Autore Topic: REGIONE EMILIA ROMAGNA - SANTARCANGELO DI ROMAGNA  (Letto 12340 volte)

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Re:REGIONE EMILIA ROMAGNA - SANTARCANGELO DI ROMAGNA
« Risposta #30 il: Gennaio 31, 2022, 23:10:38 pm »
Urbanistica. Realizzazione da parte di privati di interventi edilizi su aree demaniali

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    Categoria principale: Urbanistica   
    Categoria: Cassazione Penale   
    Pubblicato: 15 Giugno 2021

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Cass. Sez. III n. 20199 del 21 maggio 2021 (CC 31 mar 2021)
Pres. Sarno Est. Ramacci Ric. Rossi
Urbanistica. Realizzazione  da parte di privati di interventi edilizi su aree demaniali

La natura di associazione privata di una Sezione di Tiro a Segno determina l’applicazione dell’art. 8 del d.P.R. 380/2001, il quale dispone che la realizzazione  da parte di privati di interventi edilizi su aree demaniali resta soggetta alle norme del testo unico dell’edilizia, senza contare che, in ogni caso, per ciò che concerne le opere pubbliche, la loro conformità alla disciplina edilizia è presupposto di legittimità del progetto così come la loro localizzazione deve essere effettuata in conformità con gli strumenti urbanistici.



RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Rimini, con ordinanza in data 11 novembre 2020 ha respinto l'istanza di riesame presentata nell'interesse di Bruno Rossi, in proprio e quale legale rappresentante pro tempore della Sezione di Tiro a Segno Nazionale di Sant'Arcangelo di Romagna, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Rimini in data 12 settembre 2020 ed avente ad oggetto un compendio edilizio in uso al predetto Tiro a Segno Nazionale per la porzione sorgente sulle superfici catastalmente distinte al foglio 28, mappale 191 ed area priva di numero di mappa di proprietà del Demanio pubblico dello Stato - Ramo acque, ipotizzandosi, nei confronti del Rossi, i reati di cui agli art. 53, 67, 75 d.P.R.  380/2001; 633, 639-bis cod. pen.; 81, 483 cod. pen.; 81, 650 cod. pen. e 110, 481 cod. pen.
In particolare, tali reati si sarebbero concretati a seguito della realizzazione di opere edilizie di ampliamento di un preesistente complesso di Tiro a Segno nazionale, in assenza dei necessari titoli abilitativi, in parte su suolo di proprietà demaniale, che veniva arbitrariamente invaso, realizzando muri in cemento armato che si sviluppano perimetralmente ad un fabbricato realizzato in difformità di concessione edilizia, con ulteriori divisori in cemento armato e parzialmente coperti da solaio. Tali opere sarebbero state inoltre utilizzate in assenza del necessario certificato di collaudo, mentre le contestate false dichiarazioni sarebbero consistite nell’avere affermato che l'associazione di tiro a segno è ente pubblico e che il campo di tiro era stato sempre lo stesso fin dall'origine. Si contesta, infine, all'indagato di non aver osservato una diffida proveniente dall'amministrazione comunale ed una direttiva dell'autorità militare, nonché di avere attestato falsamente, in concorso con altri, che l'ultimo intervento di ampliamento era avvenuto nel 2004, risultando invece che gli interventi si erano protratti sino al 2011.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo le censure di seguito enunciate.

2. Premessa una dettagliata ricostruzione della vicenda processuale, deduce, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge, lamentando in primo luogo che i giudici del riesame si sarebbero appiattiti sulle conclusioni della Procura e del GIP, non tenendo in alcun conto le plurime questioni sollevate dalla difesa, rispetto alle quali avrebbero omesso ogni motivazione, per essere quella offerta dal provvedimento impugnato inesistente e, a tratti, apparente e/o contraddittoria.
I rilievi che sarebbero stati pretermessi dal Tribunale riguardano il fatto che l'area oggetto di sequestro non sarebbe con certezza attribuibile alla demanio idrico, come risulterebbe dimostrato dalla documentazione prodotta e che le opere realizzate non sarebbero state eseguite in difformità del P.A.I., perché entrato in vigore in epoca successiva rispetto alla data di esecuzione degli interventi.
Assume, inoltre, che contrariamente a quanto ritenuto dai giudici, il poligono di tiro sarebbe opera di interesse militare destinata alla difesa e, in quanto tale, subordinato al potere di controllo dell'autorità militare, sicché non potrebbe ritenersi in alcun modo vincolato alla disciplina urbanistica di cui al d.P.R. 380/2001 ed a quella di cui al d.P.R. 236/2012. Inoltre, per la realizzazione delle opere non sarebbe necessario alcun titolo abilitativo.
Aggiunge che risulterebbe violato anche l'art. 106 d.P.R. 380/2001, in quanto per le opere eseguite dal genio militare, secondo tale disposizione, l'osservanza delle disposizioni di cui alle Sezioni II e III del Capo IV, relativo alle costruzioni zona sismica, è assicurata dall'organo all’uopo individuato dal Ministero della Difesa.
Osserva, altresì, che la motivazione risulterebbe illogica laddove ha ritenuto non valido il certificato di collaudo prodotto dall'indagato ed anche priva di risposta alle censure prospettate in ordine alla contestata violazione dell'art. 650 cod. pen., avendo la difesa argomentato circa la portata delle diffide delle quali si contestava l'inosservanza e circa l'assenza dei requisiti previsti dalla norma penale per la configurabilità del reato.
Ulteriori censure vengono prospettate con riferimento alla sussistenza del periculum, osservando che al sequestro preventivo non potrebbe essere attribuita la funzione inibitoria di possibili comportamenti illeciti in luogo della funzione propria della misura, che sarebbe quella di costituire un argine alle conseguenze del reato già commesso ovvero al commetterne ulteriori e diversi rispetto a quelli contestati mediante la disponibilità del bene.
Aggiunge che sarebbe rimasta inascoltata anche la segnalata insussistenza di un interesse alla pubblica incolumità da tutelare e di rischio idrogeologico, dovuta al fatto che le opere in sequestro non sarebbero state destinate all'utilizzo diretto da parte dei frequentatori del tirassegno e che vi sarebbe stato, comunque, un nulla osta idraulico rilasciato dalla regione Emilia Romagna.
Rileva, infine, che la decisione adottata dal Tribunale del riesame presenterebbe, anche sotto tale profilo, caratteristiche di contraddittorietà ed avrebbe comunque ignorato le difese svolte dal ricorrente.
Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

3. Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
La difesa ha fatto pervenire memorie di replica in data 22 marzo 2021 insistendo per l’accoglimento del ricorso e depositando l’Ordinanza n 1158/21 del Consiglio di Stato Sez. VI, emessa in data 04.03.2021, dalla quale si evincerebbe che i provvedimenti amministrativi emessi dal Comune di Santarcangelo di Romagna circa la contestata costruzione del poligono di tiro in violazione della normativa urbanistica e posti alla base anche dell’impugnato provvedimento di sequestro di detto poligono sono stati  sospesi.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Occorre preliminarmente richiamare alcuni principi giurisprudenziali che il ricorrente non ha evidentemente tenuto in considerazione nel formulare le proprie censure.
Deve, in primo luogo, considerarsi l’ambito di operatività della competenza del giudice del riesame, ricordando che lo stesso è stato delimitato, dalla giurisprudenza di questa Corte, alla verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare che non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (Sez. U, n. 7 del 23/2/2000, Mariano, Rv. 215840 ed altre succ. conf.), pur permanendo l’obbligo di esaminare anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del "fumus" del reato contestato (Sez. 3, n. 58008 del 11/10/2018, Morabito, Rv. 274693; Sez. 3, n. 27715 del 20/5/2010, Barbano, Rv. 248134; Sez. 3, n. 18532 del 11/3/2010, D'Orazio, Rv. 247103).
Va comunque ricordato che la giurisprudenza di questa Corte ha anche affermato che compito del Tribunale del riesame è pure quello di espletare il proprio ruolo di garanzia non limitando la propria cognizione alla astratta configurabilità del reato, dovendo invece considerare e valutare tutte le risultanze processuali in modo coerente e puntuale, esaminando, conseguentemente, non solo le allegazioni probatorie del Pubblico Ministero, ma anche le confutazioni e gli altri elementi offerti dalla difesa degli indagati che possano influire sulla configurabilità e sussistenza del fumus del reato ipotizzato (ex pl., Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017 (dep. 2018), Polifroni Rv. 272927; Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, P.M. in proc. Macchione, Rv. 265433; Sez. 5, n. 49596 del 16/9/2014, Armento, Rv. 261677; Sez. 5, n. 28515 del 21/5/2014, Ciampani e altri, Rv. 260921; Sez. 4, Sentenza n. 15448 del 14/3/2012, Vecchione, Rv. 253508; Sez. III n. 27715\2010 cit.; Sez. 3, n. 26197 del 5/5/2010, Bressan, Rv. 247694; Sez. III n. 18532\ 2010 cit., con ampi richiami ai precedenti. V. anche Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, Rv. 266789, in motivazione).
Si tratta di argomentazioni che il Collegio condivide e che chiariscono esattamente come il sindacato del Tribunale del riesame, lungi dall’estendersi ad ogni questione prospettata dall’indagato, resta comunque vincolato entro limiti ben precisi, rappresentati dalla effettiva influenza della questione dedotta sulla  fondatezza del fumus del reato.
Il principio di diritto è stato riaffermato più volte (Sez. 3, n. 13038 del 28/2/2013, Lapadula, Rv. 255114; Sez. 3 n. 19658 del 9/5/2012, Basile, non massimata; Sez. III n. 19331, 17 maggio 2011, non massimata; Sez. 3 n. 7242, 27/4/2011, Tocchini non massimata), con l’ulteriore precisazione che la valutazione richiesta al Tribunale del riesame non può ritenersi dovuta in presenza di qualsiasi allegazione difensiva che si risolva in una mera negazione degli addebiti o in una diversa lettura degli elementi acquisiti, ma solo quando la rilevanza dell’apporto della difesa sia di immediata evidenza ed oggettivamente determinante in relazione al "fumus commissi delicti".
Quanto alla valutazione sull'elemento soggettivo del reato, si è ripetutamente affermato che il controllo demandato al giudice del riesame sulla concreta fondatezza dell'ipotesi accusatoria secondo il ricordato parametro del fumus del reato può riguardare anche l'eventuale difetto dell'elemento soggettivo, purché di immediato rilievo (Sez. 6, n. 16153 del 6/2/2014, Di Salvo, Rv. 259337; Sez. 2, n. 2808 del 2/10/2008, (dep. 2009), Bedino, Rv. 242650;  Sez. 4, n. 23944 del 21/5/2008, Di Fulvio, Rv. 240521; Sez. 1, n. 21736 del 11/5/2007, Citarella, Rv. 236474. Si veda anche Corte Cost. ord. 157, 18 aprile 2007, menzionata in gran parte delle ricordate decisioni).

3. Il sequestro preventivo è legittimamente disposto in presenza di un reato che risulti sussistere in concreto, indipendentemente dall'accertamento della presenza dei gravi indizi di colpevolezza o dell'elemento psicologico, atteso che la verifica di tali elementi è estranea all'adozione della misura cautelare reale (Sez. 3, n. 26007 del 5/4/2019, Pucci, Rv. 276015; Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, Armeli, Rv. 273069; Sez. 2, n. 5656 del 28/1/2014, P.M. in proc. Zagarrio, Rv. 258279; Sez. 6, n. 45908 del 16/10/2013, Orsi, Rv. 257383; Sez. 6, n. 10618 del 23/2/2010 , P.M. in proc. Olivieri, Rv. 246415; Sez. 1, n. 15298 del 4/4/2006, Bonura, Rv. 234212 ed altre prec. Conf.).
Va altresì puntualizzato che i richiamati principi trovano esplicita conferma nella giurisprudenza delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, Rv. 266789) laddove, nel pronunciarsi in ordine all’applicabilità, nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, in forza del rinvio operato dall'art. 324, comma 7, cod. proc. pen., delle disposizioni previste dai commi 9 e 10 dell'art. 309 cod. proc. pen, nella formulazione originaria, ovvero se il rinvio sia da intendersi alle disposizioni contenute nei predetti commi dell'art. 309 nel testo modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, vengono poste in evidenza le differenze tra la disciplina del riesame delle misure cautelari personali e quella inerente la materia reale dando conto delle norme processuali che, mediante parziali rinvii, ne consentono il raccordo.

