruttore di tiro in un poligono nel deserto dell’Arizona si sentono responsabili della morte dell’uomo. Dovrebbero.
Quanto accaduto tra le rocce di White Hills non può essere derubricato a semplice fatalità. Mettere nelle mani di una ragazzina un’arma da guerra fortemente letale dovrebbe valere di per sé un’accusa per omicidio colposo. La ragazzina non ne ha colpa, chi l’ha portata in quel posto ne ha eccome.
E’ vero, ci sono discipline olimpiche di tiro a segno e anche in Italia sono aperte ai minorenni (a partire dai 10 anni ). Ma sorvolando su quanto possa essere etico insegnare a sparare ai ragazzini - c’è stato un tempo in cui si metteva perfino in discussione l’opportunità di regalare pistole e fucili giocattolo ai bambini -, c’è una differenza enorme: nel tiro a segno si spara ad un bersaglio di cartone o di compensato rappresentato da cerchi concentrici ed è sostanzialmente un esercizio di mira e di controllo dell’arma; nel poligono della Bullets and Burgers, la società che, come dice il nome, organizza le escursioni all inclusive spara&mangia, si punta invece sagome umane, proprio come fanno i militari o le forze di polizia durante le sessioni di addestramento.
Cosa spinge un padre e una madre a decidere di far provare alla figlia di 9 anni l’ebbrezza di maneggiare una micidiale Uzi, una mitraglietta inventata negli anni Cinquanta dal capitano dell’esercito israeliano Uziel Gal per le specifiche esigenze delle forze speciali? Cosa li induce a mettere nella testa di una bambina che dovrebbe sognare di emulare Bridget Mendler o Debby Ryan (le protagoniste di alcune delle più note serie tv per adolescenti negli Usa ma non solo) uno scenario da «Desert Storm» (il nome dell’operazione americana nella prima guerra del Golfo, utilizzato sul proprio sito anche dai gestori del poligono) in cui si emula l’uccisione di un essere umano? Succede anche nei videogames, certo. Ma con un controler o un joystick tra le mani, non con una mitraglietta vera.
Tante volte abbiamo preso posizione contro il ricorso ai bambini soldato delle nazioni africane o contro l’arruolamento di ragazzini da parte di guerriglieri o gruppi terroristici (ancora oggi una denuncia dell’Onu). E’ giusto farlo e continueremo. Ma concettualmente possiamo dire che è tanto diverso insegnare ai figli che sparare e farlo dal vivo può essere un divertimento e che immaginare di colpire e uccidere qualcuno – o qualcosa che impersonifica qualcuno - sia semplicemente parte del gioco? Quando il gioco diventa tragica realtà la risposta appare scontata. Ma troppo tardi.