Sfoltire e potare gli enti inutili? Un’impresa ardua
Inserito da Il Duemila su 8 novembre 2010 – 17:58Nessun commentoLa prima campagna taglia-enti (inutili), avviata oltre mezzo secolo fa, aveva portato alla soppressione di decine e decine di enti. Da quel lontano 1956 i tentativi di potatura sono stati innumerevoli, ma per il lieto fine occorrerà attendere ancora perché loro, gli inossidabili enti inutili, resistono ad ogni tentativo di assalto: al massimo dimagriscono, si camuffano, cambiano denominazione, sfoltiscono gli organici, ma di sparire dalla faccia della terra non ne vogliono proprio sapere.
Persino un ministro dalla volontà indomita come Roberto Calderoli appare in difficoltà dinnanzi ad una situazione che si fa, di anno in anno, sempre più paradossale. Palesemente inutili e per questo dichiarati soppressi, alla fine del 2008 erano ancora 74 gli enti in ‘trepidante’ attesa di essere liquidati. Ma si sa: nel nostro amato Belpaese razionalizzare, risparmiare e snellire è più facile a dirsi che a farsi. C’è forse qualcuno che rema contro? Di certo vi è che fino a qualche anno fa si ignorava persino l’esatta consistenza del vastissimo parco degli enti inutili. Oggi la situazione è migliorata ed ogni anno il ministro dell’Economia e delle Finanze trasmette alla Presidenza del Consiglio una relazione sull’attività svolta dagli organi – che ovviamente in sessant’anni sono più volte cambiati – preposti alla gestione della liquidazione degli enti dichiarati soppressi.
Il lento ed inesorabile scorrere del tempo ha nel frattempo permesso alla storiografia di arricchirsi di una ridda di capitoli che hanno dell’incredibile. La Commissione tributaria centrale ne è un esempio: istituita nel 1866, l’ente ha rappresentato per 125 anni la Cassazione della giustizia fiscale fino a quando l’ultimo governo Andreotti ritenne che per le cause con il fisco fossero più che sufficienti due gradi di giudizio. E così la Commissione è stata soppressa dalla riforma introdotta dai decreti legislativi 545 e 546 del 21 dicembre 1992. Soppressa sulla carta, naturalmente. Grazie ad una postilla, infatti, l’ente non ha ancora cessato di funzionare. Anzi: gode di ottima salute. E chiuderà i battenti solo quando avrà esaurito i 229.416 ricorsi ancora pendenti [fonte: Corte dei conti]. Scommettiamo che ciò avverrà tra moltissimi anni?
Di esempi come questo, di enti dichiarati soppressi, ma ancora in vita, di apparati, strutture e poltrone che resistono stoicamente ad ogni spinta razionalizzatrice, ne esistono a bizzeffe. Con buona pace del più riformatore ed ‘agguerrito’ dei ministri che nulla può dinnanzi alla vera nonché unica detentrice delle sorti del Paese: la burocrazia.
E se tagliare, sfoltire e potare si sta rivelando un’impresa a dir poco titanica, contenere la proliferazione dei tanti altri enti che negli anni si sono affacciati sulla scena è altrettanto arduo. Ad ‘andare per la maggiore’ sono le società pubbliche: alla fine del 2009 l’elenco degli enti creati dalle pubbliche amministrazioni si è ulteriormente allungato ed il numero di società e consorzi ha raggiunto la ragguardevole cifra di 7.106 contro i 6.752 registrati nel 2008. L’aumento è nell’ordine del 5 per cento e ha trascinato con sé quello degli amministratori che sfiorano quota 25 mila. Praticamente un esercito. Un esercito di presidenti e consiglieri che si dedicano alle attività le più svariate: dalla gestione dei servizi idrici alla raccolta dei rifiuti, dalla produzione e distribuzione di energia elettrica e gas ai trasporti, dalle consulenze alla gestione delle case vacanza, c’è veramente di che sbizzarrirsi. Scommettiamo che se si azzerassero le prebende il numero di società e consorzi nonché di presidenti e consiglieri precipiterebbe? Insomma: tra quegli enti soppressi che hanno esaurito le proprie funzioni, quelli che ancora le esplicano grazie ad un cavillo e quegli altri ancora che nascono come funghi, si corre il forte rischio di perdersi nei meandri degli elenchi di chi fa che cosa e con quale utilità. Ed il legislatore rischia di ritrovarsi a voler svuotare il mare munito di un secchiello. Magari bucato.