4. Occorre anche ricordare che la costante giurisprudenza di questa Corte si è ripetutamente espressa nel senso che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali (Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 . V. anche Sez. 2, n. 18951 del 14/3/2017, Napoli e altro, Rv. 269656; Sez. 3, n. 4919 del 14/7/2016 (dep. 2017), Faiella, Rv. 269296; Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893;  Sez. 5, n. 35532 del 25/6/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/1/2009, Vespoli, Rv. 242916;  Sez. 5, n. 8434 del 11/1/2007, Ladiana, Rv. 236255).
La mera apparenza della motivazione, peraltro, è stata individuata nell'assenza dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'"iter" logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (da ultimo, Sez. 2, n. 18951 del 14/3/2017, Napoli e altro, Rv. 269656, cit. ed altre prec. conf.).
Si è peraltro escluso che possa costituisce violazione di legge deducibile mediante ricorso per cassazione l’illogicità manifesta della motivazione (Sez. 2, n. 5807 del 18/1/2017, Zaharia, Rv. 269119)  e l'affermata erronea interpretazione di un atto amministrativo, poiché essendo relativa ad atti privi di carattere normativo rientra, ai sensi dell'art. 325, comma primo, cod. proc. pen., nella valutazione del fatto (Sez. 3, n. 37451 del 11/4/2017, Gazza, Rv. 270543), mentre l'omesso esame di punti decisivi per l'accertamento del fatto, sui quali è stata fondata l'emissione del provvedimento di sequestro, si traduce invece in una violazione di legge per mancanza di motivazione, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 325, comma primo cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 28241 del 18/2/2015, P.M. in proc. Baronio e altro, Rv. 264011. V. anche  Sez. 1, n. 48253 del 12/9/2017, Serra; Sez. 3, n. 38026 del 19/4/2017, De Cicco; Sez. 3, n. 38025 del 19/4/2017, Monti, non massimate) sebbene, in tal caso, sia onere del ricorrente, allegare al ricorso l'elemento indiziario dirimente di cui eccepisce l'omesso esame; dare prova della sua effettiva esistenza tra gli atti trasmessi al tribunale del riesame o comunque della sua acquisizione nel corso dell'udienza camerale; spiegarne la natura decisiva alla luce sia della limitata cognizione del giudice del riesame (cui non può essere demandato un giudizio anticipato sulla responsabilità di chi chiede il riesame del provvedimento cautelare reale), sia del fatto che, ai fini del sequestro preventivo, sono sufficienti gli indizi del reato e non i gravi indizi di colpevolezza, con la conseguenza che il provvedimento può riguardare anche beni di proprietà di terzi estranei al reato ipotizzato (Sez. 3, n. 38850 del 4/12/2017 (dep. 2018), Castiglia, Rv. 273812).

5. Ciò premesso, occorre rilevare che, nel caso di specie, non ricorre alcuna delle condizioni sopra indicate per ritenere sussistente la dedotta violazione di legge ed, anzi, nonostante l’esplicito richiamo a tal fine, nei motivi di ricorso, all’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., rileva il Collegio che la esposizione delle censure si palesa come una sostanziale critica alla motivazione del provvedimento impugnato, la quale, come si è detto, non può trovare ingresso in questa sede.
Il ricorso, inoltre, prospetta una differente lettura degli elementi fattuali considerati dal GIP prima e dal Tribunale poi, ipotizzando il vizio di motivazione, ovvero l’assenza o mera apparenza della stessa, laddove la valutazione delle risultanze investigative non coincide con quella prospettata dalla difesa, ma ciò stride palesemente con i principi dianzi richiamati.
Dall’esame del provvedimento impugnato, peraltro, non emerge alcuna violazione di legge.
Nel decreto di sequestro emesso dal GIP viene dato ampiamente conto dell’esito degli accertamenti espletati dalla polizia giudiziaria, che risultano prevalentemente fondati su base documentale, nonché sulla verifica dello stato dei luoghi.
In particolare, vengono evidenziati i contenuti degli atti acquisiti e quella che viene efficacemente definita “evoluzione planimetrica” del complesso destinato a Tiro a Segno, confrontando tali dati con le fotografie aeree evidentemente presenti in atti, dando anche conto delle varie vicende che avevano interessato i luoghi e delle iniziative delle diverse autorità intervenute, pervenendo alla conclusione che gli edifici costruiti sono abusivi e realizzati occupando arbitrariamente aree a rischio idrogeologico appartenenti al Demanio idrico in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo.
Viene anche affrontata la questione della natura della Sezione del Tiro a Segno nazionale, escludendone esplicitamente la natura di ente pubblico, trattandosi di mera associazione di diritto privato,
così escludendo l’applicabilità dell’art. 7 d.P.R. 380\01 e, comunque, la legittimità di interventi rientranti nell’ambito di operatività di tale disposizione in considerazione della condizione di rischio idrogeologico in cui versa l’area in questione, mentre viene esclusa la violazione della disciplina edilizia in relazione agli interventi eseguiti sul demanio militare ritenendo insussistente, sulla base della disciplina di settore, l’arbitraria occupazione di suolo pubblico e ritenendo le opere assoggettabili alla specifica disciplina di cui al d.P.R. 236\2012.
Limitando dunque il provvedimento ai manufatti eseguiti su area appartenente al demanio idrico, il GIP ha preso in considerazione, nel dettaglio, anche la sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati ipotizzati, dando conto delle ragioni per le quali l’indagato deve ritenersi pienamente consapevole della illiceità delle costruzioni realizzate, ancora una volta richiamando le specifiche risultanze documentali, puntualmente indicate ed utilizzate per evidenziare un adeguato corredo indiziario anche per ciò che concerne i reati di falso, pure oggetto di provvisoria incolpazione e per la contravvenzione di cui all’art. 650 cod. pen.
Anche la sussistenza del periculum viene ritenuta ampiamente motivata dal GIP in ragione della mancanza di autorizzazione sismica e di collaudo, nonché per la presenza di rischio idrogeologico, confermata peraltro da un precedente allagamento conseguente all’esondazione di un fiume e dalla prosecuzione delle attività del poligono nonostante le plurime diffide da parte delle autorità comunali e militari, non mancando peraltro di motivare in punto di proporzionalità ed adeguatezza della misura adottata.


