Pubblicato il 29/12/2020
N. 00882/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00164/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 164 del 2020, proposto da
Tiro A Segno Nazionale-Sezione di Santarcangelo di Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv.to Costantino Carugno, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria della Sezione in Bologna, Via D’Azeglio n. 54;
contro
Comune di Santarcangelo di Romagna (RN), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv.to Maurizio Morri, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria della Sezione in Bologna, Via D’Azeglio n. 54;
Ministero della Difesa, non costituitosi in giudizio;
per l'annullamento
- DEL PROVVEDIMENTO DEL DIRIGENTE DEL SETTORE TERRITORIO IN DATA 23/12/2019, NOTIFICATO IL 30/12/2019, RECANTE LA DIFFIDA A DEMOLIRE E A RIMETTERE IN PRISTINO LE OPERE ABUSIVE RISCONTRATE NELL’IMMOBILE DI VIA DELL’USO 2115 (PRESSO IL POLIGONO DI TIRO A SEGNO);
- DI TUTTI GLI ATTI E COMPORTAMENTI CONNESSI, CONSEQUENZIALI, PREORDINATI, COLLEGATI, PRECEDENTI O SUCCESSIVI, ANCHE NON CONOSCIUTI.
e per l’esercizio del diritto di accesso in corso di causa
ALLA RELAZIONE TECNICA DI ACCERTAMENTO EDILIZIO IN DATA 7/9/2017.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Santarcangelo di Romagna (Rn);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2020 il dott. Stefano Tenca e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell'art. 25 del D.L. 137/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
A. La ricorrente è un Ente di diritto pubblico con finalità di istruzione ed esercizio al tiro con arma da fuoco individuale o strumento ad aria compressa (con rilascio della relativa certificazione), diffusione e pratica sportiva, sotto la vigilanza del Ministero della Difesa. E’ altresì Federazione sportiva nazionale di tiro a segno, riconosciuta e sottoposta alla vigilanza del CONI.
A.1 Osserva che le Sezioni Territoriali realizzano, conservano, custodiscono e ammodernano gli impianti per il tiro a segno, per garantire che l’addestramento delle Forze Armate avvenga in totale sicurezza.
B. Rappresenta altresì che:
- il 5/11/1964 otteneva in uso gratuito dal Ministero della Difesa il poligono di tiro a segno di Santarcangelo;
- l’atto di concessione (doc. 1) non racchiude alcun riferimento catastale, dovendosi qualificare come bene demaniale l’intera area che ospita l’impianto;
- nel corso degli anni, sono stati assicurati gli interventi di adeguamento necessari alla sicurezza del Poligono, con installazione di tettoia, rinforzi, recinzioni, affinché le pallottole non finiscano di rimbalzo all’esterno della struttura.
C. Con relazione tecnica di accertamento 7/9/2017 (di contenuto ancora ignoto) venivano elencati una serie di lavori eseguiti in difetto del titolo edilizio, e consistenti in ampliamento del fabbricato esistente, tettoie, soletta in cemento, recinzione, ulteriori opere difformi dalle autorizzazioni rilasciate.
D. Il 27/6/2018 perveniva comunicazione di avvio del procedimento (doc. 2), che suddivideva l’area del Poligono in 2 distinte particelle catastali (la n. 15 appartenente al Demanio Militare e la n. 191 e il torrente Uso di proprietà del Demanio Idrico) ed elencava una serie di interventi eseguiti in difformità ovvero in assenza del titolo abilitativo e dell’autorizzazione paesaggistica. Con nota di riscontro il Tiro a Segno chiariva che le opere relative ai poligoni di tiro esulano dall’applicazione del DPR 380/2001 e dalla competenza del Comune (doc. 3), acquisendo in proposito la nota in data 26/9/2018 del Comando Forze Operative Nord dell’Esercito Italiano (doc. 4).
E. Con l’ordinanza impugnata il Comune stralciava le contestazioni per le opere realizzate sulla particella n. 15 intestata al Demanio Militare, e viceversa adottava l’ordine di demolizione per gli abusi insistenti sulla porzione di Demanio idrico, valorizzando ad avviso di parte ricorrente l’erronea suddivisione catastale del Poligono – che è un complesso unitario – originata da un errore di graffatura dell’area di sedime (che la ricorrente ritiene non imputabile a sé).