AL n
La prima campagna taglia-enti (inutili), avviata oltre mezzo secolo fa, aveva portato alla soppressione di decine e decine di enti. Da quel lontano 1956 i tentativi di potatura sono stati innumerevoli, ma per il lieto fine occorrerà attendere ancora perché loro, gli inossidabili enti inutili, resistono ad ogni tentativo di assalto: al massimo dimagriscono, si camuffano, cambiano denominazione, sfoltiscono gli organici, ma di sparire dalla faccia della terra non ne vogliono proprio sapere. Persino un ministro dalla volontà indomita come Roberto Calderoli appare in difficoltà dinnanzi ad una situazione che si fa, di anno in anno, sempre più paradossale. Palesemente inutili e per questo dichiarati soppressi, alla fine del 2008 erano ancora 74 gli enti in ‘trepidante’ attesa di essere liquidati. Ma si sa: nel nostro amato Belpaese razionalizzare, risparmiare e snellire è più facile a dirsi che a farsi. C’è forse qualcuno che rema contro? Di certo vi è che fino a qualche anno fa si ignorava persino l’esatta consistenza del vastissimo parco degli enti inutili. Oggi la situazione è migliorata ed ogni anno il ministro dell’Economia e delle Finanze trasmette alla Presidenza del Consiglio una relazione sull’attività svolta dagli organi – che ovviamente in sessant’anni sono più volte cambiati – preposti alla gestione della liquidazione degli enti dichiarati soppressi. Il lento ed inesorabile scorrere del tempo ha nel frattempo permesso alla storiografia di arricchirsi di una ridda di capitoli che hanno dell’incredibile. La Commissione tributaria centrale ne è un esempio: istituita nel 1866, l’ente ha rappresentato per 125 anni la Cassazione della giustizia fiscale fino a quando l’ultimo governo Andreotti ritenne che per le cause con il fisco fossero più che sufficienti due gradi di giudizio. E così la Commissione è stata soppressa dalla riforma introdotta dai decreti legislativi 545 e 546 del 21 dicembre 1992. Soppressa sulla carta, naturalmente. Grazie ad una postilla, infatti, l’ente non ha ancora cessato di funzionare. Anzi: gode di ottima salute. E chiuderà i battenti solo quando avrà esaurito i 229.416 ricorsi ancora pendenti [fonte: Corte dei conti]. Scommettiamo che ciò avverrà tra moltissimi anni?Di esempi come questo, di enti dichiarati soppressi, ma ancora in vita, di apparati, strutture e poltrone che resistono stoicamente ad ogni spinta razionalizzatrice, ne esistono a bizzeffe. Con buona pace del più riformatore ed ‘agguerrito’ dei ministri che nulla può dinnanzi alla vera nonché unica detentrice delle sorti del Paese: la burocrazia. E se tagliare, sfoltire e potare si sta rivelando un’impresa a dir poco titanica, contenere la proliferazione dei tanti altri enti che negli anni si sono affacciati sulla scena è altrettanto arduo. Ad ‘andare per la maggiore’ sono le società pubbliche: alla fine del 2009 l’elenco degli enti creati dalle pubbliche amministrazioni si è ulteriormente allungato ed il numero di società e consorzi ha raggiunto la ragguardevole cifra di 7.106 contro i 6.752 registrati nel 2008. L’aumento è nell’ordine del 5 per cento e ha trascinato con sé quello degli amministratori che sfiorano quota 25 mila. Praticamente un esercito. Un esercito di presidenti e consiglieri che si dedicano alle attività le più svariate: dalla gestione dei servizi idrici alla raccolta dei rifiuti, dalla produzione e distribuzione di energia elettrica e gas ai trasporti, dalle consulenze alla gestione delle case vacanza, c’è veramente di che sbizzarrirsi. Scommettiamo che se si azzerassero le prebende il numero di società e consorzi nonché di presidenti e consiglieri precipiterebbe? Insomma: tra quegli enti soppressi che hanno esaurito le proprie funzioni, quelli che ancora le esplicano grazie ad un cavillo e quegli altri ancora che nascono come funghi, si corre il forte rischio di perdersi nei meandri degli elenchi di chi fa che cosa e con quale utilità. Ed il legislatore rischia di ritrovarsi a voler svuotare il mare munito di un secchiello. Magari bucato.