6. Di tali considerazioni ha compiutamente dato conto l’ordinanza impugnata la quale, a fronte delle censure mosse con la richiesta di riesame, ha preliminarmente dato atto del contenuto del fascicolo processuale, evidenziando come le opere realizzate occupino un'area molto più ampia rispetto a quella oggetto della originaria concessione rilasciata nel 1969, spingendosi sino a 35 metri dal bacino di un torrente, su terreno di proprietà del demanio idrico.
I giudici del riesame evidenziano anche la difformità delle opere rispetto al P.A.I. e pongono  altresì in luce la sussistenza del fumus del reato di cui all'art. 633 cod. pen.
Nell’ordinanza impugnata viene anche dato conto delle osservazioni sviluppate dalla difesa, alle quali si risponde illustrando adeguatamente le ragioni per le quali, pur prescindendosi dalla natura pubblicistica o meno della Sezione di Tiro a Segno, l'art. 7 d.P.R. 380/2001 non escluderebbe comunque l'applicabilità delle norme tecniche di cui alla Parte Seconda del medesimo d.P.R., in quanto tale disposizione richiama esclusivamente quelle contenute nel Titolo Primo, attinenti ai titoli edilizi necessari per la realizzazione delle opere, con la conseguenza che la deroga alle disposizioni che richiedono il permesso di costruire non svolge effetti riguardo agli edifici e le opere in cemento armato, che devono necessariamente essere collaudate, così come richiedono l'autorizzazione ai sensi della disciplina antisismica.
I giudici del riesame, con accertamento in fatto, mettono in evidenza l'assenza di collaudo e di autorizzazione sismica, nonché di qualsivoglia atto equipollente da parte di soggetti diversi ed anche l'inefficacia, rispetto al caso sottoposto al loro esame, delle norme derogatorie richiamate dall'art. 63 d.P.R. 380/2001.
Richiamando poi il provvedimento di sequestro, il Tribunale evidenzia come la necessità del collaudo dei manufatti sarebbe ricavabile anche dalla disciplina speciale prevista dal d.P.R.  236/2012, giungendo quindi alla conclusione che le opere realizzate dovevano in ogni caso essere collaudate e dotate le prescritte autorizzazioni, ponendo altresì in evidenza la invalidità del certificato di collaudo prodotto in udienza, in quanto privo di qualsiasi timbro di deposito e perché avente oggetto solo una minima parte delle opere descritte nel incolpazione.
L'ordinanza impugnata prende poi in considerazione anche la sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 650 cod. pen., dando conto delle plurime diffide disattese dall'indagato
e ritiene condivisibilmente supportata da adeguata motivazione anche la sussistenza del periculum in mora considerata dal GIP nel provvedimento ablativo.
Viene a tale proposito fatto presente che il sequestro risponde anche a criteri di proporzionalità, trattandosi dell'unico strumento idoneo ad evitare che i reati siano portati a conseguenze ulteriori in considerazione, in particolare, dell'estrema intensità del dolo dimostrata dall'indagato, il quale nonostante provvedimenti espressi di diniego dell'amministrazione alle istanze di sanatoria presentate e reiterate diffide a demolire le costruzioni ed a cessare l'attività, aveva continuato ad utilizzare i manufatti fino all'esecuzione del sequestro.
Il Tribunale prende inoltre in considerazione l'ordinanza del giudice amministrativo acquisita in udienza, evidenziando come tale provvedimento non entri nel merito della vicenda.
Infine i giudici del riesame evidenziano la irrilevanza, ai fini della decisione, delle ulteriori deduzioni difensive riguardanti i delitti di falso, dando conto del fatto che emerge chiaramente dal tenore del provvedimento di sequestro che lo stesso è stato emesso esclusivamente con riferimento ai capi 1, 2 e 4 delle incolpazione provvisoria, attinenti alle violazioni edilizie, all'occupazione abusiva dell'area demaniale ed alla inosservanza dei provvedimenti dell'autorità.

7. A fronte di una così puntuale illustrazione dei presupposti per l’applicazione della misura cautelare reale, fondati, lo si ripete, su una analisi prettamente documentale, le censure svolte in ricorso ripropongono in questa sede di legittimità questioni che i giudici del riesame hanno adeguatamente affrontato e risolto, dandone conto con adeguata motivazione la quale, come pacificamente emerge dalla sintesi sopra proposta, non può certo dirsi mancante o meramente apparente, essendo perfettamente comprensibile il percorso logico argomentativo seguito dal Tribunale.

8. Corretta risulta inoltre, la lettura delle disposizioni prese in esame dai giudici del riesame, essendo del tutto evidente la non applicabilità, nel caso di specie dell’art. 7 d.P.R. 380\01, considerata la tipologia delle opere eseguite, mentre la natura di associazione privata della Sezione di Tiro a Segno che pacificamente si desume dal provvedimento di sequestro (ritenuta tuttavia non determinante dal Tribunale per le ragioni in precedenza indicate), porta a considerare quanto stabilito dall’art. 8 del medesimo d.P.R., il quale dispone che la  realizzazione  da parte di privati di interventi edilizi su aree demaniali resta soggetta alle norme del testo unico dell’edilizia, senza contare che, in ogni caso, per ciò che concerne le opere pubbliche, la loro conformità alla disciplina edilizia è presupposto di legittimità del progetto così come la loro localizzazione deve essere effettuata in conformità con gli strumenti urbanistici.