E.1 Le opere oggetto dell’atto repressivo risultano le seguenti:
- ampliamento delle linee di tiro esistenti con strutture – anche poste trasversalmente – in cemento armato rivestite in parte in legno; copertura in cemento armato di porzioni delle linee per 190 mq. di superficie (punto 1 a) e b), qualificabili come “nuova costruzione” in assenza di titolo abilitativo soggetta all’art. 13 della L.r. 23/2004);
- tettoia con struttura in legno e onduline in PVC di circa 30 mq. (punto 2, opera da assentire con SCIA regolata dall’art. 16 della L.r. 23/2004);
- soletta in cemento di 285 mq. (punto 3, catalogabile come “edilizia libera”);
- recinzione con rete elettrosaldata (punto 4, identificabile come opera soggetta a SCIA);
- difformità del fabbricato rispetto a quanto assentito con licenza edilizia 5/8/1969 n. 91, con creazione anti-bagno e bagno di 6 mq. (punto 5 lett. a), di area “osservatori” di 60 mq. (punto 5, lett. b), di copertura in cemento armato di 65 mq. (punto 5 lett. d); di vano tecnico di 2 mq. (punto 5 lett. c), di diverso posizionamento delle strutture in cemento rivestite in parte in legno (punto 5 lett. e): le prime 3 qualificabili come “nuova costruzione” in assenza di titolo, la quarta come opera soggetta a SCIA, mentre la quinta e ultima non è qualificabile come violazione edilizia.
E.2 Le opere (tranne la 5.e) sarebbero state realizzate in assenza di autorizzazione paesaggistica, ricadendo in area di tutela ex art. 142 del D. Lgs. 42/2004 – rubricato “aree tutelate per legge” – comma 1 lett. c) comprendente “i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna”. E’ applicabile l’art. 9 della L.r. 23/2004.
E.3 Le opere sarebbero inoltre in contrasto con la disciplina urbanistica vigente e in particolare con l’art. 8 commi 1 e 2 lett. a), b) e c) delle norme di PSC sulle aree esondabili (aree naturali di deflusso delle piene con funzione di contenimento e laminazione naturale delle stesse), nelle quali non è consentita la realizzazione di nuovi manufatti edilizi, non sono ammessi depositi di materiale ma solo interventi di conservazione, adeguamenti igienico-sanitari, interventi di riduzione della vulnerabilità dell’edificio, mutamenti d’uso da residenziale e produttivo in utilizzi compatibili con la pericolosità idraulica della zona. Ai sensi dell’art. 14.2 comma 1 non sono consentiti interventi di riduzione della permeabilità del suolo, salvo eccezioni tipizzate. Sono infine violate le norme di cui all’art. 25 comma 1 e 4b del PSC sul progetto di rete ecologica per le aree di valore naturale e ambientale, ove sono consentiti interventi sul patrimonio edilizio esistente previa valutazione dell’inserimento ambientale e dell’assenza di rischio idraulico (art. 29 comma 4 lett. a).
E.4 Il provvedimento impugnato richiama i pareri sfavorevoli dell’Agenzia regionale per la Sicurezza Territoriale e la Protezione Civile di Rimini del 3/11/2017 e dell’Agenzia Regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia (ARPAE) in data 25/10/2018.
F. L’istanza avanzata il 14/1/2020 per ottenere copia della relazione tecnica di accertamento edilizio del 7/9/2017 è stata riscontrata negativamente il 5/2/2020, in quanto per le violazioni sono stati accertati illeciti penali, e gli atti di indagine compiuti dal PM e dalla PG sono coperti da segreto non oltre la chiusura delle indagini preliminari.
G. Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, il ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe, deducendo i seguenti motivi in diritto:
I) Incompetenza assoluta, violazione dell’art. 250 del D. Lgs. 66/2010, degli artt. 7, 8, 28 e 35 del DPR 380/2001, dell’art. 59 del DPR 90/2010, dato che:
• i campi da tiro a segno impiantati a spese dello Stato sono compresi tra gli immobili demaniali militari (sotto la vigilanza del Ministero della Difesa) e affidati in uso gratuito alle Sezioni;
• l’art. 7 comma 1 lett. b) del DPR 380 esclude la competenza comunale per opere pubbliche da eseguirsi da amministrazioni statali su aree demaniali e per opere di interesse statale da realizzarsi dagli Enti istituzionalmente competenti (sul punto, l’Unione Nazionale Tiro a Segno è Ente di diritto pubblico), previo accertamento di conformità con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie;
• le opere eseguite sfuggono alla competenza comunale, perché sottoposte all’unico controllo del Ministero della Difesa.