9. Deve infine rilevarsi come risultino del tutto incongrui, perché non applicabili alla fattispecie in esame, i richiami effettuati in ricorso all’art. 106 d.P.R. 380\01 ed alle disposizioni del d.lgs. 66\2010.
La prima disposizione si applica, infatti, come espressamente indicato, alle “opere che si eseguono  a cura del genio militare”, mentre la misura cautelare reale riguarda, come si è detto, interventi abusivi realizzati da soggetto privato su area del demanio idrico (avendo il GIP escluso la violazione della disciplina urbanistica per quelli eseguiti sulla particella appartenente al demanio militare) e tale qualificazione rende evidente la estraneità dell’intervento medesimo alle opere considerate dal “Codice dell’ordinamento militare” di cui al d.lgs. 66\2010, il quale, come chiaramente indicato all’art. 1, comma 1, disciplina l'organizzazione, le funzioni e l'attività della difesa e sicurezza militare e delle Forze armate, sicché i riferimenti, contenuti negli artt. 233, 250, 352 e 353, che nel ricorso si assumono violati, riguardano opere ed interventi del tutto diversi da quelli per cui è processo, ovvero non hanno effettiva incidenza sulle questioni affrontate in sede di riesame.
In particolare, l’art. 233 riguarda una serie di opere destinate alla difesa nazionale ed il richiamo, nel primo comma, lettera p) ai “poligoni ed alle strutture di addestramento” è chiaramente riferito ad infrastrutture militari, mentre l’art. 250, che riguarda le strutture, diverse per indicazione, costituite da “campi ed impianti di tiro a segno”, ricomprendendoli tra gli immobili demaniali militari, si limita a stabilire che l'esecuzione tecnica dei lavori relativi a tale tipologia all’impianto, alla sistemazione ed alla manutenzione di tali strutture è affidata alla vigilanza del Ministero della difesa e che le stesse sono date  in  uso,  a titolo gratuito, alle sezioni di tiro a segno, senza oneri  a  carico dello Stato. Parimenti, l’art. 352 riguarda la disciplina urbanistica delle opere destinate alla difesa nazionale, mentre l’art. 353 la realizzazione di opere del Ministero della difesa ai sensi  dell'art.  7,  comma 1, lett. b), d.P.R. 380\2001.
Si tratta, dunque, di disposizioni applicabili ad interventi diversi da quelli considerati nel  provvedimento di sequestro che, come si è detto, riguarda quelli eseguiti sull’area appartenente al demanio idrico ed il richiamo effettuato in ricorso prescinde del tutto da quanto specificato nell’ordinanza impugnata, laddove, con motivazione giuridicamente corretta e certamente non meramente apparente, viene efficacemente spiegato come il fumus delle violazioni contestate sia ravvisabile indipendentemente dalla natura privatistica o meno dell’ente in rappresentanza del quale ha agito il ricorrente.
10. Resta da aggiungere che nessun rilievo può assumere il provvedimento del giudice amministrativo allegato con la memoria di replica alla requisitoria del Procuratore Generale, osservando che detto provvedimento cautelare non contiene alcuna specifica motivazione in ordine al merito delle questioni prospettate e che, in ogni caso, eventuali elementi sopravvenuti al momento della chiusura della discussione dinanzi al tribunale del riesame non assumono alcun rilievo nel successivo giudizio di legittimità, potendo essere fatti valere soltanto con una nuova richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare al giudice competente (Sez. 3, Sentenza n. 23151 del 24/1/2019, Zamparini, Rv. 275982 ed altre prec. conf.).

11. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità  consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 (tremila) in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 31/3/2021

Offline sgtHartman

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Re:REGIONE EMILIA ROMAGNA - SANTARCANGELO DI ROMAGNA
« Risposta #31 il: Febbraio 02, 2022, 07:21:38 am »
Una volta si diceva che chi semina vento raccoglie tempesta...

Per ora mi pare di vedere dal sito federale che certe persone continuano ad avere ruoli ed incarichi nonostante tutto.

Offline Sandro 64

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Re:REGIONE EMILIA ROMAGNA - SANTARCANGELO DI ROMAGNA
« Risposta #32 il: Febbraio 02, 2022, 10:17:06 am »
... Dopo tutti questi anni tra commissariamenti, gestioni Far West, amici degli amici,  gia' i numerosi esposti alla Procura devano essere un segnale eloquente di un sistema che non andava bene, di malcontento, di mascalzonate e soprusi ricevuti.
Cerco di essere fiduciioso nonostante tutto quello che mi e capitato in questi 3 Anni di cui 2 di gare e 1 passato tra avvocati sentenze e procura che non e' stata proprio diligente nell accertare la verita'.  Dove il patteggiamento veniva quantificato in due mesi per il sottoscritto trattabili, mentre subito dopo il mio Rifiuto si richiedevano due anni di squalifica.
Per quanto riguarda il TSN di Santarcangelo di Romagna sia stato gia detto abbastanza per non considerare la responsabilita' di chi abbia dato ancora piu' incarichi ad un personaggio del genere ........

Offline gunny

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Re:REGIONE EMILIA ROMAGNA - SANTARCANGELO DI ROMAGNA
« Risposta #33 il: Febbraio 02, 2022, 18:25:23 pm »
Stiamo a vedere se la nuova governace federale avrà il coraggio di fare le pulizie di primavera...
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Re:REGIONE EMILIA ROMAGNA - SANTARCANGELO DI ROMAGNA
« Risposta #34 il: Febbraio 03, 2022, 06:31:28 am »
Stiamo a vedere se la nuova governace federale avrà il coraggio di fare le pulizie di primavera...

Questa volta la Procura Federale ha una manata di esposti a suo carico per gli illeciti commessi in questi anni. Potranno temporeggiare, ma non possono archiviare e fare finta di nulla perchè sopra di loro vi è la Procura Generale del CONI che è informata e sta vigilando.

Offline Der Kommissar

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Re:REGIONE EMILIA ROMAGNA - SANTARCANGELO DI ROMAGNA
« Risposta #35 il: Febbraio 03, 2022, 11:58:02 am »
Stiamo a vedere se la nuova governace federale avrà il coraggio di fare le pulizie di primavera...

Questa volta la Procura Federale ha una manata di esposti a suo carico per gli illeciti commessi in questi anni. Potranno temporeggiare, ma non possono archiviare e fare finta di nulla perchè sopra di loro vi è la Procura Generale del CONI che è informata e sta vigilando.

parla con buscaglia lui è molto avanti su questa cosa

Offline scomodo

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Re:REGIONE EMILIA ROMAGNA - SANTARCANGELO DI ROMAGNA
« Risposta #36 il: Giugno 21, 2022, 08:57:28 am »
Il Consiglio di Stato ha messo la parola fine alla telenovelas di Santarcangelo: demolire e pagare!

https://www.ilrestodelcarlino.it/rimini/cronaca/il-tiro-a-segno-dovra-demolire-le-opere-abusive-1.7804796

Offline scomodo

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Re:REGIONE EMILIA ROMAGNA - SANTARCANGELO DI ROMAGNA
« Risposta #37 il: Giugno 21, 2022, 08:58:23 am »
Pubblicato il 20/06/2022
N. 05033/2022REG.PROV.COLL.

N. 00524/2021 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso NRG 524/2021, proposto dall’-OMISSIS- -OMISSIS-, Sezione di -OMISSIS-, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Costantino Carugno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro

La Città di -OMISSIS- (RN), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio Morri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e
nei confronti

del Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
per la riforma

della sentenza del TAR Emilia-Romagna (sez. II), n.-OMISSIS-/2020, resa tra le parti e concernente il provvedimento comunale di demolizione e rimessa in pristino prot. n. 37149 del 23 dicembre 2019, con riguardo ad abusi edilizi realizzati all'interno del -OMISSIS-in -OMISSIS-, via dell-OMISSIS- n. 2115;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 3 marzo 2022 il Cons. Silvestro Maria Russo, previa decisione di tutte le parti per il passaggio in decisione della causa;


Ritenuto in fatto che:

– l’-OMISSIS- -OMISSIS-è un ente di diritto pubblico con finalità di istruzione ed esercizio al tiro con arma da fuoco individuale o strumento ad aria compressa (con rilascio della relativa certificazione), diffusione e pratica sportiva sotto la vigilanza del Ministero della Difesa, nonché una Federazione sportiva nazionale affiliata e vigilata dal CONI;

– le sue Sezioni territoriali realizzano, conservano, custodiscono ed ammodernano gli impianti per il tiro a segno, per garantire in particolare che l’addestramento del personale delle FF.AA. avvenga in totale sicurezza;

– la Sezione territoriale di -OMISSIS- (RN), avente colà sede in via dell-OMISSIS- n. 2115, è dal 5 novembre 1964 concessionaria in uso gratuito dal Ministero della Difesa del locale poligono di tiro (in catasto fg. 28, partt. 15-Demanio Difesa e 191-Demanio acque/torrente Uso);

– pure detta Sezione ha svolto negli anni tali compiti di messa in sicurezza dell’area e del poligono concessi, in parte grazie alla licenza edilizia n. 91 del 5 agosto 1969 e con interventi d’adeguamento (tettoia, rinforzi in c.a., recinzioni per evitare indebiti ingressi esterni, ecc.) affinché le pallottole sparate durante l’attività d’esercizio o sportiva non finissero di rimbalzo all’esterno di tal struttura;

Rilevato altresì che:

– a seguito del sopralluogo in situ del 6 giugno 2017 e della relazione tecnica prot. n. 26951 del successivo 7 settembre (in atti 1° grado, depos. del 10 aprile 2020), il tecnico del SUE della Città di -OMISSIS- appurò l’esistenza, sulla part. 15, di opere edilizie in difformità della licenza n. 91/1969 (ampliamento del locale assentito; diversa distribuzione dei locali interni) o in totale assenza di titolo (portico con struttura e copertura in legno addossato al locale principale; manufatto con struttura in lamiera con superficie di ca. mq 18; soletta in cemento posta in parte sotto il portico ed in parte a tal manufatto, di ca. mq 200) e, sulla part. 191 in fregio al torrente Uso, opere in c.a. per l’ampliamento della linea di tiro, copertura in c.a. di porzioni di detta linea, tettoia in legno ed in PVC di ca. mq 30, soletta in cemento di ca. mq 285, recinzione in rete elettrosaldata ed opere in difformità alla l.e. n. 91/1969;

– pertanto, previa inibizione dell’uso di tali manufatti abusivi (per violazione di norme urbanistiche e di protezione ambientale, disposta dall’Ag. reg. STPC, sez. di Rimini in data 3 novembre 2017), la Città di -OMISSIS- ha comunicato (27 giugno 2018) a detta Sezione l’avvio del procedimento repressivo, cui quest’ultima ha replicato tempestivamente e che la P.A. ha condiviso solo per la parte afferente al Demanio Difesa;

– con ordinanza prot. n. 37189 del 23 dicembre 2019, il Comune ha ingiunto alla Sezione stessa la demolizione degli abusi edilizi insistenti sulla part. 191 come descritti nella citata relazione, nonché la rimessione in pristino dell’area;

– in particolare, le opere abusive son risultate: a) - ampliamento delle linee di tiro esistenti con strutture, anche trasversali, in c.a. e rivestite in parte in legno, nonché copertura in c.a. di porzioni delle linee stesse per mq 190 (nuova costruzione sine titulo); b) - tettoia con struttura in legno e onduline in PVC di ca. mq 30 (opera soggetta a SCIA); c) - soletta in cemento di ca. mq 285 (edilizia libera); d) - recinzione con rete elettrosaldata (soggetta a SCIA); e) - difformità del fabbricato rispetto alla licenza edilizia n. 91/1969 (creazione anti-bagno e bagno di mq 6, area “osservatori” di mq 60 e copertura in c.a. di mq 65: tutte nuove costruzioni sine titulo), nonché un vano tecnico di mq 2 (soggetto a SCIA) e diverso posizionamento delle strutture in cemento rivestite in parte in legno (attività lecita).