II) Violazione degli artt. 233, 250, 352, 353 del D. Lgs. 66/2010, degli artt. 7, 28 e 35 del DPR 380/2001, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità, lesione dei principi di imparzialità e buon andamento, travisamento, dal momento che:
• i poligoni di tiro sono opere di difesa militare, alle quali non si applicano le ordinarie disposizioni in materia urbanistica ed edilizia che i privati devono osservare;
• l’art. 233 del D. Lgs. 66/2010 individua – tra le infrastrutture destinate alla difesa nazionale – “Poligoni e strutture di addestramento” (comma 1 lett. p);
• secondo gli artt. 352 e 353 del medesimo Decreto, è prevista una disciplina peculiare per l’esecuzione e la realizzazione delle opere del Ministero della Difesa, e in particolare l’art. 353 stabilisce in modo espresso che “non occorre titolo abilitativo edilizio per la realizzazione di opere del Ministero della Difesa ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”;
• la qualificazione giuridica del bene (appartenente al demanio militare) permane anche se lo stesso sia concesso in uso gratuito alle Sezioni di Tiro a segno;
• l’esenzione dal titolo abilitativo vale anche se le opere sono progettate dalle Sezioni, in quanto è sempre operativa la vigilanza del Ministero della Difesa;
• il provvedimento gravato duplica indebitamente gli interventi abusivi, descrivendoli sia sulle aree del Demanio Militare che su quelle del Demanio Idrico (le opere si sovrappongono perfettamente);
• è inverosimile che sia realizzato un Poligono su un’area del Demanio Idrico, mentre è più facile che vi sia un errore nella delimitazione catastale.
III) Violazione della normativa in materia di accesso (esercitato in corso di causa).
H. Con decreto monocratico 24/3/2020 n. 77 – emesso ai sensi dell’art. 84 comma 1 del D.L. 18/2020 (recante le misure urgenti contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19) e del decreto presidenziale n. 12 del 19/3/2020, questo T.A.R. ha motivatamente accolto la domanda cautelare, disponendo al contempo attività istruttoria a carico dell’amministrazione comunale e rinviando la decisione sull’istanza di accesso alla trattazione collegiale.
I. Si è costituita in giudizio l’amministrazione, formulando le proprie difese e chiedendo il rigetto del gravame.
I.1 In particolare, ha messo in luce in punto di fatto che l’area che ospita gli impianti è prossima al fiume Uso, è di valore naturale e ambientale e di ricarica della falda idrogeologicamente connessa all’alveo, nonché esondabile secondo la previsione del PSC, posta in zona di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d’acqua ai sensi del PTCP, e ricadente in zona di tutela paesaggistica (L. 431/85 e D. Lgs. 42/2004).
I.2 Posto l’unico titolo abilitativo del 1969, ha sottolineato che le opere sono state realizzate tra il 1969 e il 2014 (anche se la parte più significativa sarebbe stata realizzata negli anni successivi al 2002) e che il modesto impianto originario è stato ampliato sino a raggiungere la prossimità dell’argine del fiume, con conseguente pericolosità idraulica.
I.3 Ha rappresentato il parere dell’Agenzia regionale per la sicurezza e protezione civile del 3/11/2017, che ha ritenuto non dimostrata la conformità alle norme tecniche per le costruzioni in materia antisismica delle opere più significative (1a, 1b, 2, 5a, 5b, 5c, per la parte del demanio idraulico), nonché la mancanza del certificato di collaudo statico. Inoltre ARPAE (doc. 13) ha rigettato la domanda di concessione in sanatoria presentata il 31/10/2016 (per la particella 191), visto che non è dimostrato il rispetto delle norme antisismiche, che è violato il RD 523/1904 con criticità sulla sicurezza idraulica (terrapieno e muro di recinzione si collocano nella fascia dei 10 metri dal piede esterno dell’argine sinistro del torrente), e che alcuni interventi contrastano con le Norme di Piano del PAI adottato dall’Autorità di Bacino Interregionale (il sedime è compreso nell’ambito definito come “Fasce di pertinenza dei corsi d’acqua con probabilità di inondazione corrispondente a piene con tempi di ritorno fino a 200 anni”).
I.4 Il Comune ha esibito in giudizio la documentazione richiesta dalla parte ricorrente, ossia la relazione istruttoria 7/9/2017 completa degli allegati.
L. Con ordinanza n. 170, adottata nella Camera di consiglio del 23/4/2020, è stata rigettata la domanda cautelare. Il Consiglio di Stato, investito dell’appello, lo ha accolto con ordinanza della sez. VI – 2/7/2020 n. 3925, valorizzando la natura del bene oggetto dell’ordinanza di demolizione e la prevalenza dell’interesse al mantenimento della res adhuc integra fino alla decisione del merito.
M. Il 12/9/2020 è stato disposto il sequestro preventivo dell’area appartenente al Demanio Idrico (Fg. 28 mappale 191 e dell’area attigua sprovvista di numero) e il decreto del GIP è stato confermato dal Tribunale del riesame con pronuncia del 2/11/2020.