Rilevato quindi che:

– avverso tal ordinanza provvedimento e la relazione (allora non nota), la Sezione è insorta avanti al TAR Emilia-Romagna, col ricorso NRG 164/2020, lamentando l’omessa ostensione di tal relazione e deducendo: I) – l’inapplicabilità del DPR 6 giugno 2001 n. 380 alle opere demaniali della Difesa, onde il Comune è sprovvisto, in via assoluta, della competenza amministrativa a conoscere della liceità degli interventi descritti e men che meno ad avviarne il procedimento repressivo; II) – l’appartenenza dei poligoni di tiro e parte delle opere accertate alla categoria delle opere di difesa militare, cui non si applicano le ordinarie disposizioni in materia urbanistica ed edilizia valide per i privati, ferma in ogni caso la sovrapponibilità degli interventi attuati sul Demanio idrico a quelli insistenti sul Demanio militare, al di là della numerazione delle particelle;

– l’adito TAR, con sentenza n.-OMISSIS- del 29 dicembre 2020 e previo riscontro dell’avvenuto deposito della relazione tecnica preliminare e dell’assenza di motivi aggiunti sul punto, ha integralmente respinto la pretesa azionata, in quanto:

A) sebbene in base al COM ed all’art. 7 del DPR 380/2001 costituiscano opere della Difesa e fermo il n.o. idraulico preliminare condizionato dell’ARPA Emilia-Romagna in data 4 agosto 2017 (per la parte dell’intervento edilizio attoreo in area ad alta probabilità di esondazione P3/H del Piano stral. rischio idrogeologico: per due volte nel 2015 l’area e gli impianti sono stati oggetto d’esondazione del torrente Uso, documentata in atti), non sfuggono al regime edilizio speciale gli interventi in area posta entro m 10 dell’argine di corpi idrici ed in area soggetta a rischio sismico o idrogeologico (tant’è che l’ARPAE ha dato parere contrario al PDC in sanatoria per tali opere);

B) il Ministero della difesa non assentì mai le opere di ampliamento insistenti sul Demanio idrico, non rientrando esse tra le tipologie previste dalle normative tecniche della Difesa, onde inopponibile fu l’art. 66 COM per interventi non valutati dal Ministero;

C) è inopponibile pure la deduzione attorea, introdotta solo con memoria conclusiva del 30 ottobre 2020 ed in quella del successivo 11 novembre, sulla sopravvenienza del Piano stralcio rispetto al tempo di realizzazione di gran parte delle opere indicate nella relazione tecnica e, comunque, anche prima del Piano la normativa sovracomunale sulla difesa del suolo aveva già posto vincoli sull’area oggetto d’esondazione;

D) la mancanza del n.o. paesaggistico non è surrogabile dal mero fatto che non vigano vincoli d’inedificabilità assoluta;

E) l’Agenzia del Demanio ha ripristinato anche per il catasto terreni la suddivisione delle partt. 15 e 109 (poi divenuta 191) tra ramo Difesa e ramo Acque, come stabilito anche per il CF;

– appella quindi detta Sezione, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della gravata sentenza per: A) la prevalenza degli artt. 233 e 352 COM sul DPR 380/2001 circa la costruzione e la compatibilità urbanistica delle opere della Difesa (tra cui i poligoni di tiro), il cui Ministero vigila sull’esecuzione tecnica dei lavori inerenti ai poligoni stessi, fermo restando che quello di Santarcangelo tocca entrambe le partt. 15 e 191; B) l’illegittimità del rifiuto d’ostensione della citata relazione tecnica, non sanato dal deposito sì agli atti del 1° grado, ma dopo la richiesta alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rimini e senza necessità d’autorizzazione (segno che era ostensibile pure da prima e che, pertanto, se ne tenga conto ai fini delle spese di lite); C) non aver colto che, al di là del differente trattamento operato dall’ordinanza impugnata a seconda che ricadessero nella part. 15 o nella part. 191, tutte le opere sanzionate furono realizzate nell’unitario ambito del poligono; D) l’inopponibilità delle discipline specializzate in tema d’ambiente, tutela del suolo e paesaggio alla normativa sulle opere della Difesa, pur quando non assentite espressamente dal Ministero; E) la piena proponibilità di interpretazioni normative del caso in esame (quale la data d’entrata in vigore del piano strutturale comunale-PSC rispetto agli abusi accertati e descritti in relazione) anche mediante mera memoria e non con MA, spettando alla P.A., una volta affermato in relazione che la più parte delle opere fu realizzata tra il 1966 ed il 2008, dimostrare la soggezione di ciascuna di esse al PSC stesso; F) la scorretta ricostruzione della disciplina vigente per le costruzioni in aree soggette a tutela, trattandosi di vincoli diversi dall’inedificabilità assoluta ed essendo applicabile nel caso in esame non l’art. 345 (refuso), ma l’art. 354 COM (opere di Amministrazioni statali, che soggiacciono all’art. 147 del D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, previa conferenza di servizi); G) l’omessa dimostrazione di rischio idraulico sull’area del poligono; H) l’indebito uso di atti di Amministrazioni locali, documentati solo in memoria conclusiva.

Resiste in giudizio il Comune intimato, che conclude per il rigetto dell’appello. Pure il Ministero della difesa s’è costituito in giudizio, concludendo allo stesso modo

Considerato in diritto che:

– anzitutto le sezioni locali del tiro a segno nazionale, pur se competenti ex lege a svolgere alcuni compiti istituzionali d’interesse pubblico (addestramento e certificazione all’uso delle armi), non sono amministrazioni statali, né enti pubblici, né organismi di diritto pubblico, come s’evince dagli artt. 1 e 42 del DM Difesa 15 novembre 2011 (recante l’approvazione dello Statuto dell’UITS) e dall’art. 59 e ss. COM, per la restante parte essendo, come ogni Federazione sportiva affiliata al CONI e le loro articolazioni territoriali, associazioni di diritto privato;

– si deve rammentare in proposito la nota del Ministero della difesa del 27 settembre 2018, inviata alle altre parti del presente contenzioso, con cui esso ha ribadito la riserva della propria competenza sulla conformità edilizia ed urbanistica delle opere del tiro a segno, purché realizzate solo nell’area

appartenente al Demanio Difesa;

– a tal riguardo, l’appellata Città di Santarcangelo, a fronte dell’attestazione di competenza (del Ministero) e di conformità (delle opere ricadenti nella part. 15), s’è astenuto dall’intervenire su tal porzione del locale impianto di tiro a segno, operando invece per le opere ricadenti nella part. 191, realizzate perlopiù sine titulo e verso cui il Ministero non aveva rilasciato autorizzazione alcuna, in quanto ricadenti su altri beni demaniali plurivincolati;

Considerato altresì che:

– così chiarita l’infondatezza della qualificazione attorea in parte qua di tali opere edilizie abusive come opere della Difesa (ripudiata dal Ministero), le disposizioni dell’art. 142 del D.lgs. 42/2004, per gli alvei dei corpi idrici classificati e le norme dei PAI sul rischio idraulico e idrogeologico, pongono vincoli d’inedificabilità assoluta a tutela dell’incolumità pubblica e privata, nonché per la necessità di mantenere sgombri le sponde e gli alvei da ogni elemento improprio, presupposto non eludibile per la sicurezza idraulica ed il buon regime delle acque;

– pertanto, i relativi atti di vincolo conformativo, quindi, sono fonti secondarie attuative del divieto d’ogni (o d’una parte di) attività umana nelle zone a rischio, sicché anche l’uso di tali aree di opere della Difesa perlomeno non deve aumentare inutilmente il rischio idraulico e comporta per legge (art. 322, co. 1, COM), oltre alla giurisdizione di legittimità del Tribunale superiore delle acque sul punto, pure la soggezione d’ogni intervento edilizio al parere dell’apposito Comitato paritetico;

– pur a voler seguire la tesi attorea (ma non è possibile, perché è errata), comunque in seno a tal Comitato può e deve avvenire, anche a fronte di proposte alternative della Regione e dell'Autorità militare, la composizione giuridica concertata dei problemi connessi all'armonizzazione tra i piani di assetto territoriale e di sviluppo economico e sociale della Regione e delle aree sub-regionali e i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni;

– fuori dal tal contesto, non può qualunque terzo, foss’anche ente vigilato dalla Difesa, realizzare per suo conto, senza esser munito di delega o autorizzazione, opere edilizie illecite e incompatibili con le ragioni della tutela vincolistica o delle esigenze della Difesa;

– infatti, mentre le questioni prettamente edilizie e monumentali sono definite in base al combinato disposto degli artt. 230, co. 2, 231 (beni culturali della Difesa) e 354 (opere della Difesa incidenti su beni paesaggistici) del COM e dagli artt. 12, 41 e 147 del D.lgs. 42/2004, per quelle sulla difesa del suolo, che non sono strettamente contemplate dal DPR 380/2001, occorre attivare le procedure di compatibilità con le effettive esigenze della Difesa;

– la Sezione appellante, credendo di poterne fare a meno in quanto soggetto vigilato dal Ministero, s’è ben guardata dall’attivare dette procedure, a partire dall’elusione della vigilanza del Ministero stesso sui progetti (esistenti, tanto da esser stati depositati agli atti di causa) delle opere realizzate abusivamente e giustamente sanzionate dal Comune, per la parte non strettamente regolata dalla Difesa e per le esigenze di queste;

– paiono allora pretestuose o, comunque, manifestamente infondate le questioni sull’ostensione del verbale di sopralluogo (rilevante ma non dirimente rispetto all’impugnata diffida, che ha statuito partendo da quei dati, sia pur con un’autonoma valutazione della vicenda) e sulle spese di lite nel giudizio di primo grado (che non s’appalesano né indebite, né sproporzionate);

– per il resto: a) è sempre possibile comporre le questioni con l’art. 322 COM; b) in sua assenza le opere sanzionate dal Comune, competente in via esclusiva sulla vigilanza dell’assetto urbanistico del proprio territorio, soggiacciono al regime ex art. 35 del DPR 380/2001, applicabile appunto agli abusi realizzati, come nel caso in esame, su immobili pubblici; c) è manifestamente infondata la questione sulla soggezione di tali opere all’attuale regime sanzionatorio, avendo il Comune fissato nella citata relazione il tempo d’avvenuta loro costruzione, onde ogni diverso avviso dell’appellante sul punto, onerata in via esclusiva a dimostrare la data delle costruzioni, sarebbe dovuto esser dedotto con fin dal primo grado con un atto per motivi aggiunti, ma ciò non è accaduto;

– in definitiva, l’appello è infondato e va respinto, perché tutte le questioni fin qui viste esauriscono la vicenda sottoposta all’esame della Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., mentre gli argomenti di doglianza non esaminati espressamente son stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso;

– le spese del presente grado di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso NRG 524/2021 in epigrafe), lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, a favore delle Amministrazioni resistenti e costituite, delle spese del presente grado di giudizio, che sono nel complesso liquidate in € 6.000,00 (Euro seimila / 00), di cui € 4.000,00 a favore del Comune e di € 2.000,00 a favore del Ministero della difesa, oltre IVA, CPA ed accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità delle parti;

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 3 marzo 2022, con l'intervento dei Magistrati:

Hadrian Simonetti, Presidente FF

Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore

Dario Simeoli, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

       
       
L'ESTENSORE      IL PRESIDENTE
Silvestro Maria Russo      Hadrian Simonetti
       
       
       
       
       
IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Offline gunny

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Re:REGIONE EMILIA ROMAGNA - SANTARCANGELO DI ROMAGNA
« Risposta #38 il: Giugno 21, 2022, 17:13:29 pm »
A questo punto è evidente che non erano Adorni e la Visconti a raccontare bugie.

Se fossimo in un paese serio con federazioni serie con organi di giustizia seri, qualcuno meriterebbe un bel calcione nel sedere a vita, ma purtroppo non accadrà, anzi... so potrebbe pure pensare a un premio e contributi per la demolizione.
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Re:REGIONE EMILIA ROMAGNA - SANTARCANGELO DI ROMAGNA
« Risposta #39 il: Giugno 22, 2022, 17:38:18 pm »
https://www.riminitoday.it/cronaca/il-consiglio-di-stato-condanna-il-tiro-a-segno-di-santarcangelo-a-demolire-le-opere-abusive.html

Ovviamente per portare questa infame storia a galla c è stato il contributo di persone che come noi, purtroppo denunciati dal mascalzone di turno, non hanno avuto paura di nessuno e si sono rimboccati le Maniche carte alla mano pur di vedere la verità emergere.
Purtroppo la permeabilità a ingerenze di questa federazione è paragonabile al rispetto dei diritti dell uomo dell Uganda di Amin Dada il cannibale…
Speriamo che migliori con le nuove generazioni…