N. All’udienza del 3/12/2020 il gravame è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorrente censura il provvedimento assunto dal Comune di Santarcangelo, con il quale è stata adottata la diffida a demolire e a rimettere in pristino le opere abusive riscontrate presso il Poligono di tiro a segno in Via dell’Uso 2115.
Posto che l’istanza ostensiva è stata soddisfatta e non sono stati formulati motivi aggiunti, il gravame è infondato e deve essere rigettato.
In punto di fatto il Comune (cfr. memoria del 20/4/2020) ha dato conto di un impianto di 68 metri di lunghezza in direzione dell’argine del corpo idrico (progetto assentito) che è stato raddoppiato sino a circa 140 metri.
1. Come riepilogato nel decreto monocratico n. 77/2020:
- l’art. 250 del D. Lgs. 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare) qualifica i campi di tiro a segno come immobili demaniali militari (comma 1) e affida al Ministero della Difesa “L'esecuzione tecnica dei lavori relativi all'impianto, sistemazione e manutenzione dei campi e impianti di tiro a segno …”;
- ai fini urbanistici, edilizi e ambientali, rientrano tra le opere destinate alla difesa nazionale le infrastrutture elencate all’art. 233 del Codice predetto, tra le quali sono espressamente enucleati “poligoni e strutture di addestramento”;
- “… non occorre titolo abilitativo edilizio per la realizzazione di opere del Ministero della difesa ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380” (art. 353 comma 1);
- la richiamata disposizione del T.U. dell’Edilizia esclude dall’ambito di applicazione del Titolo II (rubricato: Titoli abilitativi) tra le altre le “opere pubbliche, da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale e opere pubbliche di interesse statale, da realizzarsi dagli enti istituzionalmente competenti, ovvero da concessionari di servizi pubblici, previo accertamento di conformità con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, e successive modificazioni”;
- ai sensi dell’art. 352 comma 1 del D. Lgs. 66/2010, “Per la localizzazione di tutte le opere che siano qualificate dalle norme vigenti come destinate alla difesa nazionale, o che siano comunque destinate alla difesa nazionale non occorre l'accertamento di conformità urbanistica di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383”.
2. Dal coordinamento delle enunciate disposizioni, le opere effettuate dalla Sezione di Santarcangelo di Romagna del Tiro a Segno Nazionale sugli impianti del poligono esulerebbero dalla competenza dell’autorità comunale, trasferendosi le attribuzioni di vigilanza e controllo urbanistico/edilizio in capo al Ministero della Difesa: gli impianti di tiro a segno sono testualmente elencati tra le infrastrutture destinate alla difesa nazionale, per cui nella prospettazione di parte ricorrente le opere di sistemazione e adeguamento fuoriescono dall’ordinario procedimento di rilascio di un titolo abilitativo da parte dell’autorità comunale.
La prospettazione non merita condivisione.
3. Nella memoria del 18/4/2020 Tiro a Segno ha invocato un nulla osta idraulico preliminare condizionato di ARPAE del 4/8/2017 (doc. 8 ricorrente). Dalla sua lettura si evince che, secondo il Piano Stralcio per il rischio idrogeologico, l’area demaniale occupata riguarda l’art. 21 comma 1 delle NTA del PAI “area ad alta probabilità di esondazione P3 – H (Alluvioni frequenti)”. Nel corso del 2015, in due distinte situazioni, l’area e gli impianti sono stati sommersi dalle acque di piena.
4. Il Comune ha dato conto del parere rilasciato da ARPAE in data 25/10/2018 nel procedimento avviato il 31/10/2016 con la domanda di concessione in sanatoria. L’autorità citata si è espressa sfavorevolmente (cfr. doc. 13 Ente locale), in quanto l’ampliamento delle strutture – realizzato su area non appartenente al demanio militare – non è conforme alle norme in materia di sicurezza antisismica, idraulica (violazione della fascia di rispetto di 10 metri dall’argine del fiume Uso) e idrogeologica (contrasto con le disposizioni del PAI vigente);
5. Anche ammettendo che le disposizioni sopra enunciate introducano una disciplina edilizia derogatoria per gli impianti di cui si discorre, il meccanismo non si estende agli ulteriori profili – correlati a interessi pubblici di primario spessore – di sicurezza sismica, idraulica e idrogeologica, valorizzati dall’impugnato provvedimento restrittivo.
5.1 Peraltro, la stessa autorità militare non ha prestato assenso alle opere di ampliamento che insistono sul Demanio Acque (nota 1/2/2017 – doc. 12 amministrazione). La nota precisa che detti impianti non rientrano “tra le tipologie previste dalle normative tecniche della Difesa”. Anche la nota 10/6/2016 (doc. 17) evidenzia che la Difesa non conosceva l’ampliamento, non avendo nulla agli atti salvo la porzione di terreno originario. E’ quindi evidente che, per la parte ricorrente, non è possibile giovarsi delle invocate disposizioni del D. Lgs. 66/2010, in quanto il Ministero della Difesa non ha potuto esprimere la propria adesione agli ampliamenti posti in essere.
6. Nella memoria conclusionale (pag. 6) e in quella di replica parte ricorrente osserva che il PSC è entrato in vigore il 21/4/2009 e dunque in data successiva alla realizzazione di gran parte delle opere secondo la ricostruzione racchiusa nella relazione tecnica del 7/9/2017. Osserva il Collegio che la censura è inammissibile in quanto introdotta per la prima volta con memoria non notificata, e che è in ogni caso onere dell’autore dell’abuso dimostrare la data precisa del suo compimento.
6.1 La difesa comunale, nella memoria di replica, ha invocato la deliberazione del Comitato istituzionale n. 22 del 28/5/2001 (pubblicata sul BURER n. 94 dell’11/7/2001), che ha individuato la fascia perifluviale esondabile in cui ricadono le strutture del Tiro a Segno. Il divieto è stato recepito nel PTCP adottato con DGR 12/11/2001 (art. 17), transitato nel PTCP del 2007 adottato con D.C.P. 31/7/2007 n. 64 (art. 2.3) e confermato nella variante 2012: la normativa sovracomunale di difesa del suolo ha dunque posto vincoli anche in epoca antecedente all’operatività del PSC del 2010. Peraltro, dall’attestazione del servizio urbanistica del Comune del 20/4/2020 (doc. 20) risulta che la variante al PRG del 1998 – definitivamente approvata con deliberazione consiliare 30/7/2002 n. 42 – ha inserito l’area in zona “alvei” e “aree esondabili”.
7. La mancanza della dovuta autorizzazione paesaggistica non può essere colmata con la deduzione sull’assenza di un’inedificabilità assoluta (par. IV memoria conclusionale, pag. 11) perché il titolo autorizzatorio è comunque indispensabile. Anche qualora le opere siano di competenza di amministrazioni statali, deve essere attivata una Conferenza di Servizi ex art. 147 comma 1 del D. Lgs. 42/2004 (disposizione richiamata dall’art. 345 del D. Lgs. 66/2010).
8. Quanto al profilo catastale, il 27/6/2016 l’Unità Operativa Servizi Territoriali dell’Agenzia del Demanio (doc. 18 Comune), prendendo atto della fusione dei 2 mappali nel catasto terreni, ha chiesto la rettifica con ripristino della suddivisione tra i preesistenti n. 15 e n. 109 (poi divenuto 191) tra Ramo Difesa e Ramo Acque, così da conformare la classificazione a quanto statuito nel catasto Fabbricati. Il 27/7/2016 l’Agenzia ha dato conferma dell’avvenuta rettifica (doc. 19), e in aggiunta ha affermato che il terreno è in capo all’Emilia Romagna ma, con riferimento agli ampliamenti effettuati sul mappale 191, agli atti “nulla risulta in ordine alla consegna di tale area a codesta amministrazione nell’anno 1968, così come indicato sulla planimetria “allegato C” inviata”.
8.1 La questione catastale è stata definitivamente chiarita e non si registra alcuna “duplicazione” o sovrapposizione – all’interno del provvedimento impugnato – nella descrizione delle opere, ma la realizzazione degli abusi sul Demanio Idrico successivamente al compimento delle opere assentite secondo il titolo edilizio del 1969.
9. In punto di fatto, infine, l’esondazione del 2015 è testimoniata da fotografie (doc. 31 Comune), e risulta aver investito sia le strutture in ampliamento del fabbricato originario sul Demanio idrico in prossimità dell’alveo del torrente (doc. 29), sia l’estensione del fabbricato in direzione opposta più a monte (area “ramo Difesa”).
10. In conclusione, il gravame è infondato e deve essere rigettato.
11. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando respinge il ricorso introduttivo in epigrafe.
Condanna parte ricorrente a corrispondere alla resistente amministrazione la somma di 3.500 € a titolo di compenso per la difesa tecnica, oltre a oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
La presente sentenza è depositata con le modalità previste dal processo telematico, e la Segreteria della Sezione provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in video-conferenza, con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Mozzarelli, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Stefano Tenca Giancarlo Mozzarelli
IL SEGRETARIO